domenica, maggio 17, 2020

L'omicidio di Carlo Ramazzini


Carlo Ramazzini
Modena
14 giugno 1945



Questo feroce ed inutile omicidio, va inquadrato nei crimini del cosiddetto triangolo della morte di Modena e nel clima di terrore e di vessazioni, che era stato instaurato da un ras comunista locale e dai suoi sicari.
Il 14 giugno 1945, verso sera , l'avvocato Carlo Ramazzini, noto possidente agrario del Modenese, stava rientrando da una visita fatta ai propri poderi, in bicicletta come era abituato , quando quattro persone armate lo fermarono lungo la periferica Via Mauro Capitani a Modena, e dopo averlo portato in un campo vicino lo sopprimevano con due colpi di pistola, in quel luogo ne occultarono il cadavere, che fu denudato e depredato dell'orologio d'oro e di una forte somma di denaro, oltre che della bicicletta, una Bianchi, che fu presa da uno degli assassini il quale la usava tranquillamente come se fosse di sua proprietà.
Per molto tempo il delitto rimase avvolto nel mistero, fino a quando un giornalista coraggioso, che lavorava per un quotidiano di Bologna, non accusò dell'omicidio, con un pubblico manifesto, un certo Nello Rovati, redattore di un foglio comunista Modenese “La verità “, nonché membro del CLN di San Cataldo,
La Questura di Modena sulla spinta del manifesto e per la denuncia della vedova dell'avvocato iniziò ad indagare e fermò Rovati, il quale era fortemente sospettato essere il mandante dell'omicidio.
Rovati non era sicuramente un uomo d'azione, infatti era un omino alto appena 1,30, tutto sciancato però con un gran cervello in un corpo piccino e soprattutto con una dialettica insinuante, si appurò che i giorni successivi alla liberazione, lo stesso Rovati convocò Ramazzini in modo arrogante presso il suo ufficio al che l'avvocato rispose, che se voleva il Rovati, poteva andare egli stesso a casa sua, in seguito Rovati in diverse occasione fu sentito dire: “quel Ramazzini bisogna farlo fuori”.
Sotto stringente interrogatorio Rovati cedette e fece delle dichiarazioni, in base alle quali, furono arrestati quali esecutori materiali, Renzo Silvestri, Arsenio Marchetti, mentre contro Carlo Casolari e Gustavo Marchetti fu spiccato mandato di cattura in quanto irreperibili, si accertò inoltre che Silvestri nel 44, ebbe l'incarico di perquisire la villa di Ramazzini alla ricerca di indumenti da consegnare ai partigiani e soprattutto Gustavo Marchetti nel 48, fu visto girare sulla bicicletta che era stata sottratta al Ramazzini dopo la sua soppressione, una Bianchi.
Intanto Gustavo Marchetti stufo di fare il latitante, decise di costituirsi e di rendere piena confessione alla Questura di Modena “ facevo parte della polizia ausiliaria partigiana, la sera del 14 giugno 1945, in via Mauro Capitani vidi l'avvocato Ramazzini in mezzo a due individui che riconobbi per il Casolari mentre l'altro era da me conosciuto solo per soprannome “Famana”, che si dirigevano verso il campo adiacente la strada. Anche io mi accodai seguito da un altro individuo che non conosco . Ci recammo vicino ad una buca che era servita per l'installazione di artiglieria tedesca, qui uccidemmo il Ramazzini e lo seppellimmo nella buca stessa. Devo chiarire che personalmente sparai un solo colpo , il cosiddetto colpo di grazia. Lavorai per seppellire il corpo del Ramazzini con un badile che presi in una cascina vicina e che non so a chi appartenga.
Ho poi appreso che il morto era una spia fascista e che doveva essere passato per le armi. Non so chi abbia ritirato gli abiti, i soldi e i valori che in quel momento erano in possesso del Ramazzini”
Al processo che si svolse nel 1953, la vedova della vittima Nicolina Montanari raccontò delle innumerevoli vessazioni che suo marito subì dai partigiani comunisti, delle minacce , delle pressanti richieste di denaro e dei ripetuti furti che avvennero nella casa di famiglia, la quale dovette essere piantonata, raccontò di tre giovani armati di mitra che arrivarono a cercare il marito, in due diverse occasioni , inoltre una sera che Ramazzini era in piazza, con un suo dipendente, fu avvicinato da un giovane che con fare minaccioso gli intimò di seguirlo, al che l'avvocato disse al dipendente di avvisare casa , il giovane guardando l'orologio, rispose che non se ne faceva nulla in quanto oramai l'ufficio era chiuso. Lo stesso Nello Rovati chiese a Ramazzini di preparare un memoriale per discolparsi dell'accusa di essere spia dei fascisti, cosa che egli fece di buon grado consegnandolo al CLN il quale gli disse che avrebbe risposto entro 20 giorni, ma purtroppo dopo tale termine il povero avvocato fu assassinato.
Nelle giornate delle intense ricerche di Ramazzini, la moglie si era recata anche da Rovati per avere informazioni sulla sorte del marito, il quale l'aveva tranquillizzata mostrandogli il memoriale con a margine un appunto, assolto, in realtà il marito era già stato assassinato ed Rovati lo sapeva benissimo.
Nell'aprile del 1951 si tenne il processo per 'omicidio dell'avvocato presso la C.A. Di Cuneo, dopo due ore di camera di consiglio fu emessa la sentenza : Nello Rovati, Arsenio Marchetti, Renzo Silvestri e Gustavo Marchetti in stato di arresto tranne il Casolari latitante,sono stati riconosciuti colpevoli del reato loro imputato e condannati a 14 anni di reclusione ciascuno mentre il Casolari ad 11 anni in quanto al momento del fatto era minore di età, inoltre ai primi quattro è stato concesso il condono di 10 anni ed 8 mesi di reclusione che sommati al carcere preventivo riducono la pena detentiva da un anno esatto.
All'imputato latitante è stato concesso il condono di anni otto. Tutti gli imputati dovranno poi essere sottoposti a tre anni di libertà vigilata dopo che avranno scontata la pena detentiva e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento dei danni nei confronti verso la parte civile Nicolina Montanari Vedova Ramazzini e il suo figliolo. Per effetto della amnistia tutti gli imputati sono stati assolti dal reato di sequestro di persona e di furto aggravato.

2 commenti:

  1. Mi dispiace ma la sua storia è piena di strafalcioni e inesattezze. Si documenti meglio, perché questo è solo un bieco tentativo di infangare delle persone che le hanno regalato la democrazia è la libertà. In molti dei suoi racconti vi è il chiaro proposito di trasformare gli aguzzini in vittime. Si capisce bene il suo pensiero, ma i fatti sono nella storia e la storia ha chiarito perfettamente chi ha portato il paese in una dittatura e nella miseria e chi invece ha combattuto contro questo regime. Buona vita è Se la goda questa democrazia, che sebbene imperfetta, gli è stata regalata da quei ragazzi che si sforza ad infangare.

    RispondiElimina
  2. Perché non pubblica anche la Storia di Sandro Cabassi e di altri migliaia di ragazzi come lui. Chissà che una luce non gli si accenda nella sua nera e buia mente.

    RispondiElimina