venerdì, febbraio 26, 2021

Miki Mantakas

 


Miki Mantakas

28 febbraio 1975

Rione Prati, Roma


Erano giorni terribili quelli, i giorni della “caccia ai Fasci”, degli scontri violentissimi di piazza tra sostenitori degli opposti estremisti, delle chiavi inglesi Hazet da 36 mm. portate nei tasconi degli eskimo e usate per sfondare il cranio ai “fasci”, erano gli anni dei Katanga il servizio d'ordine di estrema sinistra, erano gli anni dei CAA, comitato anti-fascista anti-imperialista, erano anni in cui essere di destra era decisamente molto pericoloso.

Quella tarda mattinata a Roma, il 28 febbraio del 1975, si era da poco conclusa una udienza del processo per il rogo di Primavalle, in cui i due giovani figli del segretario dell'MSI era stati assassinati nel rogo della sezione di quel quartiere.

In quella occasione, un gruppo di estremisti di sinistra si diresse immediatamente verso una sezione dell'MSI in Via Ottaviano, con l'intento di attaccarla e vandalizzarla, all'interno a presidiarla, c'erano alcuni giovanissimi militanti fra cui lo studente universitario Miki Mantakas di 23 anni , che uscirono da una uscita secondaria per poi tentare di ritornare dal portone principale per bloccare gli assalitori , mentre Mantakas coraggiosamente assieme ad un altro giovane, correva in questa direzione, riceveva in piena fronte un colpo calibro 38 sparato da un'arma impugnata da uno degli attaccanti.

Il povero Mantakas, da solo due mesi iscritto al FUAN, Fronte Universitario di Azione Nazionale, entra in agonia e muore dopo poche ore.

Le indagini porteranno alla identificazione di Alvaro Lojacono, figlio di un esponente del PCI, nome di battaglia Otello, che in secondo grado sarà condannato a 16 anni ma prima della sentenza di Cassazione, si darà alla latitanza e per questo omicidio non sconterà un solo giorno di pena mentre per l'omicidio di un magistrato , Girolamo Tartaglione, ne sconterà nove e due in regime di semilibertà.

Lojacono dopo l'omicidio di Mantakas riuscì ad emigrare all'estero, evidentemente con delle coperture familiari e politiche, prima in PO, Potere Operaio in seguito confluì nelle BR con il soprannome di Varo, coinvolto in altri delitti degli anni di piombo, gira per l'Europa con regolare passaporto Svizzero pertanto non può essere estradato in Italia per scontare l'ergastolo a cui è stato condannato in contumacia per aver collaborato alla strage di Via fani della scorta di Aldo Moro e il rapimento di Aldo Moro.

mercoledì, febbraio 24, 2021

Alessandro Floris, un eroe


Alessandro Floris

Dipendente IACP

Genova

26 marzo 1971


Quella mattina del 26 marzo 1971, in Via Banderali, Ilio Galletta, di 25 anni , studente lavoratore, era in cucina a studiare quando sentì degli spari e delle urla provenire dalla strada sottostante e incuriosito come tanti altri, aprì le persiane e con la sua nikon reflex, si sporse e scattò una sequenza di scatti alla scena terribile che si presentò ai suoi occhi.

Quella sequenza di scatti fu di una importanza storica eccezionale per documentare un crimine e per collocarlo in una epoca storica molto precisa e violenta, gli anni di piombo.

Giù in strada un giovane uomo di 31 anni, Alessandro Floris, è a terra ma ancora attivo e combattivo, intenzionato coraggiosamente ad impedire ad una lambretta di allontanarsi, sulla sella del mezzo due uomini, quello che era dietro, Mario Rossi, impugnava una calibro 38, puntata nella direzione dell'uomo a terra, e spara per uccidere il coraggioso fattorino che è in una pozza di sangue.

Il fatto nella sua cruda realtà era questo, Alessandro Floris, fattorino dello IACP, stava scortando disarmato un impiegato che trasportava una borsa con all'interno una forte somma in contanti, erano le paghe dei dipendenti dello ICAP di Genova appena prelevati in banca, due soggetti affiliati al gruppo terroristico denominato XXII ottobre li aggrediscono per compiere una rapina, autofinanziamento, strappano la borsa all'impiegato, ma Floris non demorde e li insegue, i due erano giunti sul luogo della rapina su una lambretta Innocenti che fatica a ripartire , il terrorista armato inizia a sparare e Floris , viene prima attinto al ventre da un primo colpo ma è uno tosto e in forma e afferra il piede del terrorista, che continua a sparare, Floris dopo pochi minuti, nonostante i soccorsi, perde la vita in questo suo generoso tentativo di coraggio civile.

