Labattaglia
della Cascina Spiotta
Arzello
di Melazzo ( AL)
Il mio scooter percorre la provinciale
da Savona in direzione di Acqui Terme, il sole dardeggia implacabile, il
termometro segna 38 gradi, un forte calore quasi tangibile sale dall’asfalto,
svolto a sinistra per Melazzo, dopo circa due chilometri giro nuovamente a sinistra, imboccando una
salita in pendenza elevata che porta ad una costruzione ad un piano, con
l’intonaco bianco, recintata da un alto muro con un ingresso protetto da un
cancello in ferro battuto, poco più in là scorgo una edicola sacra con una
Madonna.
Una stradina interna con delle giare
allineate, conduce davanti ad una casa isolata in mezzo ad un parco in
salita: ecco la cascina Spiotta,
località Arzello di Melazzo, un luogo dove nel giugno del 1975 avvenne una parte importante della storia degli “anni
di piombo”, cioè del conflitto che contrappose lo Stato ad un gruppo armato , organizzato
e spietato di terroristi, le Brigate Rosse.
Noto che la posizione è molto rilevata
rispetto alla pianura sottostante, tanto da poter osservare agevolmente il
traffico della provinciale da Savona e da Acqui Terme e oltre, per circa un
chilometro di distanza. La cascina ora, appare completamente ristrutturata, un
tempo, non tanto lontano, era una base operativa delle BR, acquistata dai
terroristi rossi nel 1972 per pochissimi milioni,da Mara Cagol una dei leader
delle Bierre, l’acquisto all’epoca avvenne sotto falso nome.
Alcuni abitanti del posto raccontano che un personaggio, dai tratti somatici
simili a Renato Curcio, altro capo
carismatico e cofondatore delle Bierre, spesso si recava in auto, sul colle
prospiciente la Spiotta, il Monte Crescente, da dove si godeva una vista
prospettica molto maggiore sul territorio sottostante.
Il monte Crescente è tuttora occupato da una antica e strana
fortificazione a forma esagonale, denominata Tinazza, oltrechè una cascina
diroccata. Secondo alcuni testimoni, il capo brigatista, accompagnato da una
donna, sui trenta anni frequentava il
posto con una assiduità. Inoltre alcuni
forestieri che potevano essere ascritti anch’essi al gruppo terroristico, erano
stati notati ad acquistare alimenti nei paesi limitrofi : Ponti, Montechiari,
Calamandrana, Strevi etc.
Curci e Mara Cagol , essendo una coppia
potevano e volevano apparire come in cerca di privacy, ma stranamente avevano un comportamento freddo e
distaccato, e soprattutto non si scambiavo effusioni come invece facevano le
altre coppiette che frequentavano la zona, inoltre, sempre a detta di alcuni
sul sedile posteriore dell’auto si poteva notare un binocolo. La zona era
comunque strategica e non scelta a caso.
Un’altra voce mai confermata infatti, parla di
un tunnel che collegherebbe la sommità del monte Crescente con i pressi della
Cascina Spiotta . Leggende a parte, la cascina Spiotta era stata scelta come
base da cui partire per rapire un giovane imprenditore, figlio di una nota e
ricca famiglia Piemontese, i Gancia, della omonima azienda di Canelli: il
giovane era Vallarino.
I
Brigatisti valutavano, per la liberazione di Vallarino Gancia, di pretendere un
miliardo in prima battuta e mezzo miliardo in caso di ritardo nel pagamento
della prima tranche, dimostrando in questo caso, un bello spirito
imprenditoriale.
La cellula brigatista che avrebbe
detenuto il Gancia, presso la cascina, era formata da Mara Gagol, la moglie di
Curcio, e un altro terrorista. Le BR,nell’immediatezza del sequestro
Gancia, avevano creato anche una sorta
di pattugliamento della zona, effettuato da auto su cui viaggiavano uno o due
fiancheggiatori, non coinvolti direttamente nel rapimento, con il compito di
segnalare tempestivamente la presenza dei Carabinieri.
I fatti successivi, almeno nella
versione ufficiale sono noti e riportati dai media : La casualità mise i
bastoni fra le ruote dei terroristi, il giorno stesso del sequestro, due
fiancheggiatori delle BR, incaricati di controllare il territorio, ebbero un
incidente stradale tra Canelli e Cassinasco.
