martedì, agosto 19, 2008

UNA MEDAGLIA D'ORO UN POCHINO STRANA


Aprile 1945, storia di una medaglia d’oro concessa con grande facilita’

ANTEFATTI


Dopo il 25 aprile la pulizia etnica delle “spie Fasciste o dei collaborazionisti”, prosegue a tamburo battente, a Savona e in Provincia. Il ritmo delle eliminazioni e’ incalzante, talmente rapido da causare nervosismo e stress da superlavoro nei partigiani comunisti che assumono l’ambito incarico di fare parte dei plotoni della morte.
Anche il boia, piu’ tencico e professionale, puo’ inciampare in pericoli, come accadra’ in effetti.

Savona, e’ il 26 aprile 1945., ore 12 circa, Muraglione di cinta della Fabbrica Servettaz – Basevi, in Viale Dante Alighieri, dove attualmente c’e’ la voragine della piscina scoperta. Il luogo e’ un sito abituale dove verranno passati per le armi, dagli squadroni della morte comunisti, centinaia di savonesi, rei o senplicemente sospetti di essere fascisti. Cio’ accadra’ per circa un mese.
Sotto il sole del mezzogiorno , quattro uomini stanno con le spalle al muro, uno di loro, con abiti borghesi, alto e magro, ha il viso devastato, pieno di sangue, qualcuno, poche ore prima, gli ha brutalmente amputato il naso e i padiglioni delle orecchie, visibilmente sotto schock per le ampi ferite sangionanti, fa fatica a stare in piedi, gli altri tre, scalzi, hanno addosso una uniforme , grigioverde con delle mostrine sulla camicia. E’ la divisa della San Marco, sul capo non portano il classico basco. Anche i loro visi sono pesti e tumefatti.
Il civile privo di naso e orecchie, si chiama Attilio Mongolli, 33 anni, e’ lo zio della povera Giuseppina Ghersi, rapita, stuprata e ammazzata dalla polizia partigiana di Savona, in prima persona, dal famoso partigiano “TONI” e da altri due psicopatici.
I quattro al muro, stanno per essere fucilati.

Davanti a loro, mitra imbracciati, il gruppo di fuoco dei partigiani comunisti, li comanda un “ufficiale”, dal viso rapace e spietato, un ex autista della Regia Marina, poi commissario politico, nonche’ comandante di un distaccamento partigiano “rosso”. Le armi vengono puntate, il caporione impartisce l’ordine di sparare… improvvisamente uno dei condannati ha uno scatto, inizia a correre in un tentativo di fuga disperata, il suo gesto coglie di sorpresa il plotone dei boia…il caporione, fa pochi passi in direzione del fuggitivo, tenta di afferrarlo e…fatalmente, va a trovarsi sulla linea di tiro di un partigiano del plotone di esecuzione che, inopportunamente, lascia andare una raffica . Il capo stramazza a terra, segato in due dalle pallottole, ancora in vita, ma per poco. Si tratta di fuoco amico, molto frequente in condizioni di confusione.
Soccorso dai suoi compagni, morira’ dopo due giorni di sofferenza in ospedale. Questi i fatti, nudi e crudi.
E’ stato un incidente, che pero’ i partigiani trasformeranno in un atto di eroismo, con una sapiente regia e il solito castello di menzogne che i comunisti sanno costruire con competenza. Innanzi tutto viene falsato il calendario dei fatti, poi si decide a tavolino che il morto e’ caduto in azione alla testa dei suoi valorosi partigiani. Non e’ concepibile che ci scappi il morto tra partigiani. Sarebbe un errore da ammettere, deve prevalere la tesi ufficiale.

Ovviamente i fascisti non potranno testimoniare l’accaduto, perche’ il lavoro sporco del plotone di esecuzione, sara’ completato e quindi, si sa che i morti non possono parlare. Gli unici autorizzati a dare testimonianza, sono i fucilatori, che in quattro e quattrotto, imbastiscono una bella storia edificante da Libro Cuore, tipo piccola Vedetta Lombarda o Piccolo Tamburino Sardo… e creano l’eroe. A cui viene attribuita la relativa medaglia d’oro e soprattutto un vitalizio per la famiglia.
In pratica, il morto per incidente, e’ ufficialmente caduto in un violento scontro a fuoco con soverchianti forze fasciste, anche se si era il 26 aprile!! E il regime era oramai sciolto, morto e defunto !

La motivazione della medaglia d’oro e’ decisamente impressionante, tuttora visibile sul sito della Marina Militare, nonostante il signore avesse abbandonato l’arma nel 43, per fuggire in montagna :

“Valoroso combattente della libertà fu tra i primi e tra i migliori organizzatori e animatori della lotta partigiana. Le innumerevoli ed ardite azioni di sabotaggio, il leggendario coraggio in tanti combattimenti e la risolutezza dimostrata in dure e difficili circostanze di guerra, gli procurarono larga e chiara fama tra i combattenti della Liguria. Nei giorni della insurrezione generale, combattendo alla testa dei suoi uomini, venne gravemente ferito e sul letto di morte mantenne patriottico ed esemplare contegno.”
Ci sarebbe da ridere se non fosse una cosa tragica.



Ecco fatto. Ai “fascisti” morte e piombo, invece, ai partigiani comunisti, tanta gloria e tanto oro. Il corpo dell’eroe sara’ tumulato nel camposanto di Zinola al Sacrario dei Partigiani.

E per completare l’opera, l’amministrazione comunale di Savona, comunista, con grande saggezza e in pompa magna, per premiare e ricordare i suoi figli migliori, intitolera’ pochi anni dopo, una pubblica via a questo autentico e puro eroe della lotta di liberazione.

Nessuno dice che le fucilazioni degli sventurati, che il decorato comandava davanti al muro di cinta della Servettaz, erano arbitrarie, illecite e senza alcun tipo di processo preventivo e quindi senza nessuna condanna capitale comminata da qualsiasi tipo di giuria.

Erano solo dei barbari e terribili assassini, una vera e propria pulizia etnico – politica, a danno di chiunque, giovane o adulto, maschio o femmina, fosse stato anche minimamente sfiorato dal sospetto di essere fascista. Ma nessuno se lo ricorda.

Molti dei vecchi ex partigiani , tutti savonesi, presenti al fatto, sono morti, ultraottantenni, sempre con la bocca cucita, portando con se nella tomba questo segreto, il partigiano che sparo’ ammazzando il capo , pur senza volerlo, e’ morto recentemente di vecchiaia, anch’esso non ha mai fiatato.

Sto pensando alla medaglia d’oro piena di polvere, esposta con dubbia fierezza in qualche teca di vetro ma soprattutto penso ai soldi indebitamente percepiti, dal 45 ad oggi, dalla famiglia dell’”eroe, che dovrebbero tornare all’erario, se la cosa fosse provata. E questo mi provoca un piccolo brivido di piacere. Nella vita non si sa mai

RN






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