lunedì, marzo 29, 2021

Italo Schettini


 

Italo Schettini

Politico DC

Roma 29 marzo 1979

Italo Schettini 58 anni, avvocato civilista , dal 76 consigliere provinciale , iscritto alla DC da circa 20 anni , alle 8 del 29 marzo 1979, arriva in auto presso lo studio dove lavora al numero 6 di via Ticino nel quartiere Trieste di Roma, una zona tranquilla almeno sino ad allora, sull'auto accanto a lui c'è la figlia Enrica.

Pochi minuti prima un commando di terroristi hanno sequestrato il portiere e sua moglie e attendono l'arrivo di Schettini , vestono tutti un impermeabile chiaro e hanno sul volto degli occhiali scuri, sono armati di pistole automatiche con silenziatore.

L'autista, Sergio Lanfranchi, scende per primo dall'auto ed entra nell'androne, immediatamente lo afferrano e lo immobilizzano, intanto l'avvocato scende ignaro di tutto, e raggiunge il portone, gli si parano davanti due killer che sparano su di lui quattro colpi, tre pallottole calibro nove che lo raggiungono direttamente al volto, uno in fronte e due agli zigomi, sono colpi mortali che non lasciano scampo e che uccidono la vittima.

Fatto ciò i quattro terroristi con calma salgono su due autovetture che li attendono una di media cilindrata e una più potente forse una BMW e si allontanano con calma . In seguito ci fu una rivendicazione delle BR.

domenica, marzo 28, 2021

Calogero Colajanni

 

Calogero Colajanni

guardia campestre

28 marzo 1945

Corleone

Una ballata in dialetto siciliano che narra della carriera criminale di Luciano Leggio, detto Liggio, in una strofa così dice : e cominciau la vita di banditu accussì a vint'anni, dopo bona scola, addivintau assassinu rifinitu ed ammazzau la guardia giurata Colagiru Colajanni numinata.

Chi era questo Colajanni, assassinato da un giovane Leggio che nel 1944 era all'inizio della sua carriera di assassino ? Era una guardia giurata, una persona certamente non acculturata che vedeva con grande semplicità il mondo diviso in due, di qua i cattivi , i criminali , i ladri e di là i buoni che egli doveva proteggere, una cosa non molto semplice in una terra come la Sicilia dove il chiaro si confonde con lo scuro ed in tempi dove era ancora più pericoloso fare il proprio dovere, l'immediato dopo guerra. Colajanni aveva sorpreso Liggio a rubare dei covoni di grano lo aveva denunciato ed arrestato facendolo condannare ad una pena detentiva.

Bastò questo per condannarlo a morte. Un certo Vito De Prisco, arrestato col Leggio per quel furto di covoni di grano, riferì che durante la detenzione il Leggio stesso gli aveva espresso propositi di vendetta nei confronti di colui che aveva dato causa al loro arresto, facendo riferimento proprio al Colajanni.

La guardia campestre aveva già notato in una occasione, due soggetti armati che si aggiravano nei pressi della sua abitazione, aveva riconosciuto nei due, il Leggio e un altra persona già nota, Giovanni Pasqua e ne riferiva la circostanza alla moglie e ai suoi giovani tre figli, aggiungendo che stava correndo serio pericolo di morte.

All'alba del 28 marzo 1945, mentre usciva da casa sper recarsi al lavoro, veniva raggiunto da alcuni colpi di lupara, la classica arma usata dagli appartenenti alla mafia locale. Nel 1967 la giustizia assolveva in modo definitivo i due presunti assassini dalla accusa di omicidio nei confronti di Calogero Colajanni, una persona semplice che credeva nei valori della legge in un territorio dove al contrario era presente , ed è presente, una cultura totalmente diversa.