Per il timore di essere identificati
dalla polizia , si offrirono di pagare i
danni, senza passare attraverso le assicurazioni e si allontanarono
velocemente, dopo aver firmato una dichiarazione di responsabilità, senza aspettare i rilievi della Polizia
Municipale, creando nei presenti molti sospetti. Uno dei due, Massimo Maraschi,
venne poi fermato dai Carabinieri a Canelli, che immediatamente si dichiarò “prigioniero politico “. Questo
soggetto era già noto al Nucleo anti terrorismo del Gen. Dalla Chiesa. Tutto
ciò insospettì molto gli investigatori che si misero in stato di all’erta, in
previsione di qualche azione terroristica, non meglio precisata.
Dopo qualche ora, scattò comunque il
sequestro del giovane Gancia, che avvenne con le seguenti modalità : fatto
rallentare da un finto cantiere stradale, fu tamponato da un’auto dei terroristi che con un martello
mandarono in frantumi il lunotto posteriore della sua auto, sotto la minaccia
di un mitra, venne trascinato fuori e caricato su un’altra auto, quindi portato
alla Spiotta. I fatti successivi avvennero con una rapidità incredibile.
Un informatore aveva segnalato la presenza
di personaggi sospetti, probabilmente brigatisti rossi alla Spiotta, inoltre
sul tetto della cascina si notava anche una antenna ricetrasmittente e ogni
tanto si sentivano delle raffiche, segno di addestramento con armi automatiche.
In base a questa informativa i
Carabinieri, iniziarono a battere il territorio e la Compagnia di Acqui inviò in
zona una pattuglia di Carabinieri, tre in uniforme e uno in borghese, su
un’auto priva di contrassegni , una 127 blu. Facevano parte della pattuglia il
Tenente Rocca, il Marescialli Catafi e gli appuntati D’alfonso e Barberis. Dopo
aver controllato alcune cascine di Arzello, arrivarono alla Spiotta ed
entrarono nel cortile, trovandovi due autovetture parcheggiate. Tre componenti
la pattuglia salirono a piedi sino alla cascina, mentre un quarto, il Barberis,
bloccava la strada in discesa poco più in giù in attesa di ordini.
Gli occupanti della casa, furono colti
di sorpresa dalla presenza dei Carabinieri, forse perché il brigatista di
sentinella si era addormentato. Mentre l’ufficiale aggirava la casa, scorse una
donna dietro le persiana del primo piano che lo osservava, contemporaneamente il maresciallo Catafi bussò all’ingresso a
piano terra che si aprì e apparve un uomo alto e snello, il quale chiese cosa
stesse succedendo. Il Sottufficiale chiese all’uomo di uscire per qualificarsi,
e a quel punto accadde l’inferno: l’uomo tolse la sicura ad una bomba a mano,
SRCM, e la scagliò contro il tenente che nel frattempo si era avvicinato al suo
sottufficiale , il Tenente Rocca alzò il
braccio sinistro in un gesto istintivo. La granata esplose e gli tranciò di
netto l’avambraccio ferendolo anche all’occhio sinistro.
Quindi tre brigatisti, un uomo e due
donne uscirono correndo nel cortile, ingaggiando un conflitto a fuoco con il
Maresciallo Cattafi, ferito dalle schegge della bomba, sempre muovendosi
velocemente colpirono mortalmente l’appuntato D’Alfonso, salirono sulle loro
auto e scesero verso la provinciale per Acqui trovandosi la strada sbarrata
dall’auto civetta dei Carabinieri presidiata dall’appuntato Barberis che intimò
loro l’alt, spianando la pistola di ordinanza
I tre finsero di arrendersi, ma
lanciarono un’altra bomba , il carabiniere la evitò abbassandosi di scatto e
sparò al terzetto, una donna cadde colpita,
mentre gli altri due fuggivano nel bosco facendo perdere le proprie tracce. Su
una delle due auto si trovarono delle tracce di sangue, segno che l’uomo era
stato ferito.
Più su, finito la scontro a fuoco, il
Maresciallo Catafi trascinava il tenente ferito verso la strada per
Melazzo fermava l’auto del portalettere
e vi caricava Rocca portandolo all’ospedale
di Alessandria. Arrivavano rinforzi da Acqui Terme e Alessandria che irruppero
nella cascina, liberando Vallarino Gancia che vi era tenuto prigioniero.