I Due terroristi nel panico più completo continuano la loro fuga dividendosi, ma altra gente si mette all'inseguimento e uno di loro verrà bloccato dopo una trentina di minuti, è identificato per Mario Rossi, capo e fondatore di XXII ottobre, un gruppo non molto numeroso composto da sottoproletariato della periferia genovese della Val Bisagno, elementi delusi dalla sinistra parlamentare e da ex partigiani che volevano iniziare una nuova resistenza.

Rossi processato per direttissima si beccherà per questo crimine un ergastolo e nel 2003 potrà uscire mentre Floris continuerà a stare nella sua tomba , morto per suo intrepido comportamento. Fra gli altri membri della XXII Ottobre figurano : Augusto Viel, Rinaldo Fiorani, Giuseppe Battaglia, Adolfo Sanguineti, Gino Piccardo, Diego Vandelli, Aldo De Sciciolo e Cesare Maino.


lunedì, febbraio 22, 2021

Guardia Giurata Rosario Scalia 23 febbraio 1979 Barzanò

 



Rosario Scalia

Barzanò ( BS )

23 febbraio 1979


Rosario è una guardia giurata, ha 27 anni, è sposato con Agata da cui ha due splendidi figli Francesca e Sebastiano, la prima di 8 anni e il secondo di appena 3 anni e qualche mese, Rosario abita a Nibionno, a pochi chilometri da dove oggi lavora come guardia armata per la Vedetta Lombarda di Como, originario dalla Sicilia, di Giarre. Rosario è un ex bracciante agricolo, un uomo forte e provato dal lavoro nei campi e prende con impegno e serietà il suo lavoro che è obiettivamente pericoloso, per di più in quel periodo era presente il fenomeno del terrorismo delle BR e di altre gruppi analoghi sempre più aggressivi e pericolosi.

Quel maledetto venerdì è di fazione alla Banca Agricola Milanese, filiale di Barzanò un piccolo centro della Brianza, tranquillo e laborioso.

Rosario non poteva sapere che quella mattina un gruppo di terroristi affiliati ai comitati comunisti rivoluzionari stavano per attaccare la banca in cui egli era in servizio, lo scopo era quello di autofinanziarsi.

Dopo aver attentamente sorvegliato la banca , la stazione dei carabinieri e la guardia giurata che faceva il suo servizio, decidono di agire, sono le 13, l'orario di apertura sta per concludersi, Rosario è tranquillo e contento, infatti da li a poco dovrebbe partire per raggiungere la sua famiglia che lo attende a Giarre, giù in Sicilia, sta per firmare il registro del lavoro, alle sue spalle arriva uno dei rapinatori che chiede all'impiegato allo sportello di cambiare una banconota di grosso taglio, in quel momento gli altri banditi irrompono in banca armi alla mano, la guardia si volta sorpresa e estrae dalla fondina la sua pistola automatica ma il bandito , avvantaggiato, ha già impugnato un'arma e gli spara due colpi in pieno petto quasi a bruciapelo, Rosario cadendo riesce ad esplodere due colpi in direzione dei rapinatori , mentre giace uno dei rapinatori, con grande ferocia, gli spara altri cinque colpi finendolo, poi senza proseguire la rapina e a mani vuote escono di corsa e salgono su un'auto che li attende, risultata poi rubata. Con la sua eroica difesa Rosario ha manadto a monte la rapina mettendo in fuga i tre rapinatori.

A 35 anni di distanza dalla sua morte il comune ha deciso di installare nelle vicinanze del luogo dove la guardia giurata cadde , un pannello con la sua foto e alcune frsi per ricordare quello che avvenne e in memoria del suo sacrificio inoltre il Ministero dell'interno dopo aver sentito il Prefetto di Lecco ha conferito a Rosario Scalia la Medaglia D'oro al Valor Civile. A tutt'oggi nessuno dei suoi assassini ha pagato per quello che fece, l'unico dei tre ad essere identificato fu tale Ermenegildo Marinelli che però fece perdere le sue tracce in Francia protetto dalla Dottrina Mitterand.

lunedì, febbraio 15, 2021

Lino Sabbatin e Pier Luigi Torreggiani

 



