venerdì, gennaio 25, 2019

ancora sui Viglizzo


Il rapporto dei partigiani sul prelevamento dei Viglizzo Viglizzo

Da questo rapporto del distaccamento Astengo si nota un fatto interessante : i partigiani vanno in casa dei Viglizzo che abitano in una casa a Murialdo con l'intenzione di prelevare il capofamiglia Gio Batta e la figlia Giuseppina, ciò accade il 22 gennaio 1945, i due Viglizzo saranno uccisi sempre dagli stessi partigiani a Castelnuovo , il giorno 27, come affermano alcune pubblicazioni, oppure secondo il documento del distaccamento Astengo, il 28 dello stesso mese.
Comunque sia queste due persone rimangono in balia dei loro carcerieri per un periodo che va dai cinque ai sei giorni. E' chiaro che in questi giorni i sue poveretti devono aver subito di tutto, visto l'odio che animava il gruppo che li aveva prelevati. La povera Giuseppina, in particolare una giovane donna, di 28 anni, deve aver visto l'inferno e suo padre Giò Batta avrà assistito all'inferno che stava subendo la figlia. Tutto ciò per cinque o sei lunghissimi giorni e notti in mezzo a dei soggetti che si definivano “patrioti”.



Civetta di Gennaio 2019






lunedì, gennaio 21, 2019

la strage dei Viglizzo


L'eccidio di Giovanni Battista Viglizzo e della figlia Giuseppina

Murialdo ( SV ) gennaio 1945

Questa storia accaduta a Murialdo in Valle Bormida, nel gennaio del 1945 la dice lunga su quello che accadeva ai contadini, magari benestanti, per mano di partigiani che avevano potere di vita e di morte su tutti.
La cosa era semplicissima, bastava accusare chiunque di essere spie fasciste, prelevarli e portarli lontano e dopo una farsa di processo si passava alla esecuzione sommaria.
E' quello che è accaduto a Giobatta Viglizzo , anni 58 e a sua figlia Giuseppina di anni 28, residenti a Murialdo, prelevati dalla loro casa, portati nei boschi di Castelnuovo Ceva e qui fucilati.
Si presume che i loro sequestratori abbiano anche seviziato la giovane donna e poi la abbiano uccisa, tutti e due furono sepolti nella zona dove vennero uccisi.
Dopo l'eccidio, i solerti partigiani depredarono l'abitazione delle due vittime asportando venti quintali di vino, biancheria e tagli di stoffa pregiata da sartoria.
L'esecuzione sommaria fu compiuta da elementi della 6° brigata Nino Bixio, distaccamento Astengo.
Uno dei sequestratori ed omicidi, fu tale Piano Benigno di Murialdo, il quale disse che si trattava di una azione di guerra contro spie chiaramente fasciste e che il furto dei beni nella casa fu fatto in base alla “legge di montagna”.
La spoliazione dei beni fu eseguita senza riguardo verso la moglie di GioBatta e dei suoi due piccoli figli, Saverio di 8 anni e Deledda di 4, lasciati soli e senza la possibilità di sopravvivere.
Accade che il figlio maggiore di Gio Batta, Giuseppe Viglizzo, torna dal fronte dopo tre anni di assenza e apprende della morte del padre e della sorella, trova la casa svaligiata e la madre in stato di grave prostrazione con i due bimbi, Saverio e Deledda, denutriti e indeboliti.
Giuseppe nel 1946, a fronte di tutto ciò, presenta una denuncia alla Procura della Repubblica di Savona e chiede giustizia. Le indagini dei Carabinieri di Millesimo, non portano a nulla, tranne che a informazioni parziali e incomplete, solo nomi di battesimo o soprannomi : Antonio sarebbe il comandante della 6° Brigata, Enrico sarebbe il commissario Politico mentre il capo del distaccamento sarebbe un certo Elia, in seguito diventato comandante della polizia stradale di Savona.
Informazioni più complete sul “processo” a cui furono sottoposti i due Viglizzo, sono nell'archivio dell'ufficio stralcio della brigata partigiana che, guarda caso, andarono distrutti durante un rastrellamento dei nazi fascisti, che strano ? Questo era quello che i valorosi partigiani facevano nei confronti della gente indifesa.