Il bilancio di quella che sarà definita la
battaglia di Arzello, fu pesante, un carabiniere caduto, un altro ferito
gravemente e uno più leggermente, mentre i Brigatisti avevano perso una
importante base operativa e soprattutto avevano perso un capo , Mara Cagol, la
donna che in Val di Non, aveva sposato Renato Curcio, una donna con un
curriculum terroristico di spicco, che aveva addirittura partecipato
all’assalto del Carcere di Casale Monferrato per fare evadere suo marito
ivi detenuto.
La Spiotta venne prima sequestrata e poi
messa in vendita e comprata da un ignoto acquirente.
Il comandante della pattuglia dei
Carabinieri , il Ten. Rocca gravemente ferito prese un braccio e un occhio, fu
decorato al Valor militare e in seguito raggiunse il grado di Generale
dell’Arma Benemerita, analoga decorazione ed encomi ebbero gli altri componenti
la pattuglia.
Da anni, a inizio giugno, qualcuno che
nessuno vede mai oppure finge di non vedere, sale la collina e depone un mazzo
di rose rosse sul cancello della cascina Spiotta.
A Melazzo, nel 95, un tentativo di
intitolare la scuola locale al Carabiniere D’Alfonso, provocò delle polemiche
pretestuose da parte di un pensionato il quale affermò che l’intitolazione
avrebbe potuto creare pericoli di attentati all’edificio scolastico.
Maraschi , il guidatore imprudente delle
BR, fu l’unico ad essere processato e condannato a 27 anni di carcere anche se
non fu presente materialmente al conflitto a fuoco.
Su questa vicenda un giornalista scrisse
un libro. Questa vicenda illuminò in tutta la sua pericolosità il fenomeno
terroristico delle Bierre e di altri soggetti con le medesime finalità
eversive. Molti servitori dello Stato caddero nell’adempimento del loro dovere.
Lo Stato e le forze dell’ordine dovettero iniziare una profonda
riorganizzazione per poter affrontare questi gruppi e per poterli
disarticolare, dopo anni di indagini, di scontri a fuoco e di processi, lo
Stato Democratico ne uscì vittorioso, grazie ai suoi uomini che seppero agire
con efficacia e con professionalità.
Roberto Nicolick
alla spiotta i brigatisti erano due non tre,la Cagol un uomo che mai si è saputo chi fosse e i fiori ogni 5 giugno vengono depositati da persone comuni,come il sottoscritto,perchè sacrificarsi a 30 anni per i piu' deboli va sempre onorato.
RispondiEliminaHo comunque anche un pensiero per l'appuntato D'Alfonso,quel giorno a casa aveva una famiglia ad attenderlo.
Buongiorno, mi chiamo Enrico Gasperini e scrivo da Arezzo.
RispondiEliminaSpecifico nome e cognome perchè vedo che lei si è messo anonimo e non capisco la cosa.
Ho letto la lettera di Mara Cagol scritta ai genitori per spiegare le sue scelte rivoluzionarie, scritto ampiamente condiviso in rete, non sto qui a pubblicare il link: mi riconosco nella prima parte delle sue parole, quando descrive una società disumanizzata e spersonalizzata dai ritmi di produzione, o meglio, di sfruttamento, con tante povertà diffuse. Il passaggio successivo, la violenza come risposta strutturale, no, è inaccettabile. Una violenza ideologica che non ha guardato in faccia a nessuno e , con i suoi metodi antidemocratici, ha travolto le tante persone oneste che stavano cercando di cambiare il paese (sindacalisti anche, ideologicamente assimilati a servi del potere). Ha fatto vittime anche tra quei deboli che diceva di voler tutelare. Forse questa deriva non le era ancora chiara in quella fase della lotta armata, ma in ogni caso la sua scelta era di campo, precisa, senza se e ma, il nemico era ben identificato.
Non sono per niente sullo stesso piano Mara Cagol e Giovanni d'Alfonso, mi perdoni. Porti una rosa anche per quel povero carabiniere, ricordando nelle sue parole che non solo aveva una famiglia, ma che anche lui cercava di proteggere i più deboli. L'unica differenza è che stava dalla parte della legge e della democrazia. Un saluto