lunedì, marzo 15, 2021

Lando Conti

Lando Conti

Sindaco di Firenze 10 febbraio 1986


Firenze

Quel giorno di 35 anni fa il Sindaco di Firenze Lando Conti alle 17,15, era in auto sulla Via Faentina, diretto in centro per partecipare ad un Consiglio Comunale, non ci arriverà mai, infatti terroristi appartenenti alle BR, lo intercettarono, si affiancarono con la loro auto, una FIAT uno rossa, alla sua Opel e lo uccisero ferocemente con ben 15 colpi di arma da fuoco, cinque sparati frontalmente con precisione al petto, già mortalmente ferito il sindaco cercò di accostare la sua vettura al ciglio della strada ma gli assassini non gli hanno dato tregua , uno di loro è sceso e dal finestrino laterale gli ha esploso altri 10 colpi per essere sicuri di averlo ucciso. Fatto ciò i killer hanno lasciato una copia delle loro “risoluzioni strategiche” sul parabrezza dell'auto del sindaco e sono fuggiti. E' stato il primo omicidio delle BR a Firenze dove fatti analoghi non erano mai accaduti prima.

Questi assassini erano i rottami delle BR, oramai sconfitti dallo Stato che aveva preso le armi con nuova decisione contro questi criminali, fu l'ultimo rigurgito di odio e di ferocia . 

Lando Conti era un ottimo politico ed amministratore, molto amato a Firenze, era chiamato “il sindachino”, di fede repubblicana, molto amico di Spadolini era sempre disponibile al dialogo e al confronto con i cittadini e con le forze politiche in seno al consiglio comunale di Firenze.

Conti era sposato e aveva una bella famiglia formata oltreche dalla moglie anche da quattro figli.

 Le indagini portarono alla 


identificazione di quattro irriducibili che avrebbero partecipato all'agguato del sindaco e al suo omicidio, arrestati e rinviati a giudizio furono : Michele Mazzei, Fabio Ravalli, Maria Cappello tutti condannati in via definitiva all'ergastolo e Marco Venturini condannato a trent'anni.


domenica, marzo 14, 2021

Via Fani, la strage della scorta di Aldo Moro

 

16 marzo 1978

ore 9

La strage di Via Mario Fani

Roma

Quando si parla di “geometrica potenza” non si può non fare riferimento alla strage criminale avvenuta in Via Fani, Quartiere Trionfale, Roma, da parte di elementi della organizzazione terroristica denominata Brigate Rosse, nei confronti di operatori dei Carabinieri e della Polizia che furono tutti eliminati prima che potessero reagire mentre stavano compiendo un servizio di scorta di uno dei vertici delle Istituzioni politiche Italiane . Questi cinque operatori di polizia erano infatti la scorta di Aldo Moro, Presidente della D.C. che subito dopo, fu rapito dagli stessi soggetti che sterminarono la scorta.

Moro non era un semplice politico ma aveva ricoperto importanti incarichi nelle Istituzioni e quindi era depositario di notizie molto riservate. Moro viaggiava sotto scorta in un convoglio di due auto, una alfetta e una Fiat 130, diretto ad un incontro di governo.

Secondo le indagini in Via Fani erano presenti, con ruoli diversi, nove terroristi, Valerio Morucci, Mario Moretti, Prospero Gallinari, Raffaele Fiore, Franco Bonisoli, Alessio Casimirri, Alvaro Lojacono e Barbara Balzarani, il luogo scelto per l'agguato era Via Stresa angolo via Fani , un tragitto nuovo che il convoglio con Moro non percorreva abitualmente.

I terroristi che attaccarono il convoglio di auto su cui viaggiava Moro con la scorta, erano armati con una vasta gamma di armi automatiche : un FNAB 43, una pistola Browning HP, una Beretta M51, un mitra TZ 45, una mitraglietta M12 e una mitraglietta Skorpion.

La sorpresa fu letale oltre alla ferocia dei terroristi, che praticamente spararono alla scorta come al tiro al bersaglio, senza tregua, fu un massacro, solo un agente, Raffaele Iozzino, riuscì a scendere dalla sua vettura e sparò due colpi crollando subito a terra falciato dalle raffiche. Terminata la spratoria, a senso unico, i terroristi presero di forza Moro e le sue due borse, lo caricarono su una delle tre vetture del loro corteo e si allontanarono ad alta velocità.

