mercoledì, dicembre 31, 2008

LA PISCINA SCOPERTA DI SAVONA










La grande ferita della piscina scoperta

Anche questo fine d’anno, migliaia di Savonesi, andranno nel porto, per assistere agli spettacoli degli showman assortiti, per brindare all’anno che viene e per sperare in un futuro migliore per la loro citta’.
Citta’ che sta regredendo nella classifica nazionale della qualità della vita.
Al di là delle parole, a imperituro ricordo delle promesse , mai mantenute, dei bei proponimenti inevasi, e’ sotto gli occhi di tutti, una delle piu’ grandi ferite inferte alla città di Savona, al suo essere sportiva e ai suoi figli migliori: la enorme bruttura del cantiere della piscina scoperta di Corso Colombo.
Questo disperato vulnus, infetta una delle aree verdi piu’ grandi di Savona, proprio a fronte mare. Migliaia di metri quadri di degrado perimetrali da reti cadenti e malconce, montagne di detriti, mezzi meccanici edili abbandonati, gru che svettano malinconicamente , verso il cielo arrugginendo.
E nel centro di questo degrado , come una perla in un’ostrica, la vasca, sul cui fondo ristagna uno spesso strato di fango putrido, coperto da pochi metri di acqua marcia. Sulla superficie dell’acqua scura , reti metalliche lanciate in vasca, ciambelle arancioni, galleggiano in una farsa di un improbabile salvataggio in mezzo a rifiuti di ogni genere .
Su queste acque luride si specchia un intero quartiere, che si interroga sul perché di questa situazione di abbandono e di incuria civile e sociale.
Sugli spalti , un tempo occupati da centinaia di tifosi entusiasti e dalle telecamere che riprendevano i successi sportivi di una grande squadra di pallanuoto, solo grigio cemento, vuoto civile e sociale oltreché materiale, degrado e pochissimi sedili arancioni.
La maggior parte dei sedili di plastica sono spariti.
Questa piscina, questo grumo di degrado in avanzato stato di decomposizione, rappresenta il solito insulto alla intelligenza dei cittadini, narcotizzati da promesse elettorali, sparite dopo le elezioni comunali .
Due sindaci , di sinistra, hanno promesso solennemente che avrebbero risolto il problema. Pluriennale, di far avere a Savona, una piscina per la sua squadra…ecco il risultato : degrado, disordine, immondizia, detriti, spazi enormi abbandonati a beneficio dei balordi e del disordine urbanistico.
Stanotte mentre tutti brinderanno festanti , nel porto di Savona, alla luce dei fuochi artificiali, il buio farà compagnia a uno dei tanti fallimenti della città di Savona e delle giunte di sinistra che l’hanno governata.