giovedì, gennaio 17, 2019

un avviso dei partigiani , non divertitevi mentre noi ci sacrifichiamo


Avvertimenti
Non ci si deve divertire mentre i veri patrioti soffrono

Questo rapporto del Distaccamento partigiano Giacosa ha davvero dell'incredibile, però illustra la filosofia di questi soggetti e la visione della vita che hanno, il tutto sostenuto dalle armi che portavano.
Siamo a Murialdo, in frazione Almarossa, la data è indefinibile e imprecisa ma siamo nel periodo insurrezionale.
In quel sito ha luogo una festa danzante, come ce ne sono tante in balere di campagna, forse è l'unico modo che si ha di conoscere ragazze e di provare a divertirsi. Alle 21 arriva questo contingente di partigiani armi alla mano, che fermano tutto e che fanno un sermone ai presenti , nel quale li si rimprovera di divertirsi mentre “i migliori Italiani”, loro con i mitra, lottavano per una “società migliore” e inoltre sottolineavano lo “stridente contrasto” tra i “sacrifici degli uni “, sempre loro i valorosi partigiani, e la “spensierata allegria” degli altri, i giovani danzanti che assistevano “passivi all'evolversi della situazione nazionale “.
Ma non era finita a scopo pedagogico gli eroici partigiani costringevano alcuni dei giovani che poco prima danzavano a trasportare dei pesi per un tratto di qualche centinaio di metri. Insomma questi eroici combattenti della libertà avevano in sé un bel po' di stalinismo da manuale, ma si sarebbero trovati bene in Afganistan tra i Talebani , l'importante è essere armati e imporre la loro visione a persone disarmate ed inermi che quindi non potevano reagire in alcun modo.

RN





domenica, gennaio 13, 2019

il primo tentativo di sequestro di Dora cosmin


La maestra Teodora Cosmin, detta Dora
Come è noto la povera maestra Cosmin, di 46 anni, fu rapita a luglio 1945, da partigiani comunisti, al suo arrivo presso la stazione ferroviaria di Savona Letimbro, portata in località Purada sulle alture tra Vado Ligure e Segno, qui fu seviziata e assassinata e non venne mai ritrovata.
La sua colpa era quella di essere sorella di un gerarca della RSI, Piero, morto tuttavia di malattia nel maggio del 1945, quindi quello della Dora fu un assassinio sadico ed inutilmente malvagio.