Sul terreno oltre a decine di bossoli rimasero due auto sforacchiate dalle raffiche e soprattutto i corpi degli operatori della scorta, ecco i loro nomi Francesco Zizzi , Vice-brigadiere della polizia (Medaglia d'Oro al Valor Civile il16 febbraio 1979). Nato a Fasano nel 1948. Entrato nella Pubblica Sicurezza nel 1972, quattro anni dopo vince il concorso per la scuola allievi sottufficiali di Nettuno. Vive presso la caserma Cimarra di via Panisperna. Conseguiti i gradi di sottufficiale progetta le nozze con la fidanzata Valeria. E’ nominato al servizio di scorta dell’onorevole Moro come capo equipaggio. Muore a 30 anni.

Raffaele Iozzino , Agente di Polizia (Medaglia d'Oro al Valor Civile il 16 febbraio 1979). Nato a Casola (Na) nel 1953. Si arruola in Pubblica Sicurezza nel 1971, frequenta la scuola di Alessandria ed è successivamente aggregato al Viminale e quindi comandato permanentemente al servizio di scorta dell'On. Moro. Muore a 24 anni.

Giulio Rivera , agente di Polizia (Medaglia d'Oro al Valor Civile il 16 febbraio 1979). Nato a Guglionesi (Cb), nel 1954. Si arruola nella Pubblica Sicurezza nel 1974. Muore a 24 anni.

Domenico Ricci Nato a Staffolo, Ancona, nel 1934, morto in via Fani il 16 marzo 1978. Nel 1954 si arruola nell’Arma dei Carabinieri e inizia il corso presso la Scuola allievi carabinieri di Torino. Nel 1957 viene assegnato alla scorta di Moro. Nel 1966 si sposa dopo 10 anni di fidanzamento. Ha due figli. Muore a 44 anni.

Oreste Leonardi , Nato a Torino nel 1926. Istruttore alla Scuola Sabotatori del Centro militare di paracadutismo di Viterbo, è stato per 15 anni la guardia del corpo di Moro. Lascia una moglie, Ileana Lattanzi, e due figli, Sandro e Cinzia. Muore a 52 anni.





 



sabato, marzo 13, 2021

Brigadiere di polizia Giuseppe Ciotta

 


12 marzo 1977

Brigadiere di polizia Giuseppe Ciotta

Torino


Era l'alba del 12 marzo del 1977, Giuseppe Ciotta, 28 anni, sposato con un figlio di due anni, brigadiere della polizia in forza all'ufficio politico della Questura di Torino stava uscendo di casa per andare in ufficio. Era in Via Gorizia angolo Via Benevagenna , sale sulla sua utilitaria, una 500 rossa, si siede al volante e sta metterla in moto quando improvvisamente un killer armato si avvicina, lo sta aspettando in strada, molto probabilmente non conosce di persona il giovane brigadiere perche altri terroristi su una 128 verde gli hanno indicato chiaramente la vittima, il sicario si fa sotto , estrae una calibro 38 con il calcio dell'arma manda in frantumi il cristallo della vettura , Ciotta in modo istintivo si china sul volante per ripararsi dalle schegge di vetro, intuisce cosa per sta per accadere e la sua mano corre ad impugnare la sua pistola di ordinanza ma non ce la fa ad estrarla perchè il terrorista lo colpisce con cinque pallottole in rapida successione, dalla autopsia si comprenderà che solo il secondo risulterà mortale in quanto lo raggiunge al cuore. Fatto ciò l'assassino sale sulla 128 verde, rubata quasi un mese prima che si immerge nel traffico.

L'attentato fu rivendicato in un volantino lasciato presso un cippo Torino Esposizioni, da una sigla poco conosciuta, le brigate combattenti, in seguito assorbite in Prima Linea.