Roberto NICOLICK





martedì, dicembre 30, 2008

ORRIBILE LASCIARE MORIRE GLI STAMBECCHI DI FAME



Rivolta contro i guardaparco
CARLO GRANDE
TORINOGli uomini del Parco nazionale del Gran Paradiso e il veterinario del Parco, Bruno Bassano, sono stati chiari: «Chi visita l’area protetta in questo periodo non si stupisca di trovare animali in difficoltà nei fondovalle: non disturbateli, non cercate di interagire ad esempio dando loro da mangiare, perché questo non li aiuterebbe. Anche se può sembrare crudele, bisogna accettare questa forma di selezione naturale». Allarme rosso, dunque: l’inverno, come ha scritto ieri La Stampa, farà strage di animali sulle montagne. Pensando ai disagi e alle fatiche solite dei montanari, quello degli animali può essere un problema secondario. Ma incontrare un capriolo in difficoltà, un camoscio, o una volpe, e non aiutarlo è comunque un atteggiamento che ripugna a chiunque abbia un minimo di sensibilità. «Non condivido il “dovere“ di accettare la teoria naturalistica della riserva, creata e gestita dagli interessi dell’uomo - ha scritto Anna Maria alla Stampa - L'inverno con molta neve fa spostare gli animali, cercano aiuto e chi trovano? Dei teorici che li lasciano morire di fame. Mi dicono che caprioli, madre e figli, stanno sul bordo di una pista da sci, per fame, a guardare gli umani divertirsi. Aspettano cibo. Gli animali sconfinano, per sopravvivere, sono in ogni caso in balia dell’uomo, aiutiamoli». Che fare, se ci troviamo davanti una volpe, un camoscio che muore? «In un ambiente protetto – sottolinea il veterinario Bruno Bassano - gli unici fattori di regolazione dei selvatici sono rappresentati proprio dalla riduzione stagionale degli alimenti, dai predatori e dalle malattie. In poche parole, ogni volta che abituiamo un animale ad alimentarsi col nostro cibo facciamo del bene all’individuo singolo ma andiamo contro i meccanismi della selezione naturale. Dunque volpi, stambecchi, camosci, eccetera, non devono ricevere il nostro aiuto se non in particolari circostanze, decise per un fine di conservazione». Gabriele Salari, scrittore ambientalista, è perplesso: «Nella mia esperienza, osservando i forestali, posso dire che la cerva Jona, il cerbiatto Fiore e tanti altri ungulati sono stati salvati da morte certa dai forestali nei nostri parchi...». Addirittura «inferocito» lo scrittore e viaggiatore Paolo Rumiz: «Tutta questa inflessibilità nei confronti degli animali! Perché nessuno si preoccupa della falcidia del primo animale della montagna, l’uomo? Abbiamo ogni tipo di animale invasivo, in quota: bestie costruttrici di piste dove la neve non arriverà mai salvo quest’anno eccezionale, ladri di fiumi e sorgenti, criminali che lasciano piloni di skilift abbandonati e alberghi a pezzi come in Libano, dopo aver finito con le speculazioni immobiliari. Allora voglio licenza di caccia contro questa gente per ripristinare una selezione naturale e non artificiale sulla montagna». Giorgio Celli è etologo e animalista. «E’ dilemma pascaliano - dice - E’ vero, bisogna lasciare che la selezione naturale faccia il suo corso, ma l’uomo ha inventato la pietà...”. Celli tentenna: “Certo, Darwin, la lotta per la vita...Ma se un piccolo di camoscio viene giù e ha fame, l’impulso più elementare per l’uomo è aiutarlo...Io lascerei la scelta ai singoli...Guardi, sarò spudorato: se incontro un piccolo di camoscio io lo nutro».


Da La Stampa del 30 dicembre 08.


giovedì, dicembre 25, 2008

MENTRE FESTEGGIAMO IL SANTO NATALE























































































Mentre i nostri bimbi scartano gioiosi i loro regali di Natale, mentre tagliamo il panettone, mentre brindiamo all'anno prossimo venturo...pensiamo un attimo, solo un attimo ai bimbi di tutto il mondo, molto meno fortunati dei nostri.....e.........preghiamo silenziosamente.....






















lunedì, dicembre 22, 2008

BUON NATALE 2008


UN FELICE SANTO NATALE A TUTTI I VISITATORI DEL MIO BLOG



IL SALUTO NAZISTA

Il saluto nazista, conosciuto in Germania durante la seconda guerra mondiale anche come Hitlergruß ("saluto di Hitler", in tedesco) o Deutscher Gruß ("saluto tedesco"), è una variante del saluto romano, adottato dal partito nazista come segno di lealtà verso il leader Adolf Hitler.
Venne adottato seguendo l'uso dei seguaci del fascismo ed altri movimenti di massa dell'epoca. Il saluto nazista divenne l'incarnazione del culto della personalità di Hitler diffuso in tutta la Germania. Il braccio destro veniva alzato ad un angolo di circa 45 gradi rispetto al torso, ed era quasi sempre accompagnato dall'esclamazione ad alta voce della frase Heil Hitler!; davanti ai superiori bisognava anche battere simultanemante tra loro i tacchi. Durante i comizi e le manifestazioni questo gesto era anche accompagnato dall'urlo ritmico della folla Sieg Heil.