Lino Sabbatin

Santa Maria di Sala ( Venezia )

16 febbraio 1979

Pier Luigi Torreggiani

( Quartiere della Bovisa )Milano

16 febbraio 1979

Lino Sabbatin svolgeva il suo lavoro di macellaio in un centro abitato del Veneto, Santa Maria di Sala, Lino era una persona per bene, rispettoso delle leggi , tutte le mattine alzava la saracinesca del suo negozio e onestamente ci manteneva la famiglia composta dalla moglie Amalia e da tre figli. Per il suo lavoro e il suo impegno politico nel MSI, lino era inserito molto bene nella società civile, portatore di valori quali l'amore per il lavoro, il senso del dovere , il rispetto delle leggi, era un esempio da seguire.

Sabbadin teneva molto al suo commercio e alla sua proprietà, nel corso di una rapina avvenuta all'interno del negozio, reagì ingaggiando una colluttazione con uno dei rapinatori che rimase ucciso.

Questa sua reazione di difesa, lo mise nel mirino dei terroristi che negli anni di piombo insanguinavano il territorio, in particolare i PAC, proletari armati per il comunismo, una formazione terroristica molto attiva in Lombardia, non potevano tollerare un cittadino che lottava per difendere sé stesso e i propri beni e così avvenne che un gruppo di fuoco di questi csoggetti , un pomeriggio, alle 16,30 del 16 febbraio 1979, attaccarono il negozio per assassinare Lino Sabbadin, reo ai loro occhi di non chinare la testa di fronte ai rapinatori. Dal loro distorto punto di vista, le rapine erano semplicemente “espropri proletari” e chi si ribellava faceva parte di una “milizia fascista”.

I criminali che attaccarono la macelleria furono, Diego Giacomini che sparò per primo, una donna Paola Filippi e soprattutto Cesare Battisti che si comportò con grande ferocia, sparò per secondo a Lino già a terra, poi dopo aver fatto allontanare i clienti presenti, trafissero di pallottole la vittima inerme già in agonia.

Nello stesso giorno, terroristi della medesima formazione criminale , assassinarono un altro commerciante, un gioielliere, Pier Luigi Torreggiani, accomunato a Lino Sabbadin dalla stessa “colpa” , aver difeso coraggiosamente la propria vita e i propri cari, da rapinatori armati. Anche Torreggiani era inserito nella società civile, molto ben voluto e amato dai cittadini di Milano, noto anche per le sue attività sociali e professionali.

Torreggiani durante una rapina in pizzeria ingaggiò un conflitto a fuoco con dei rapinatori , nella sparatoria che seguì perse la vita uno dei banditi e un commensale che era a cena con Torreggiani. Per i PAC anch'egli era da considerare un “giustiziere” e quindi andava eliminato.

Infatti il 16 febbraio del 1979, mentre apriva la sua gioielleria tre terroristi, Sebastiano Masala, Giuseppe Memeo, meglio noto come “il terun”, e Gabriele Grimaldi lo attaccarono, Torreggiani per sua difesa estrasse la sua pistola, regolarmente detenuta, ma venne subito ferito, anche il figlio quindicenne in quel momento presente, fu attinto da una pallottola alla colonna vertebrale e rimase paraplegico, quindi uno dei terroristi si avvicinò a Torreggiani e lo finì con un colpo alla testa.

Molti di questi terroristi , pur condannati in via definitiva, riuscirono ad espatriare e a godere dei privilegi concessi da alcune nazioni a chi chiede asilo politico, tuttavia le loro mani sono e rimarranno lorde di un sangue che nessun governo compiacente riuscirà mai a lavare.

