martedì, maggio 28, 2019

L'omicidio del panettiere di Pievetta


L'omicidio del panettiere di Pievetta
Fiore D'Altoè
11 febbraio 1944
Nel pomeriggio del 11 febbraio 1944, un gruppo di partigiani attraversarono la frazione di Pievetta, armati di tutto punto entrarono nel negozio del panettiere di un certo Fiore, per razziare farina e altri generi alimentari, non era la prima volta che avvenivano queste ruberie, inoltre compiute da persone che il panettiere conosceva molto bene sin da quando erano ragazzini, questa volta il panettiere si indignò, non poteva subire altre di queste predazioni , afferrò la prima cosa che aveva a portata di mano, una ramazza di saggina e ricorse uno di questi ladroni, lo raggiunse e lo bastonò sulla schiena con la scopa talmente forte che il manico si ruppe in due pezzi, il “patriota” si girò e gli sparò in piena fronte uccidendolo sul colpo, ladro e pure assassino per della farina .

sabato, maggio 18, 2019

l'omicidio del Sig. Albesano


L'omicidio del Signor Albesano
Bagnasco, Cuneo
Il Signor Albesano abitava in cascina, detta Dei Noccioli, in località Gerbioli di Bagnasco, una sera arrivarono presso la sua abitazione che era isolata, alcuni “patrioti”, il motivo era la presenza nella casa della sorella di cui questi soggetti volevano approfittare. Albesano era un uomo coraggioso che non piegava facilmente iniziò una violenta colluttazione con i componenti della banda, dopo aver subito i suoi pugni questi chiamarono altri loro compagni e “arrestarono” l'onestuomo per averli aggrediti e pestati , omettendo il motivo per cui egli si era difeso, lo portarono il località Prancisa di Pievetta e qui gli spararono , uccidendolo, solo perchè aveva difeso la sorella dai tentativi di uno stupro. Ovviamente non era finita, la vittima calzava delle scarpe nuove, uno dei suoi assassini se ne appropriò.


giovedì, maggio 16, 2019

la panda di Pievetta , CN.

Una banda di “patrioti insediata nella frazione di Pievetta, CN
Il capo era soprannominato Oreste con le gambe storte, fra gli altri banditi c'era un certo Mariolino da Ceva, quasi tutti provenivano dalle zone di Viola, Ceva e Battifollo, il vero capo si chiamava Dino Mora, molto noto per le razzie che compiva in zona , in particolare aveva sequestrato un camion con cui i suoi bravi giravano a compiere le loro gesta, sul radiatore del mezzo avevano applicato una stella rossa.
In una cascina di Ceva , lo stesso Mora aveva requisito una coppia di cavalli, li aveva attaccati ad un calesse e ci girava per le sue missioni, era stato soprannominato il calesse della morte. Chiunque giungesse a Pievetta doveva sottostare agli ordini iniqui di questi criminali che agivano sotto lo scudo della resistenza, ma di fatto erano veri e propri briganti.
Non solo furti ed omicidi ma anche stupri di donne: due sorelle del posto, di cognome Lentini dovettero subire le attenzioni sessuali della banda, poi vennero sequestrate in un sottoscala nella loro abitazione di via montegrappa, rasate a zero e con il capo verniciato di rosso minio e costrette a lavare i panni sporchi dei loro sequestratori e violentatori, obbligate a cantare l'inno “bandiera rossa”.
Altre due sorelle sempre di Bagnasco, le Tacchini dovettero subire anch'esse le attenzioni sessuali non perchè fossero fasciste ma solo perchè erano due belle ragazze. Tutto questo stato di cose continuò per mesi, finchè arrivò un distaccamento di partigiani Mauri che disarmarono i sedicenti patrioti e dopo un sommario processo ne fucilarono i capi, Dino Mora e Asteggiano .
I loro corpi furono mostrati alla popolazione presso il campo sportivo, dove le donne del posto ricordando le violenze subite sputarono sui cadaveri dei due predoni.
Robert Nicolick

venerdì, maggio 10, 2019

Quattro femminici nel 1945

Quattro ragazze di età diverse ma pur sempre vittime della barbarie dei cosiddetti patrioti che non ebbero per alcun rispetto per la loro vita, per la loro innocenza e per la loro dignità.
LINA MOLETI, GIUSEPPINA GHERSI, LE SORELLINE TURCHI, ANNA MARIA ARALDO




martedì, maggio 07, 2019

Il terribile caso di Anna Maria Araldo


Anna Maria Araldo
25 aprile 1945
Un altro caso Giuseppina Ghersi in Valbormida
Un martirio accuratamente nascosto e dimenticato