I fascisti italiani associavano il saluto alle tradizioni dell'antica Roma; Hitler ed il capo delle SS Heinrich Himmler credevano invece che esso fosse nato nelle riunioni del popolo germanico. Hitler considerava il saluto una dimostrazione dello spirito guerriero dei Germani, mentre Himmler lo credeva una variante del gesto di giuramento, fatto con una lancia sollevata. Questa spiegazione è confermata dagli storici, che hanno dimostrato che durante l'insediamento di un nuovo re presso i Germani, venivano compiuti dei gesti similiLe illustrazioni che ricostruiscono tali eventi e che mostrano il saluto risalgono ad una data precedente alla metà del XIX secolo. Anche la moderna Enciclopedia Brockhaus sostiene la stessa tesi, affermando che il saluto nazista deriva dal cerimoniale di incoronazione dei primi re germanici medievali, assieme all'esclamazione Heil.
Secondo la versione nazista della teoria ariana, anche i sovrani dell'antica Roma provenivano dall'Europa del Nord; così, dal loro punto di vista, era come aver riportato il saluto da Roma alla Germania.
Negli anni del Terzo Reich, dal 1933 al 1945, il saluto di Hitler era quello più comune. Heil Hitler! (Salute, Hitler!) veniva usato quando il saluto era indirizzato direttamente ad un altro cittadino tedesco, oppure, nelle Waffen-SS, ad un ufficiale di rango superiore. Hitler preferiva Heil, mein Führer! oppure un semplice "Heil!".
Sieg Heil! ("Salve vittoria!") era uno slogan nazista molto comune; veniva ripetuto solitamente tre volte durante i comizi, specialmente dopo i discorsi di Hitler.
Hitler stesso usava spesso il saluto ma, usandolo soprattutto in risposta ad un saluto, egli adottava frequentemente una versione modificata del saluto con il braccio piegato all'altezza del gomito ed il palmo della sua mano piegato indietro verso la spalla.
Dopo il complotto del 20 luglio 1944, alle forze armate del Terzo Reich venne ordinato di sostituire il tradizionale saluto militare con il saluto hitleriano: l'ordine divenne esecutivo il 24 luglio 1944, quattro giorni dopo l'attentato di Rastenburg. Precedentemente, nell'esercito tedesco il saluto era facoltativo

IL SALUTO ROMANO


Il saluto romano, così detto perché si ritiene fosse stato in auge in epoca romana, è una forma di saluto utilizzata nel periodo fascista, che prevede il braccio destro teso in avanti-alto con la mano tesa aperta leggermente inclinata in alto rispetto all'intero braccio. La cinematografia e la tradizionale iconografia hanno diffuso altri tipi di gesti di saluto: il saluto detto legionario che consiste nel battere virilmente il pugno o la mano destra tesa sul petto (usato in parte ancora oggi in certe forme di "presentat'arm" militare), ed il saluto detto gladiatorio, consistente nell'affiancare l'avambraccio destro di chi saluta a quello di chi si vuol salutare e scambiarsi una reciproca stretta al di sopra del polso. Quest'ultimo è tutt'ora usanza diffusa in molti ambienti di estrema destra.

ALCUNE NOTE STORICHE SUL SALUTO A PUGNO CHIUSO COMUNISTA


Il saluto nasce tra il 1923 e il 1924 in Germania in contrapposizione al saluto romano adottato dai nazisti. La Rotfrontkampferbund (lega dei soldati rossi di prima linea - RFKB o RFB) ne fa il proprio emblema). La RFKB è un'organizzazione paramilitare del Partito Comunista Tedesco (KPD) nata dalle ceneri delle Proletarischen Hudertschaften (Centurie Proletarie), che dopo il fallito tentativo rivoluzionario comunista, il cosidetto "Ottobre tedesco" (1923), vengono proibite in tutto il territorio della Repubblica di Weimar. Dunque è tra la fine del 1923 e l'inizio del 1924 che nasce il pugno chiuso come saluto militante. I combattenti del RFB si salutavano con il braccio destro ripiegato verso il fianco e il pugno piegato come fosse pronto a sferrare un colpo. Il saluto nel volgere di poco tempo si modifica e attorno al 1925 il pugno destro viene sollevato all'altezza della spalla con il gomito piegato. Il saluto comunista si estende dai membri della RFKB ai semplici militanti, verrà ulteriormente modificato nel periodo del Fronte Popolare in Francia e della Guerra di Spagna con il pugno destro che viene portato all'altezza delle tempia. Il pugno chiuso diventa anche il simbolo delle Brigate Internazionali dei volontari che combattono contro il generale Franco. Verso la fine della guerra di Spagna si tornerà al saluto che già abbiamo visto. Il saluto con il pugno chiuso in Italia, dove c'é il più forte partito comunista dell'europa occidentale, resterà il braccio destro piegato fin verso la metà degli anni '60. I funerali di Togliatti, 1964, in cui molta parte dell'immensa folla distenderà il braccio destro piegato, indicheranno come il braccio disteso riprenda la sacralità del saluto militare iniziale.. . Proprio gli studenti, verso la fine degli anni '60 apportano un'altra modifica al saluto: sempre più spesso viene usato il braccio sinistro. L'uso del braccio sinistro si stabilizza alla metà degli anni '70 in Italia: oggi è decisamente il più diffuso. Il saluto con il pugno chiuso conserva a tuttoggi intatto tanto il suo carattere marziale iniziale, quanto la funzione di rinserrare i ranghi nelle manifestazioni,

giovedì, dicembre 18, 2008

IL FEROCE MASSACRO DEI DELFINI BALENA ALLE ISOLE FAOER , LA CIVILE, MANCO PER IL CAZZO DANIMARCA....