Ciotta era un ottimo poliziotto, buono ed umano , spesso nei suoi servizi presso le facoltà era riuscito con la sua grande umanità ad intrattenere cordiali rapporti con i giovani universitari evitando durante le proteste giovanili inutili conflitti con la polizia. Indubbiamente Ciotta era un facile bersaglio, molto legato alle sue abitudini e agli orari che rispettava in modo istintivo, è stato facile per i suoi assassini pedinarlo e pianificare il suo omicidio. Quello di Ciotta fu il primo omicidio terroristico di un servitore dello stato in uniforme a Torino per rappresaglia verso le forze dell'ordine in quanto Ciotta aveva contribuito alla disarticolazione del gruppo storico delle BR. L'esecutore dell'omicidio fu identificato in Enrico Galmozzi, condannato in via definitiva per questo omicidio, attualmente libero e molto attivo sui social, molto noto anche per le sue minacce rivolte a Matteo Salvini.

venerdì, marzo 12, 2021

Sergio Ramelli

 


Sergio Ramelli

aggredito il 13 marzo 1975

Milano


“Vedemmo Sergio Ramelli che posteggiava il motorino. Attraversammo la strada, mi vide e io vidi lui, pochi attimi in cui capii che avevo di fronte un ragazzo, non un simbolo ma nascosi la mia coscienza e andai avanti lo stesso, poi l'aggressione, Ramelli si coprì la testa con le mani e mi trovai di fronte al suo volto, ma non volli colpirlo lì, avevo paura di sfigurarlo, così con un braccio gli spostai le mani e con l'altro gli diedi un colpo alla testa, Ramelli cercò di scappare, incespicò nel motorino e cadde, caddi anche io e lo colpii ancora e ancora, non so dove.

Sentìì una donna gridare da una finestra e anche Ramelli gridava e allora scappai.”

Questa è la deposizione di Marco Costa, attualmente medico all'epoca studente di medicina, mentre ricostruisce davanti alla corte la spedizione punitiva contro il giovane Sergio Ramelli colpevole di essere attivista del Fronte della Gioventù, Costa invece era in A.O. Autonomia Operaia, indica alla corte la chiave inglese con cui ridusse in fina di vita Ramelli, un oggetto di ferro lungo quasi 50 cm. e pesante più di un chilogramma. Un'ultima considerazione di Costa: non pensavo che una chiave inglese potesse uccidere ! Si sbagliava, eccome.

Ramelli aveva solo 18 anni, era uno studente dell'ITIS Molinari , aveva degli ideali ed era fiduciario del Fronte della Gioventù, ebbe il coraggio di scrivere un tema in cui condannava le BR per le loro azioni scellerate ed omicide, il tema fu esposto in bacheca e il giovane subì un vero e proprio linciaggio morale che culminò in una feroce e vile aggressione, uno contro il branco , non ebbe scampo. Rimase a terra sanguinante sino a quando un passante attivò i soccorsi, Sergio fu portato in urgenza all'Ospedale Maggiore dove fu operato per cinque lunghissime ore, nonostante le lesioni gravissime a livello celebrale riuscì a rimanere in vita per 48 giorni fino al 29 aprile 1975 quando si spense. Neppure il suo funerale ebbe pace, i soliti compagni lanciarono minacce molto precise, quindi feretro dovette essere trasferito quasi in segreto a causa del clima di intimidazione che era stato instaurato. Ramelli fu uno dei tanti giovani di destra che ebbero il coraggio di manifestare i loro ideali e che pagarono con la vita per questo. Ci furono delle indagini orientate negli ambienti di estrema sinistra e dei rinvii a giudizio con dei processi che si conclusero con delle condanne, risibili a fronte della vita di un giovane che praticamente non ha prezzo,Costa condannatoa 11 anni e 4 mesi, Ferrari Bravo 10 anni e 10 mesi, Colosio 7 anni e 9 mesi, Belpiede 7 anni, Castelli 7 anni e 3 mesi. Si trattava di soggetti di famiglie benestanti che andavano agli agguati e alle spedizioni punitive con la spyder e con gli abiti firmati su cui indossavano l'eskimo con la chiave inglese nel tascone. Sergio Ramelli di fronte a questi soggetti brilla di una unicità perfetta, un ragazzo così giovane e così coraggioso, un martire in tutta la sua grande umiltà.



Giuseppe Letizia

 

Giuseppe Letizia

11 marzo 1948

Corleone

Giuseppe era un giovanissimo pastorello che come ogni giorno portava il suo gregge di pecore a pascolare nelle campagne attorno a Corleone , feudo di mafia appunto dei corleonesi, un gruppo fra i più feroci della stessa Sicilia.