domenica, febbraio 14, 2021

Riccardo Palma

Riccardo Palma
Magistrato
Roma 14 febbraio 1978
Il 14 febbraio del 1978 era San Valentino, come oggi, il Dottor Riccardo Palma , due figli, , un Magistrato che si occupava di edilizia penitenziaria, alle 8,30 esce di casa , compra il giornale e si accinge ad andare al lavoro al Ministero come ogni mattina, attraversa la piazza per raggiungere la sua Fiat 128 sta per salire sulla sua auto quando viene aggredito da due terroristi armati , uno dei quali impugna una mitraglietta Skorpion di fabbricazione Ceca, un'arma micidiale soprattutto a breve distanza, il Magistrato in quella situazione non ebbe scampo, fu colpito da una raffica di ben 17 colpi e cadde morendo immediatamente.
I due assassini fuggirono su una auto che li attendeva nelle vicinanze. L'agguato era stato organizzato d eseguito dalle BR, in quanto il Dottor Palma faceva parte dell'organigramma di tecnici e magistrati che si occupavano del settore penitenziario .
Le Brigate Rosse infatti rivendicarono l'omicidio con il solito comunicato delirante e verboso in cui testualmente , fra gli altri concetti ottusi e fanatici, affermavano che la vittima stava progettando “ scientificamente la distruzione totale dei comunisti e dei proletario detenuti attraverso l'applicazione nelle carceri delle più moderne tecniche sperimentate dell'imperialismo internazionale “.
Le indagini portarono a Prospero Gallinari ,Raimondo Etro e Alvaro Lojacono,
Il primo fu condannato a tre ergastoli ed è deceduto per cause naturali, il secondo è stato condannato nel 98 a 20 anni e sei mesi, il terzo, ex P.O.( potere operaio ), nonché parente di un esponente del PCI, della cui presenza sul luogo dell'omicidio non c'è certezza fu coinvolto sicuramente in altri omicidi, Mantakas e Tartaglione e condannato in contumacia all'ergastolo per aver preso parte alla strage di Via Fani, grazie al passaporto svizzero della madre si rifugia in Svizzera dove sconta 11 anni, per l'omicidio del Giudice Tataglione, ed esce per buona condotta, viene arrestato in Corsica mentre è a spiaggia ma la Francia ne rifiuta l'estradizione chiesta dall'Italia e quindi se la scampa nonostante abbia le mani lorde di sangue.
Riccardo Palma fu un fedele servitore dello Stato che fu assassinato da criminali feroci e privi di umanità.


domenica, febbraio 07, 2021

Foibe il genocidio degli Italiani nella Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia

 


Foibe

il genocidio degli Italiani nella Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia


Quello che accadde sul nostro confine orientale , nel 1943 e nel 1945, sembra sia stato immaginato da una mente malvagia e in effetti è proprio così, un militare , ex sergente dell'esercito imperiale Austroungarico, in seguito membro del partito comunista dell'Unione Sovietica e appartenente al NKVD, poi leader indiscusso della resistenza Jugoslava , Josip Broz detto Tito, da ordini precisi e puntuali per compiere una vera e propria pulizia etnica in Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia ai danni delle popolazioni Italiane da secoli residenti in quelle zone.

Il piano è chiaro, sradicare gli Italiani e la cultura italiana, da quelle terre per sostituirli con popolazioni slave , meglio ancora se di fede comunista.

Il metodo è quello del terrore, delle deportazioni, delle esecuzioni sommarie, gli esecutori sono all'inizio, i partigiani Titini Slavi, coadiuvati da collaborazionisti come i partigiani locali comunisti, in seguito saranno sostituiti da militari inquadrati nell'esercito popolare di liberazione, agli ordini di spietati elementi della polizia segreta di Tito, OZNA che poi provvederanno a liquidare anche i collaborazionisti comunisti in quanto Italiani.

Il luogo dove avvengono le esecuzioni sommarie, leggi omicidi, stupri, violenze , sono le foibe, in buona sostanza grotte verticali, voragini carsiche profonde diverse decine o centinaia di metri, dove le vittime, uomini, donne, minori, anziani tutti Italiani sono gettati , in qualche caso dopo un colpo alla nuca ma nella stragrande maggioranza ancora vivi. E in quei luoghi di foibe ve ne sono migliaia, grandi e piccole.

Chi precipita ancora vivo nella foiba, ha la prospettiva di una lunga e dolorosa agonia in mezzo ai cadaveri di amici, parenti o sconosciuti, d'altra parte i morituri vengono legati fra di loro a coppie o a gruppi di tre, con il filo di ferro e quando il primo, assassinato dal piombo slavo, precipita è i seguito a ruota dagli altri, tutti accomunati dal destino di morte atroce a cui gli sgherri di Tito li hanno ingiustamente accomunati.

Le foibe erano una opportunità comoda di occultare migliaia di corpi e quindi di nascondere il genocidio degli Italiani agli occhi del mondo, ma vi sono stati casi in cui i plotoni di assassini slavi hanno scavato gigantesche fosse comuni all'interno della cosiddetta Selva di Tarnova, una foresta su di un altopiano nelle Alpi Dinariche, queste fosse sono state recentemente sondate e secondo alcune stime contengono alcune centinaia di vittime della ferocia comunista, prevalentemente ragazzini.

