domenica, giugno 29, 2025

Bruno Pasero 5 aprile 1985 Albisola Capo Canosio è un piccolo borgo della Valle Maira in provincia di Cuneo, abitato da un centinaio di anime, alto 1200 metri sul livello del mare, aria pulita e vista sulle montagne, negli anni 80, da questo pugno di case era giunto ad Albisola, Bruno Pasero di anni 43, Piemontese d.o.c. , con una valigia piena di vestiti ed altri effetti personali e soprattutto con la voglia di costruirsi una nuova vita magari trovando un altro lavoro più confacente alle sue aspirazioni. Magro, con un paio di baffi, era un uomo solo e senza affetti, al paese da dove veniva, aveva un fratello Lorenzo, che aiutava a gestire un piccolo albergo, il Miramonti. In realtà in Liguria le aspirazioni migliorative del Bruno non vennero soddisfatte pienamente, lavorò in qualche ristorante della zona come aiuto cuoco poi rimase senza un lavoro, cominciò a vagare per il bar della zona, tra Savona ed Albisola e dato che aveva la qualifica di invalido, venne ospitato a spese del Comune di Albisola in un alloggio parcheggio, Villa Bianca, dove soggiornavano persona bisognose di assistenza sociale. L’uomo viveva una apparente e triste quotidianità, fino a quando venne trovato morto, in circostanze molto inquietanti: impiccato alla ringhiera di un condominio di Albisola Capo a poca distanza dall’Aurelia , all’interno di un cortile condominiale, ad una altezza di un metro e mezzo da terra, al collo aveva un laccio stretto, gli arti inferiori erano flessi in un modo innaturale, chi ha trovato il cadavere afferma che i polsi erano legati dietro la schiena ma non ci sarebbero conferme ufficiali a questo particolare, invece sul capo aveva diverse e profonde ferite che sembrano prodotte da percosse, la morte risaliva ad almeno sei ore prima del ritrovamento. L’idea che si erano fatti gli investigatori dei Carabinieri, era che fosse stato coinvolto in una lite , finita male , e che qualcuno avesse voluto mascherare la morte di Bruno Pasero, inscenando un suicidio a mezzo impiccagione. L’uomo, che soggiornava ad Albisola da circa tre anni, era conosciuto come una persona innocua non conflittuale, inoltre non possedeva somme di denaro che potessero giustificare una rapina, a parte alcuni ricoveri in ospedale per cure cardiologiche e per leggere intossicazioni a livello epatico , nulla di serio, aveva poi trascorso la convalescenza a Canosio dal fratello per poi tornare ad Albisola. L’unico neo nella sua vita era rappresentato da un denuncia per un piccolo furto. Anche al suo paese natale saputa la notizia , tutti sono rimasti sconvolti dalla notizia e soprattutto dalle modalità in cui è stato trovato morto. Le perquisizioni nel piccolo alloggio dove egli viveva, non hanno portato ad alcuno risultato, solo disordine e abbigliamento sparso. All’interno del cortile dove è stato trovato il corpo vi sono dei ponteggi che sarebbero stati più idonei ad un suicidio ammesso che così sia avvenuto e invece è stata usata una ringhiera di un ballatoio. Inoltre pochi giorni prima di essere trovato morto aveva spedito una cartolina al suo paese con sei saluti. Tutto questo non fa presupporre una volontà suicida. Anche questo è una morte senza spiegazioni.

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Claudio Benvenuti Varazze 17 novembre 1981 Claudio è un giovane di 24 anni, appartiene a quella schiera di ragazzi che vivono e fanno vivere anche agli altri, i problemi della tossicodipendenza. La madre , vedova da circa due anni, e il fratello minore lo trovano morto alle sette del mattino, con il petto squarciato da un colpo di doppietta caricata a pallettoni, riverso a terra nel cucinino del piccolo appartamento di Varazze dove si trovava da solo. L’arma è una calibro 12, regolarmente denunciata e già di proprietà del padre della vittima deceduto due anni prima. L’arma si trovava in casa ma ad una attenta ricerca non si trova più, qualcuno dopo averla usata l’ha portata via. Non era un rapporto facile quello della madre e del fratello minore, le liti con Claudio erano frequenti e proprio quella notte, i due, dopo l’ennesima lite, erano andati a dormire da una zia della vittima. Il foro di ingresso è esteso con i bordi anneriti dalla combustione dello sparo, quindi lo sparo è avvenuto da distanza ravvicinata. La morte risalirebbe all’alba, intorno alle 5 del mattino. Qualcuno tende ad avvalorare la tesi del suicidio. Tuttavia alcuni particolari creano delle perplessità agli inquirenti: Claudio era in procinto di testimoniare ad un processo in cui un suo conoscente era alla sbarra con l’accusa di spaccio di stupefacenti, poco prima di morire in queste strane circostanze, avrebbe scritto un biglietto, trovato accanto al cadavere, in cui scagionava l’imputato dalle accuse. Claudio non fu l’unico tossicodipendente a perdere la vita in quel periodo e in circostanze tragiche. Su Savona aleggiava l’ombra sempre più tangibile dell’ala più dura e violenta dell’ndrangheta che non esitava a togliere di mezzo chiunque potesse nuocerle.