Tullia Kauten
5 marzo 1980
Tullia è
una giovane donna di 43 anni, si occupa di commercio, e gestisce nel milanese,
assieme alla famiglia una grande ditta di import export di abbigliamento, la
donna è una manager molto attiva e dinamica, che ha scelto di sposare il
lavoro. Ha solo un cagnolino che la segue sempre, un bassotto nero a pelo
ispido che si chiama Ticonderoga, sembra un nome buffo, in realtà è una
località dove si svolse un episodio della Guerra di Indipendenza Americana.
Una
sera, intorno alle 19,30 esce dalla ditta e con il suo fidato cagnolini,
raggiunge la sua BMW posteggiata poco lontano, non ci arriverà mai, sarà rapita
e portata via da una banda dedita ai sequestri di persona. Viene caricata su
una 132 FIAT rubata in centro a Milano poche ore prima. Il cane , nel corso del
sequestro, scappa in azienda, raggiunge la porta e guaisce attirando
l’attenzione del personale che trovano l’auto della manager con le portiere
chiuse, alcuni pacchetti sui sedili e un bottone del cappotto della donna.
Subito scattano le ricerche con numerosi posti di blocco. Il timore è che
faccia la fine di una precedente rapita, Enrica Marelli che morì per gli stenti
subiti nel rapimento. L’auto usata per il sequestro sarà ritrovata al quartiere
della Barona, con a bordo la borsa nera della donna, il suo passaporto e
altri documenti.
La donna
viene portata a Savona, chiusa in una cassa di legno e segregata in un
appartamento in Via Lichene, a pochi metri dalla Caserma dei Carabinieri. Nella
casa è stata ricavata un stanzetta insonorizzata, con pochissimi mobili, la
poveretta verrà legata con una catena alla brandina, le metteranno dei tappi di
cera nelle orecchie per impedire che ascolti le conversazioni dei complici dei
rapitori, tuttavia la Kauten riuscì pur se chiusa nella cassa di legno a contare
i gradini della scala e questo sarà di aiuto alle indagini.
Al
sequestro partecipano con diversi ruoli una dozzina di persone, uomini e donne,
tutti affiliati ad un clan appartenente alla malavita organizzata Calabrese e con base a
Platì. Le indagini e le ricerche vengo portate avanti in coordinazione tra
la Questura di Milano e quella di Savona
per competenza territoriale visto il luogo della prigione. La richiesta del
riscatto ammonta da un miliardo di lire, che viene pagato. Ovviamente tutte le
serie delle banconote consegnate agli emissari dei rapitori sono annotate
mentre le indagini vanno avanti. La donna verrà tenuta in prigionia per ben 120
giorni, si ammalerà e sarà curata da un medico compiacente e poi liberata nelle
campagne di Buccinasco. Due coppie
residenti a Savona una delle quali proprietaria, avevano l’onere di
sorvegliarla e darle da mangiare, verranno arrestati poco dopo la liberazione
dell’ostaggio.
I rapitori inoltre commettono un errore
imperdonabile, si recano al mercato scoperto del lunedì a Savona e passando da
diversi ambulanti comprano merce per poche migliaia di lire pagando con
biglietti da centomila, lo scopo è chiaro, vogliono riciclare il denaro del
riscatto o parte di esso. La manovra non passa inosservata, vengono pedinati e
poco per volta portano gli inquirenti sulle tracce di tutti componenti della
banda che vennero arrestati in pochi giorni a Savona, Varazze, Reggio Calabria
dove erano le menti del sequestro e in altri piccoli centri della Calabria,
anche la donna di servizio della Kauten è arrestata, pare che sia la basista. A
Milano fu arrestata una donna Pugliere, anch’essa coinvolta, aveva con sé 12 milioni, e in casa deteneva
numerosi reperti archeologici di grande valore. L’ultimo dei rapitori fu preso
ad Aosta dopo due anni di latitanza. Della cifra pagata per la liberazione
della imprenditrice furono recuperati 180 milioni in un appartamento in una
località di montagna e 280 milioni a Milano. Questo rapimento fu il segnale
chiarissimo che la ndrangheta stava mettendo radici in Liguria.
Nell’82
iniziarono finalmente i controlli nelle banche da parte della Guardia di
Finanza.
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