Carlo Ramazzini
Modena
14 giugno 1945
Questo feroce ed inutile
omicidio, va inquadrato nei crimini del cosiddetto triangolo della
morte di Modena e nel clima di terrore e di vessazioni, che era stato
instaurato da un ras comunista locale e dai suoi sicari.
Il 14 giugno 1945, verso
sera , l'avvocato Carlo Ramazzini, noto possidente agrario del
Modenese, stava rientrando da una visita fatta ai propri poderi, in
bicicletta come era abituato , quando quattro persone armate lo
fermarono lungo la periferica Via Mauro Capitani a Modena, e dopo
averlo portato in un campo vicino lo sopprimevano con due colpi di
pistola, in quel luogo ne occultarono il cadavere, che fu denudato e
depredato dell'orologio d'oro e di una forte somma di denaro, oltre
che della bicicletta, una Bianchi, che fu presa da uno degli
assassini il quale la usava tranquillamente come se fosse di sua
proprietà.
Per molto tempo il
delitto rimase avvolto nel mistero, fino a quando un giornalista
coraggioso, che lavorava per un quotidiano di Bologna, non accusò
dell'omicidio, con un pubblico manifesto, un certo Nello Rovati,
redattore di un foglio comunista Modenese “La verità “, nonché
membro del CLN di San Cataldo,
La Questura di Modena
sulla spinta del manifesto e per la denuncia della vedova
dell'avvocato iniziò ad indagare e fermò Rovati, il quale era
fortemente sospettato essere il mandante dell'omicidio.
Rovati non era
sicuramente un uomo d'azione, infatti era un omino alto appena 1,30,
tutto sciancato però con un gran cervello in un corpo piccino e
soprattutto con una dialettica insinuante, si appurò che i giorni
successivi alla liberazione, lo stesso Rovati convocò Ramazzini in
modo arrogante presso il suo ufficio al che l'avvocato rispose, che
se voleva il Rovati, poteva andare egli stesso a casa sua, in seguito
Rovati in diverse occasione fu sentito dire: “quel Ramazzini
bisogna farlo fuori”.
Sotto stringente
interrogatorio Rovati cedette e fece delle dichiarazioni, in base
alle quali, furono arrestati quali esecutori materiali, Renzo
Silvestri, Arsenio Marchetti, mentre contro Carlo Casolari e Gustavo
Marchetti fu spiccato mandato di cattura in quanto irreperibili, si
accertò inoltre che Silvestri nel 44, ebbe l'incarico di perquisire
la villa di Ramazzini alla ricerca di indumenti da consegnare ai
partigiani e soprattutto Gustavo Marchetti nel 48, fu visto girare
sulla bicicletta che era stata sottratta al Ramazzini dopo la sua
soppressione, una Bianchi.
Intanto Gustavo Marchetti
stufo di fare il latitante, decise di costituirsi e di rendere piena
confessione alla Questura di Modena “ facevo parte della polizia
ausiliaria partigiana, la sera del 14 giugno 1945, in via Mauro
Capitani vidi l'avvocato Ramazzini in mezzo a due individui che
riconobbi per il Casolari mentre l'altro era da me conosciuto solo
per soprannome “Famana”, che si dirigevano verso il campo
adiacente la strada. Anche io mi accodai seguito da un altro
individuo che non conosco . Ci recammo vicino ad una buca che era
servita per l'installazione di artiglieria tedesca, qui uccidemmo il
Ramazzini e lo seppellimmo nella buca stessa. Devo chiarire che
personalmente sparai un solo colpo , il cosiddetto colpo di grazia.
Lavorai per seppellire il corpo del Ramazzini con un badile che presi
in una cascina vicina e che non so a chi appartenga.
Ho poi appreso che il
morto era una spia fascista e che doveva essere passato per le armi.
Non so chi abbia ritirato gli abiti, i soldi e i valori che in quel
momento erano in possesso del Ramazzini”
Al processo che si svolse
nel 1953, la vedova della vittima Nicolina Montanari raccontò delle
innumerevoli vessazioni che suo marito subì dai partigiani
comunisti, delle minacce , delle pressanti richieste di denaro e dei
ripetuti furti che avvennero nella casa di famiglia, la quale
dovette essere piantonata, raccontò di tre giovani armati di mitra
che arrivarono a cercare il marito, in due diverse occasioni ,
inoltre una sera che Ramazzini era in piazza, con un suo dipendente,
fu avvicinato da un giovane che con fare minaccioso gli intimò di
seguirlo, al che l'avvocato disse al dipendente di avvisare casa ,
il giovane guardando l'orologio, rispose che non se ne faceva nulla
in quanto oramai l'ufficio era chiuso. Lo stesso Nello Rovati chiese
a Ramazzini di preparare un memoriale per discolparsi dell'accusa di
essere spia dei fascisti, cosa che egli fece di buon grado
consegnandolo al CLN il quale gli disse che avrebbe risposto entro
20 giorni, ma purtroppo dopo tale termine il povero avvocato fu
assassinato.
Nelle giornate delle
intense ricerche di Ramazzini, la moglie si era recata anche da
Rovati per avere informazioni sulla sorte del marito, il quale
l'aveva tranquillizzata mostrandogli il memoriale con a margine un
appunto, assolto, in realtà il marito era già stato assassinato ed
Rovati lo sapeva benissimo.
Nell'aprile del 1951 si
tenne il processo per 'omicidio dell'avvocato presso la C.A. Di
Cuneo, dopo due ore di camera di consiglio fu emessa la sentenza :
Nello Rovati, Arsenio Marchetti, Renzo Silvestri e Gustavo Marchetti
in stato di arresto tranne il Casolari latitante,sono stati
riconosciuti colpevoli del reato loro imputato e condannati a 14 anni
di reclusione ciascuno mentre il Casolari ad 11 anni in quanto al
momento del fatto era minore di età, inoltre ai primi quattro è
stato concesso il condono di 10 anni ed 8 mesi di reclusione che
sommati al carcere preventivo riducono la pena detentiva da un anno
esatto.
All'imputato latitante è
stato concesso il condono di anni otto. Tutti gli imputati dovranno
poi essere sottoposti a tre anni di libertà vigilata dopo che
avranno scontata la pena detentiva e all'interdizione perpetua dai
pubblici uffici e al risarcimento dei danni nei confronti verso la
parte civile Nicolina Montanari Vedova Ramazzini e il suo figliolo.
Per effetto della amnistia tutti gli imputati sono stati assolti dal
reato di sequestro di persona e di furto aggravato.
Mi dispiace ma la sua storia è piena di strafalcioni e inesattezze. Si documenti meglio, perché questo è solo un bieco tentativo di infangare delle persone che le hanno regalato la democrazia è la libertà. In molti dei suoi racconti vi è il chiaro proposito di trasformare gli aguzzini in vittime. Si capisce bene il suo pensiero, ma i fatti sono nella storia e la storia ha chiarito perfettamente chi ha portato il paese in una dittatura e nella miseria e chi invece ha combattuto contro questo regime. Buona vita è Se la goda questa democrazia, che sebbene imperfetta, gli è stata regalata da quei ragazzi che si sforza ad infangare.
RispondiEliminaPerché non pubblica anche la Storia di Sandro Cabassi e di altri migliaia di ragazzi come lui. Chissà che una luce non gli si accenda nella sua nera e buia mente.
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