Il triplice omicidio di
Giustenice
29 giugno 1991
Giustenice ( Savona )
Angelo Vitali 47 anni, Magda
Milanese 51 anni, Giovanni Corongiu 35 anni.
Questa
strage è avvenuta per le solite, piccole, discussioni che nascono tra
proprietari di terreni e case confinanti, liti all’inizio non di grande rilievo,
ma che col tempo e con la scarsa disponibilità a mediare portano, come in
questo caso ad una escalation di violenza cieca da una sola parte, che tende a
sopraffare la controparte.
Il
fatto accade a Giustenice, un piccolo
comune, montano, sparso sul territorio, della Provincia di Savona, che non supera i
900 abitanti, l’economia è prevalentemente agricola. Salvatore Boasso di anni 61,
che in passato ha fatto il guardiacaccia è proprietario di alcuni terreni, in
quella zona, dove sono sorte delle case
agricole. Ne vende una , Villa Alice, ad una famiglia proveniente dalla
provincia di Genova, i Vitali, nella
persona di Angelo un imprenditore che gestiva la GEFI, una immobiliare di
Savona, e della stessa moglie Magda Milanese, titolare della COMITER una società che
commercializzava lavori di oreficeria, la coppia ha una figlia di 23 anni,
Luisella. Si tratta di una famiglia tranquilla e per bene che cercano una casa
immersa nel verde e lontano dal traffico cittadino.
Tra
Boasso e i Vitali, nasce una controversia in merito ad una stradina che passa
davanti a Villa Alice, strada che veniva utilizzata dal Boasso per raggiungere
i campi da coltivare e che i Vitali volevano deviare per poter liberare dei
cani di grossa taglia da guardia, nel terreno prospiciente la casa. La contesa
andava avanti da tempo e contribuiva ad esacerbare gli animi. In particolare
chi era maggiormente polemico e scarsamente incline a mediare, erano i due
capifamiglia: Salvatore Boasso e Angelo Vitali.
Nella
serata sabato 29 giugno 1991, dopo tutta
una serie di contrasti sempre più estremizzanti, Salvatore con il figlio Bruno
di 29 anni mentre transita alla guida di un motocarro sulla stradina sfiora rischiando di travolgere il Vitali, con cui
iniziano a litigare, i Carabinieri chiamati non possono intervenire, perché
impegnati in un altro intervento di maggiore rilevanza, se fossero intervenuti,
molto probabilmente con la loro semplice presenza avrebbero scongiurato il
seguito della lite.
Secondo
la testimonianza della figlia, Luisella Vitali, unica superstite della strage,
il Boasso perso il controllo stava per colpire con un bastone il Vitali alle
spalle, lei corre in difesa del padre e
inizia una colluttazione con l’aggressore, nel corso di questo scontro il parabrezza del motocarro, viene colpito da
un’asse e va in frantumi. Mentre il
giovane Bruno Boasso continua a discutere con i Vitali, suo padre, Salvatore, si allontana per raggiungere la sua abitazione,
e torna in auto, questa volta armato di una doppietta caricata a pallettoni.
Da
quel momento inizia la follia: urlando
punta l’arma e spara a Luisella, la
figlia di 23 anni studentessa universitaria che crolla a terra, gravemente
ferita, lei si finge morta, da terra
riesce a seguire con lo sguardo tutta la strage. Vede il Boasso che spara altri
colpi in rapida successione, ai suoi genitori che cadono a terra in una pozza
di sangue rantolando, l’assassino quindi
punta l’arma contro Corongiu, il fattore che era presente per sedare la lite, e
lo colpisce prima alle gambe e poi lo finisce con un’altra scarica . Quindi
Boasso spara un’altra fucilata agli arti inferiori di Luisella, che continua a
fingersi morta, trattenendo il respiro tra atroci dolori. Poi l’ex
guardiacaccia spara tre colpi contro la porta della villa dei Vitali, si
affaccia all’interno, ma non scorge nessuno e torna a casa con il figlio Bruno, che
comunque non ha fatto nulla per fermare la follia omicida del padre. Salvatore
non sa che dentro, nascoste ,ci sono due donne, paralizzate dal terrore,
Donatella una amica di Luisella, e la nonna dei Vitali.
Quando
arrivano i Carabinieri trovano la carneficina , tre morti, Angelo e Magda
Vitali, Corongiu il fattore e una ragazza poco più che ventenne, Luisella
devastata in più punti del suo giovane corpo e che dovrà subire decine di interventi
chirurgici, al fegato, ai polmoni e alla milza. Questa ragazza non dimenticherà
mai quello che ha subito e soprattutto quello che da terra ha dovuto vedere: i
suoi genitori e il suo fattore sterminati a colpi di pallettone.
I
carabinieri si recano allora, alla
abitazione del pluriomicida e non senza fatica lo convincono a consegnarsi.
Verrà rinviato a per giudizio per
omicidio plurimo, assieme al figlio Bruno per concorso morale. Nel corso dei
processi in Corte di assise e in Appello sino alla Cassazione, Boasso non
dimostrerà pentimento, tanto che i suoi legali tenteranno la carta della
infermità mentale. Nell’ottobre del 93, la Suprema Corte di Cassazione
confermerà la pena dell’ergastolo per Salvatore Boasso, detenuto presso il
carcere di Prato mentre il figlio inizialmente indagato anch’esso sarà
scarcerato.
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