Quando i delfini balena si avvicinano alle isole Far Oer della Danimarca è un giorno di festa. Le scuole chiudono e i bambini si recano in spiaggia insieme ai genitori. La popolazione, vestita con i costumi tradizionali, si appresta a ricevere i cetacei.






I delfini balena arrivano in gruppi, molte femmine con i piccoli. Sono animali socievoli, curiosi e non hanno timore dell'uomo. E' il grande spettacolo di autunno per gli isolani. In motoscafo spingono le balene nelle baie dove l'acqua è poco profonda.






Quindi si avvicinano con fiocine di due chili e le piantano più volte nelle carni degli animali finchè non li hanno immobilizzati. I carnefici delle Far Oer possono allora estrarre i coltelli da 15 centimetri e tagliare grasso e carne viva per trapassare la spina dorsale. I piccoli danesi applaudono mentre le balene gridano. Non lo sapevate? Le balene gridano come gli esseri umani quando sono macellate. L'acqua acquista un bel colore rosso sangue. 2.000 balene sono trascinate sulla riva dai coraggiosi abitanti delle Far Oer per essere lasciate agonizzare. La maggior parte marcisce ed è ributtata a mare






Il delfino balena è una specie protetta e non si conosce il numero di esemplari ancora esistente.Invito i lettori del blog a non recarsi in vacanza nelle isole Far Oer o a comprare prodotti danesi fino a quando questo ignobille massacro durerà.Inviate una mail alla regina di Danimarca per chiederle di intervenire e promuovete questa iniziativa sul vostro blog.



dal blog di Beppe Grillo










SAVIANO : centro sinistra connivente


Al di la' delle attuali vicende, una cosa va detta, che il sentro sinistra, avesse delle relazioni con la criminalita' organizzata lo si sapeva da circa dieci anni. Non a caso la Campania e la Calabriafeudi del sentro sinistra, hanno il record per crimini di questo tipo.
Roberto Saviano

domenica, dicembre 07, 2008

FESTA DELL'ALBERO E FESTA ALL'ALBERO





Albero devastato

Stamane percorrendo a piedi Corso Tardy e Benech, nel quartiere Oltre Letimbro di Savona, ho visto quest’albero di piccolo fusto, con una terribile e vastissima devastazione sulla corteccia, fatta con strumenti taglienti ed affilati.
Una cosa orribile a vedersi, qualcuno ha voluto tramandare la propria insensibilità nei confronti dell’ambiente con questo intaglio in un albero, inerte ma vivo, purtroppo immobile, proprio una azione di cui andare fieri.
A questo punto faccio qualche piccola riflessione : lo scorticamento di quest’albero e’ stato , visti i danni, lungo e laborioso, in una via trafficata da auto e pedoni, accanto ad esercizi commerciali frequentati, possibile che nessuno se ne sia accorto ?
A circa 30 passi, c’e’ la sede del vigile urbano con funzione di cursore. Non ha visto nulla ? E’ almeno al corrente del danno inflitto a questo albero? Ha provveduto a chiedere in giro se qualcuno sa nulla di questo vandalismo ?
Di fronte ci abita un consigliere comunale , anche lui non ha visto nulla ?
A brevissima distanza c’e’ una sede di circoscrizione in Via De Amicis, nessuno dei frequentatori della circoscrizione, si accorge di nulla ?
Forse sono tutti presi in faccende più importanti, e un povero albero, che dovrebbe fare parte dell’arredo urbano non ha molta voce in capitolo.
Auguro all’ignoto vandalo quando dorme di avere un incubo: qualcuno , sul suo torace, dopo averlo immobilizzato, gli faccia con un coltello, un bel lavoro di intaglio…che sia solo un incubo, ovviamente, non come una realtà , che si può vedere in Corso Tardy e Benech a Savona, quartiere dell’Oltre Letimbro

sabato, dicembre 06, 2008

PRESENTAZIONE DEL LIBRO



Presentazione ufficiale del Libro
“39 biglietti di sola andata”

Mercoledi’ 10 dicembre presso la sala della Societa’ Operaia Cattolica di Savona , in Via Famagosta, alle ore 17,30, l’Autore del libro sulla strage di Cadibona, Roberto Nicolick, presentera’ ufficialmente il libro dal titolo” 39 biglietti di sola andata”. Il testo tratta in forma di reportage, un fatto realmente accaduto nel maggio del 45, sul colle del Cadibona, dove 39 prigionieri repubblichini furono fucilati in modo arbitrario e sommario da una formazione partigiana.