La notte precedente il ragazzino che custodiva due muli e dormiva in una stalla nella campagna ebbe modo di assistere al feroce massacro di un giovane contadino nonché sindacalista, Placido Rizzotto, un uomo coraggioso che si era sempre opposto alla mafia agraria, che in quella zona aveva come capo riconosciuto Michele Navarra di professione medico ospedaliero, chi commise l'omicidio di Rizzotto, fu un altro crudele mafioso , Luciano Liggio il quale si accorse di essere incappato in un testimone, il giovane Giuseppe Letizia.

Il giorno successivo il povero Giuseppe fu colpito da una febbre altissima, nel delirio che ne seguì il bimbo disse tra le varie frasi incoerenti di aver assistito all'omicidio di un giovane contadino. Purtroppo per lui nel reparto dove fu ricoverato era in servizio proprio Michele Navarra, che molto probabilmente comprese di avere fra le mani un pericoloso testimone e il giorno stesso l'adolescente morì, secondo la tesi ufficiale di tossicosi ma alcune ipotesi danno per certo il suo avvelenamento con una iniezione letale. La mafia non ha alcun rispetto per la vita umana neppure se si tratta di adolescenti.

Giuseppe Letizia fu uno dei primi adolescenti ad aessere assassinato dai mafiosi, altri bimbi furono assassinati dai siciliani del disonore anche con modalità bestiali e stupidamente feroci.

giovedì, marzo 11, 2021

Giuseppe Tavecchio

 


Giuseppe Tavecchio

11 marzo 1972

Milano


Giuseppe Tavecchio è un pensionato , ha 60 anni, vive la sua tranquilla vita a Milano, vedovo da circa un anno si è risposato, è una persona serena che non ha mai avuto altro interesse al di fuori del lavoro e della persona con cui vive, non ha alcun interesse di natura politica.

Quel giorno in centro a Milano c'erano degli scontri molto violenti tra estremisti di sinistra e un reparto celere della polizia, Tavecchio era uscito da casa per andare in una macelleria a comprare della carne, stava tornando a casa, giunto all'angolo tra Via Manzoni e Piazza della Scala, si trova nelle adiacenze di questi scontri, da una parte i dimostranti lanciavano sassi e bottiglie molotof contro la polizia che rispondeva con il lancio di candelotti lacrimogeni, mentre stava per scendere dal marciapiede per attraversare la strada Giuseppe Tavecchio è colpito in pieno volto da un candelotto sparato ad altezza d'uomo da uno degli agenti.

Il pensionato crolla a terra , è una maschera di sangue, perde conoscenza , soccorso da una ambulanza è trasportato al policlinico dove entra in coma e muore in appena tre giorni.

Quest'uomo è la classica vittima al di sopra di ogni ideologia, onesto lavoratore per anni, muore per tragica fatalità solo perchè si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La sua morte cadrà nell'oblio, dimenticato da tutti, dallo Stato perchè ucciso casualmente da un agente, dai dimostranti di sinistra perchè non era lì a spaccare vetrine, dai giornalisti perchè la sua morte non faceva notizia.

Tavecchio sarà ricordato ed onorato solo dalla propria famiglia, nessuno oltre ai suoi famigliari parteciperanno al suo funerale. Insomma Tavecchio , che non ebbe neppure nozione di quello che gli accadde sarà colpevolmente dimenticato e rimosso forse perchè era una persona per bene, soltanto una persona per bene.

Il sequestro di Bruno Labate sindacalista CISNAL

 

Bruno Labate

12 febbraio 1973

Torino

Il sequestro di Bruno Labate, sindacalista provinciale dei metalmeccanici CISNAL, fu una delle prime azioni delle BR a Torino, in questo caso incruenta ma dall'alto valore simbolico, Labate, 30 anni, un giovane sindacalista di destra, fu seguito da alcuni elementi delle BR della colonna Torinese , raggiunto alle 9,30 in Via Biamonti, Borgo PO, qui aggredito, picchiato e sequestrato in un furgoncino che raggiunge la collina Torinese, qui in una cantina di una casa, verrà sottoposto a un serrato interrogatorio per cinque ore.

