La grande fuga del
carcere di Biella, il Piazzo
Biella, la ridente città
del Piemonte, si divide in Biella Piano e Biella Piazzo. Biella
Piazzo è la zona più antica di Biella, il borgo medioevale e
rispetto alla parte nuova leggermente sopraelevata, sede da tempo
immemorabile della casa Circondariale divenuta poi Carcere
Giudiziario.
Il carcere è una vecchia
struttura, tuttora esistente che verrà ristrutturata per ospitare
dei locali ad uso civile, con un grande cortile centrale, ai tempi
del carcere giudiziario, era chiamato famigliarmente da chi vi
abitava, sia dai galeotti che dalle guardie e dai Biellesi “il
Piazzo”.
Questa struttura
carceraria, antiquata anche per quei tempi, fu nel settembre del
1946, il teatro di una gigantesca evasione , esattamente il giorno
17, sabato alle 10 del mattino poco dopo la colazione, avvenne una
grande fuga per molti versi inspiegabile, in cui 39 prigionieri su
92, controllati da soli 6 agenti, presero il volo, uscendo
tranquillamente in corteo dal portone principale, addirittura
cantandosela allegramente, mentre a poche decine di metri c'era una
importante caserma dell'Esercito Italiano, sede del 22° reggimento
Cremona, con una sentinella armata nella guardiola che non intervenne
minimamente.
I reclusi del Piazzo,
erano di diverse tipologie, divisi tra loro, tranne un gruppo molto
omogeneo di una trentina , tutti ex partigiani , in attesa di
giudizio per reati per cui, se giudicati colpevoli, avrebbero dovuto
scontare condanne da 10 a 20 anni di carcere. Erano tutti esperti di
guerriglia con alle spalle attività di natura bellica condotta
contro le truppe Tedesche e Repubblichine.
Nella prima fase
dell'evasione, un detenuto finse di avere un malore e convinse la
guardia ad aprirgli la porta della cella dove erano reclusi altri 5
suoi compagni, lo immobilizzò e dopo averlo disarmato, con le chiavi
trovate nel posto di comando, liberò gli altri reclusi, comprese le
donne.
Poi i detenuti sempre più
numerosi, immobilizzarono le altre guardie costringendole ad aprire
i pesanti cancelli che isolavano il primo piano dal secondo.
Nel frattempo un
personaggio con una divisa approssimativa : una giacca color caki,
bussò alla portone del carcere per distrarre gli agenti a piano
terra e per immobilizzarli successivamente all'arrivo dei detenuti
dai piani superiori.
Mentre si avvicinavo al
cancello principale i reclusi avrebbero prelevato altre pistole alle
guardie poi sarebbero usciti, come in corteo, imboccando la stradina
in discesa, il vicolo del Bellone.
E sempre cantando si
sarebbero sparsi per i campi dove avrebbero raccolto delle mele da
degli alberi lungo il loro cammino. Prima di uscire qualcuno avrebbe
tagliato i fili del telefono per impedire qualsiasi comunicazione.
Dal portone uscirono 38 detenuti e l'ultimo della fila , si chiuse il
portone alle spalle, impedendo di fatto agli altri di guadagnare la
libertà. Una signora affacciata da casa sua, vide in diretta
l'evasione e telefonò al Commissariato avvisandoli dell'evasione.
Alcuni agenti si Pubblica
Sicurezza corsero sul posto e constatarono la fuga, avvisando
immediatamente i Carabinieri. Da Vercelli, la piazza militare più
importante, partirono immediatamente alcuni automezzi carichi di
militari che giunti sul posto iniziarono delle battute per riprendere
gli evasi.
Il che avvenne non senza
fatica, 8 furono arrestati dopo una furibonda colluttazione nelle
immediate vicinanze del carcere, un altro, con precedenti per rapina,
fu ferito dopo una sparatoria con i Carabinieri, gli altri ancora
latitanti avrebbero progettato di attraversare i valichi per fuggire
in Francia e in Svizzera, a tale scopo starebbero per raggiungere
alcuni depositi clandestini di armi, accantonati da loro durante la
guerra partigiana per potersi armare e aprirsi la strada verso le
loro destinazioni di fuga.
Nel pomeriggio altri 3
evasi venivano tratti in arresto, ne rimanevano ancora in libertà
26, tutti con precedenti pesanti come rapina a mano armata e
omicidio, quindi soggetti altamente pericolosi. I carabinieri dei
comandi provinciali di Vercelli, Alessandria e Aosta convergevano
con rastrellamenti a tappeto e con numerosi posti di blocco, attorno
a Biella.
Ad aggravare la
situazione c'era che questi evasi ancora in libertà erano
sicuramente organizzati in quanto, quasi tutti provenienti dalla
guerra partigiana e anche armati, avendo attinto ai depositi
clandestini di armi alla cui costituzione hanno partecipato durante
il periodo insurrezionale. La maggior parte di essi non verranno mai
ripresi.
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