INTERVISTA A TELEGENOVA




INTERVISTA A TELEGENOVA, SUL LIBRO "39 BIGLIETTI DI SOA ANDATA", ANDRA' IN ONDA IL GIORNO 11 DICEMBRE ALLE 19,45




A PROPOSITO DI GILBERTO IL GABBIANO DISPERSO-DA IL GIORNALE


lunedì, dicembre 01, 2008

GILBERTO IL GABBIANO DISPERSO



Gilberto, il gabbiano disperso…

Questa e’ una bella storia, con un lieto fine, fatta di buoni sentimenti , disponibilità e bontà d’animo.
Una soria che vede un animale in gravi difficoltà e due umani che lo aiutano…

Una mattina di luglio, dell’anno in corso, a Savona, Flavio ed Eleonora, una coppia che gestisce un chiosco, sulla spiaggia libera di Savona, alla foce del torrente Letimbro, trovano un piccolo di gabbiano, il volatile era debole , con un’ala spezzata, malconcio…sbattuto dalle onde del mare sull’arenile, come un relitto di un naufragio

Gli spazzini che quella calda mattina di luglio stavano pulendo l’arenile, lo videro anch’essi,, ma pensarono che fosse morto ed andarono oltre. Invece Flavio ed Eleonora, persone molto tenaci non nuovi a questo genere esperienze , lo raccolsero, lo ripulirono e nelle loro mani, il piccolo diede subito segno di vita. Aveva un’ala completamente spezzata…

Il gabbiano , chiamato da subito Gilberto, era evidentemente stato perso o abbandonato dalla madre, forse era caduto dal nido e vista la giovanissima età non era stato capace di ritornarci, comunque era debolissimo, ferito un po’ in tutto oltre alla frattura dei uno dei suoi arti piu’ importanti, con poche piume…ma , circondato, una volta tanto, da affetto e cure immediate, decise di non morire e con l’aiuto della coppia iniziò la sua lotta per la sopravvivenza.

Con moltissima pazienza e con tantissimo amore, a turno, mentre uno era dietro al banco del bar, l’altra afferrava il gabbiano e lo nutriva. Gilberto era alloggiato nel retro del chiosco. Appena rimesso in forze, i due portarono il piccolo da un veterinario, specializzato nella cura dei volatili, che medicò l’ala ferita dell’animale, gli somministrò dei medicinali, le cure furono portate avanti con regolarita’ , per 52 giorni di seguito con grande disponibilita’ del medico e di Flavio ed Eleonora.

Piano piano ,il giovanissimo gabbiano riprese le forze, guari’ della ferita all’ala, e venne il giorno in cui , venne messo in un piccolo declivio a spiaggia e tento’ di decollare..inizialmente fu un fallimento, poi poco per volta riusci’ ad alzarsi in volo e a veleggiare, un po’ come fanno i suoi colleghi…

La coppia che lo ha salvato, lo segue con attenzione nei giorni successivi, in tutti i suoi progressi. Addirittura Flavio, dopo aver visto Gilberto, volando a bassa quota, essere ghermito da un’onda del mare in burrasca, si e’ tuffato per andare a salvarlo, una seconda volta…e, ci e’ riuscito. Dal primo di settembre Gilberto e’ libero di andare dove vuole, ma e’ sempre in zona, sorvola la spiaggia dove, grazie a Flavio ed Eleonora e’ scampato alla morte ed e’ praticamente rinato

Insomma, e’ nata una bella amicizia, una simbiosi tra il gabbiano Gilberto da una parte e Flavio ed Eleonora dall’altra. E basta guardare gli occhi di queste due persone, quando guardano il loro protetto volare sempre piu’ in alto, per capire, quanto sia grande il loro cuore e quanto sia bella questa storia, una volta tanto reale.

Roberto Nicolick

Una graditissima telefonata di Gianpaolo Pansa



Poco fa ho ricevuto una graditissima telefonata di Gianpaopaolo Pansa, a cui ho inviato una copia del mio libro "39 BIGLIETTI DI SOLA ANDATA".

Lo scrittore - giornalista, ha letto con interesse e con piacere il mio paper back, con cui ha potuto completare la sua conoscenza su un episodio che aveva citato marginalmente in suo libro "Il sangue dei vinti". Mi ha incoraggiato a proseguire su questa strada, senza tenere conto delle minacce che ho ricevuto.

Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.