Poi dopo essere stato rapato ( come si faceva un tempo con le donne presunte spie dei Fascisti )privato dei pantaloni sarà lasciato in mutande, bendato, con del nastro adesivo sulla bocca e incatenato da un palo in Corso Tazzoli davanti ad una uscita dello stabilimento della FIAT , con un cartello appeso al collo in cui deliranti parole delle BR descrivevano questo gesto con la solita sintassi usata in queste orrende occasioni . Il povero Labate rimarrà alla gogna per più di un'ora, dileggiato dagli operai che uscivano ed entravano dallo stabilimento. In questo frangente alcuni aderenti alle BR volantinavano tranquillamente senza che nessuno chiamasse la Polizia.




Maresciallo Rosario Berardi

 

Maresciallo di Polizia Rosario Berardi

10 marzo 1978

Torino


Come tutte le mattine il Maresciallo di P.S. Rosario Berardi si sarebbe recato al lavoro presso il piccolo commissariato di Porta Palazzo, Torino, intorno alle 7,30 Berardi dopo aver preso il caffe con la moglie e aver salutato i suoi cinque figli, scese in strada , Via Manin e fece a piedi il breve percorso in direzione di Corso Belgio dove c'era la fermata del tram che lo avrebbe portato al suo commissariato, aveva la pistola , Beretta cal. 92, nel borsello, le strade erano trafficate e piene di gente che andava al lavoro e di studenti. La zona sembrava tranquilla , Berardi giunto alla fermata accese laq sua pipa e iniziò a fumare, a poca distanza da una 128 FIAT di colore blu, scesero tre uomini che si separarono e da direzioni diverse si avvicinarono al commissario, due ai fianchi armati di pistole mentre il terzo che imbracciava un mitra era di copertura. I due più vicini iniziarono a sparare al Maresciallo colpendolo con tre pallottole alal schiena, cadendo a terra Berardi tentò di proteggere il viso con le braccia, sempre i due terroristi continuarono nella loro opera colpendolo con altri quattro colpi alle braccia e al capo finendolo con una ferocia incredibile, il tutto avveniva mentre il terzo killer teneva a bada i passanti con i mitra. Compiuto lo scempio del maresciallo gli prendevano il borsello con arma di ordinanza e documenti, salivano sull'auto che li aspettava a motore acceso e scappavano.

Una mezzora dopo , in una telefonata anonima all'agenzia ANSA le Brigate rosse comunicarono di aver "colpito Berardi Rosario", l'ignoto telefonista comunicò che sarebbe seguito un "comunicato" più completo ed articolato.

Berardi era un ottimo investigatore e con le sue indagini aveva contribuito a disarticolare numerose colonne delle BR, aveva collaborato con il Commissario Antonio Esposito e con il Giudice Caselli all'arresto di pericolosi brigatisti rossi, per la sua attività era chiaramente nel mirino dei brigatisti che vedevano in lui un pericoloso avversario da eliminare, cosa che fecero puntualmente. Le indagini successiva identificarono nel terrorista armato di mitra Patrizio Peci, nei due esecutori materiali dell'assassinio Cristoforo Piancone armato di una Nagant M 185 e Vincenzo Acella che impugnava una Beretta 7,65 , alla guida della 128 blu c'era Nadia Ponti.

In seguito Dalla Chiesa arrestò Peci che in carcere, decise di collaborare chiarendo i particolari dell'omicidio di Berardi, di cui era responsabile la colonna Torinese delle BR "Margherita Cagol-Mara" , tutti i responsabili furono arrestati e condannati all'ergastolo che scontarono sino al primo decennio del XXI secolo in cui ottennero i primi benefici di legge.

Al Maresciallo Berardi fu concessa la medaglia d'oro al merito civile.

A differenza di Peci che si pentì e si dissociò , collaborando, gli altri tre non si sono mai pentiti ne dissociati e sono considerati irriducibili.