Gli assassini con la stella rossa che compiono queste atrocità sono feroci di natura e vivono un odio inumano verso gli Italiani in genere, la ideologia comunista completa il quadro psicologico di questi soggetti naturalmente protesi verso atteggiamenti di crudeltà, per loro togliere la vita da un essere umano è come fumare una sigaretta se poi la vittima che hanno davanti è un Italiano, allora ci mettono una punta di odio in più.

Le donne , in genere prima di essere uccise subiscono violenti abusi sessuali ripetuti da parte di tutti i componenti il gruppo, dopo le violenze sessuali, è uso infierire sul corpo della sventurata tagliandole i seni e se incinta sventrandola e asportando il feto. Figure emblematiche di queste atrocità sulle donne, Norma Cossetto, che tutti conosciamo e Libera Sestan, di anni 24, sposata con un capitano dei Carabinieri, madre di due bimbe.

Per mezzo secolo questo genocidio, rimase in ombra, mentre migliaia di corpi marcivano nelle foibe o nelle fosse comuni, gli assassini slavi e il loro capo godevano di trattamenti pensionistici e di onorificenze elargite dallo Stato Italiano nonostante il sangue sparso da questi individui.

Il bilancio di questo genocidio è il seguente : migliaia di morti , terrore e violenze indescrivibili, un esodo biblico di circa mezzo milione di persone, Italiani, Tedeschi e Sloveni Cattolici anti comunisti e in ultimo terre e beni Italiani passati in mano straniera.

Da pochi anni, 2004, in modo tardivo lo Stato Italiano attraverso i suoi governi spesso ambigui e imbelli hanno istituito la Giornata del Ricordo per commemorare anche se parzialmente quello che accadde al nostro confine Orientale. Tuttavia, a parte il ricordo ufficiale , doveroso, sta soprattutto a noi, indipendentemente dalla fede politica, ricordare questo genocidio e onorare le vittime di una barbarie che a differenza dell'Olocausto, subito denunciata e i cui responsabili vennero processati pubblicamente, per mezzo secolo fu taciuta, oscurata vergognosamente. Le vittime delle atrocità non devono essere dimenticate ma ricordate sempre e in tutti i modi possibili.

martedì, febbraio 02, 2021

Emilio Alessandrini Magistrato Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Milano

 


Emilio Alessandrini

Magistrato Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Milano

29 gennaio 1979

La mattina del 29 gennaio 1979, Alessandrini, Magistrato presso la Procura di Milano, accompagnò a piedi il figlio Marco a scuola che era poco distante da casa sua, poi tornò sui suoi passi e salì in auto per raggiungere il suo luogo di lavoro, la procura di Milano, era pedinato da un gruppo di terroristi di Prima Linea, formato da cinque elementi con diverse funzioni, appena la sua auto si fermò ad un semaforo rosso due terroristi ruppero il vetro lato guida e spararono ben otto pallottole sul giudice, poi il gruppo si dileguò.

Nel gruppo di fuoco si seppe dopo, che c'era il figlio di un parlamentare DC , una telefonata delirante e verbosa, rivendicò l'omicidio al gruppo terroristico Prima Linea. Da tempo Alessandrini era nel mirino di questa organizzazione terroristica che aveva progettato il suo omicidio. Il giornalista Water Tobagi, anch'esso vittima dei terroristi lo descrisse così ; «Sarà per quella faccia mite, da primo della classe che ci lascia copiare i compiti, sarà per il rigore che dimostra nelle inchieste, Alessandrini è il prototipo del magistrato di cui tutti si possono fidare; era un personaggio simbolo, rappresentava quella fascia di giudici progressisti, ma intransigenti, né falchi chiacchieroni, né colombe arrendevoli» .

Nel 1980, un pentito , Roberto Sandalo, dopo essere stato arrestato dalle forze dell'ordine, iniziò a collaborare e portò all'arresto del gruppo di assassini che aveva ucciso Alessandrini, il processo nel 1983 si concluse con la condanna all'ergastolo di Sergio Segio , esecutore materiale e con la condanna a 24 anni dell'autista, Bruno Rossi Palombi, il secondo componente della banda, Marco Donat Cattini mai pentitosi ma dissociato prese solo 8 anni di carcere. Alessandrini era un servitore dello Stato, onesto e corretto, molto efficiente , quindi pericoloso per i terroristi che decisero di assassinarlo.