Era il 30 aprile 1945, quel pomeriggio il cane da pastore Noli, un cane eccezionale per intelligenza e per fiuto, stava accompagnando la sua padroncina Dalmira al pascolo con le bestie, non era solo il suo compagno di giochi ma anche il suo fedele accompagnatore in ogni dove.
Si era in frazione Croce nei pressi di Stevagni a Castelnuovo di Ceva, quel giorno, il cane mentre transitava accanto a dei campi arati, iniziò a dare segni di inquietudine e ad abbaiare, poi dopo aver attratto l'attenzione della sua padroncina, la pastorella Dalmira , corse al centro del podere arato e iniziò a scavare freneticamente, Dalmira incuriosita lo seguì e dopo circa un minuto capì il motivo agitazione del cane: da sotto le zolle di terra rimosse dalle zampe del pastore emersero dei capelli neri, poi un capo e quindi un visetto cereo di una adolescente.
Superato il primo istante di paura, Dalmira corse alla frazione Stevagni a cercare aiuto, alcuni uomini avvisati dalla ragazzina, corsero sul posto e iniziarono a scavare prima con decisione e poi con delicatezza, poco per volta emerse dalla terra ,il corpo diafano di una ragazzina, all'apparenza di non più di tredici anni, gli occhi chiusi, con un foro di pallottola alla nuca, completamente nuda.
I contadini pietosamente avvolsero il piccolo corpo senza vita in un lenzuolo bianco e a braccia lo portarono alla frazione, con il cuore attanagliato dal dolore per una morte così assurda.
Fu composta nella piazzetta del paese e qui ricevette la benedizione dal parroco, poi arrivò la mamma a riprendersela, la povera madre non aveva più lacrime.
Chi era la piccola ritrovata nel podere ? Anna Maria Araldo era il suo nome, di appena tredici anni ne avrebbe compiuto 14 il mese successivo alla sua morte, la sua famiglia viveva di agricoltura e lei era l'ultima di cinque figli in una famiglia patriarcale, le cui radici erano a Saliceto.
Quindi la piccola Anna Maria viveva tranquillamente con i suoi famigliari a Stevagni in una casa colonica, viveva di giochi, di lavori domestici e di tutte quelle cose che fanno le adolescenti ma in quel periodo l'odio, la violenza dilagava in quelle terre, pochissimi giorni prima una banda di “patrioti” aveva fucilato sette persone di Castelnuovo di Ceva, con la solita accusa di essere fascisti, poi avevano depredato i cadaveri delle scarpe e dopo averle calzate erano andati a festeggiare. Sul cadavere della adolescente c'era evidenti segni di violenza sessuale, i suoi assassini prima di toglierle la vita l'avevano anche stuprata.
Secondo alcune testimonianze la piccola venne prelevata a casa usa sa tre partigiani, in seguito fu vista transitare per l'abitato di Castelnuovo di Ceva, assieme ad alcuni prigionieri repubblichini e Tedeschi la sera di mercoledì 25 aprile 1945, sotto scorta di un gruppo di partigiani armati, in quel frangente, due dei partigiani chiesero ad un contadino, tale Giavanni Battista Zunino, una pala e un piccone che , a loro dire sarebbero serviti per sistemare un sentiero che conduceva a Montezemolo, in realtà servirono per scavare una buca dove nascondere il cadavere della piccola Anna Maria , si trattava di una infamia già programmata come lo era sicuramente il suo stupro.
Un altro contadino di nome Placido, impensierito per la sorte bimba prigioniera e come assalito da un presentimento, chiese ai partigiani se per caso avevano intenzione di farle qualcosa di male , ma loro risposero di stare tranquillo che la stavano accompagnando a casa, in realtà avevano in mente altri gesti infami.
Fu un gesto turpe come tanti che avvennero in quel periodo a danno di giovanissimi e innocenti che non avevano alcuna colpa.
Uno dei responsabili della piccola Anna Maria Araldo, un partigiano di Roccavignale, ebbe in seguito una figlia, anche lei avrà compiuto 13 anni, ebbene come si sarà sentito a guardare la sua progenie e a pensare che lui ed altri come lui, avevano violentato e assassinato una bimba di quell'età ? Francamente non riesco ad immaginare il suo stato d'animo.
Questo gesto fu impresso assieme ad altri nella memoria dei ragazzini di quei tempi ora anziani che non riescono a scacciare l'orrore dalla mente per un delitto senza giustificazioni, compiuto da sedicenti patrioti che in realtà erano belve senza patria. Secondo alcuni la ragazzina per raccogliere qualcosa da mangiare serviva alla mensa del piccolo presidio repubblichino e per questo subì quello che subì secondo altri qualcuno le aveva messo gli occhi addosso e voleva approfittare di lei ma davanti al suo rifiuto ne decretò la morte dopo averla presa con la forza. Il corpicino della giovanissima martire, fu sepolto all'interno del cimitero di Castelnuovo sotto una croce senza nome per difenderla dall'odio che l'aveva uccisa e che avrebbe potuto perseguitarla anche da morta.

Pochi anni fa un gruppo di persone dall'animo gentile e mossi da Cristiana pietà, vollero ricordare questa piccola vittima delle barbarie, con una targa posta proprio sul sentiero che Anna Maria dovette percorrere con i suoi carnefici sino al martirio.
La targa oltre ad una foto della bimba, riporta le seguenti parole “ Araldo Anna Maria di anni 13 qui violentata ed uccisa dal branco il 25 aprile 1945” nulla di più ma è già abbastanza. Un artista ha voluto anche creare un video su questa cosa e qualcuno tutti gli anni , nella data della suo assassinio va a deporre silenziosamente dei fiori sulla targa a poca distanza da dove il branco fece quello che fece.

Roberto Nicolick





domenica, maggio 05, 2019

il Campo dell'Onore di Alessandria

Anche Alessandria e provincia furono teatro di esecuzioni sommarie di centinaia di militi e civili che avevano aderito alla RSI, molti di loro ma non tutti ovviamente, sono raccolti in questo angolo di cimitero. Altri sparirono senza lasciare traccia occultati chissà dove dai loro assassini e altri ancora, pochi, furono trovati un po ovunque dai loro parenti che con mano pietosa ne misero i resti in una valigia e li trasportarono a casa, dove furono inumati nella cappella di famiglia , in questo modo almeno furono liberati dall'oblio a cui li avevano condannati i loro assassini.