Non tutti sanno e si evidenzia da alcuni documenti che pubblico di seguito, che i compagni di Quiliano l'avevano già messa nel mirino da tempo, infatti fu oggetto di un primo tentativo di sequestro , finito male, per l'intervento di alcuni militari della S.Marco.
Il fatto accadde il 7 gennaio del 1945, la maestra era sfollata da Alassio a Quiliano presso la famiglia Toso, era sera quando fu aggredita da un uomo che tentò di tacitarla con una sciarpa che le strinse sulla bocca, a seguito della sua disperata resistenza, intervenne un altro rapitore travisato con una maschera sul viso, la povera maestra continuò a reagire e in quel momento da paura, furono attratti dal trambusto alcuni militari della San Marco che ingaggiarono con questi una sparatoria.
La Dora alla fuga dei suoi rapitori, salì in casa e dopo aver accese le luci si affacciò alla finestra da dove vide che i San Marco avevano preso di due rapitori che comunque erano difesi a spada tratta da due donne, la madre e la sorella.
Una volta in ,salvo fu convocata in caserma per il riconoscimento dei due soggetti e grande fu la sua sorpresa nel riconoscere in uno dei due personaggi un giovane da lei beneficiato in diverse occasioni e che purtroppo invece di dimostrare gratitudine la voleva rapire e farle fare una brutta fine.
Interrogato in proposito il giovane confermò, che essi avevano avuto ordine di rapirla e che nel gruppo c'era un terzo uomo riuscito ad eclissarsi dopo aver abbandonato una pistola automatica che in effetti venne rinvenuta a terra ancora calda per gli spari che aveva esploso contro la pattuglia di S. Marco.
I tre rapitori erano di base in un accampamento partigiano chge era situato sul Monte Baraccone davanti a Quiliano e era figlio di un certo Carlito, soprannominato U Foa,
La maestra rimase sconvolta di questo fatto, ringraziò i militari che l'avevano salvata , il Tenente Ulrico Guerrieri di Borgo a Buggiano ( Pistoia ) e i due marò, Giacomo Giancarlini e Giovanni Esposito tutti del presidio di Quiliano, poi decise per quella notte di dormire in Caserma e chiese di poter vaere una pistola per poter difendere al sua persona.
Purtroppo i partigiani comunisti non mollarono e pochi mesi dopo quella notte la rapirono quando meno lei se l'aspettava e fecero quello che fecero.
Ancora oggi la Dora Cosmin ha come tomba un bosco, un prato o una forra sulle alture del quilianese e nessuno può andare a pregare o a deporre un fiore su una sepoltura Cristiana , cosa che i suoi assassini le negarono.
R.N.







sabato, gennaio 12, 2019

pizzini di "requisizione 2

Pubblico qui di seguito alcuni pizzini che nel periodo insurrezionale venivano consegnati ai civili dopo le "requisizioni" operate dai partigiani , è chiaro che chi subiva queste "requisizioni" non si poteva opporre e aveva ben poche speranze di , i seguito, di poter recuperare quello che gli era stato tolto.
Ho anche pubblicato un foglio manoscritto di una "requisizione" di un maiale, un animale molto importante se non addirittura vitale per la famiglia di contadini a cui veniva preso, avvenuta a Pallare in Val Bormida, qui ci sarebbe da ridere per la grafia e per gli errori di sintassi e di grammatica che l'estensore della letterina ha messo nero su bianco, denotando un Q.I. molto elevato, ma, purtroppo questi soggetti che requisivano erano tutti armati e arroganti nel potere che le armi conferivano loro e quindi c'era poco da discutere altrimenti da rapinatori si trasformavano anche in assassini. Leggere ora a distanza di più di 70 anni questo foglio a quadretti fa davvero ridere ma se si immagina la grandezza del cervello di questo soggetto e soprattutto il mitra che brandiva allora non si può sorridere più di tanto.





martedì, gennaio 08, 2019

Requisizione a Calizzano

Requisizioni
Durante il periodo insurrezionale erano frequenti le cosiddette “requisizioni” operate prevalentemente dai partigiani comunisti, che in realtà erano predazioni belle e buone, alla vittima veniva rilasciato un pizzino dal valore legale nullo con la promessa verbale che sarebbe stato ripagato una volta finita la guerra.
Non tutti ci stavano a farsi derubare e capitava quello che è accaduto a questo signore, un agricoltore, Ferrando Giacomo, abitante in una frazione di Calizzano, che si vedeva capitare in casa tre soggetti armati, che si definivano partigiani guidati da un caporione dal soprannome “Zinza”, i quali erano venuti per portargli via le due vacche, che a loro dire sarebbero state usate per alimentare il distaccamento partigiano Bruzzone.
I tre soggetti, per non portare via le vacche al povero Ferrando, chiedevano in cambio , si chiama ricatto o estorsione, una somma , bel diecimila lire dell'epoca da consegnarsi seduta stante. Il contadino correva subito da un vicino e si faceva prestare la somma che consegnava ai tre predoni i quali notata la reticenza del derubato nel consegnare i denari richiesti lo minacciavano di accusarlo di essere fascista e che in tale evenienza sarebbero ritornati con il distaccamento partigiano a svaligiargli tutta la casa. Ecco quello che accadeva i contadini che abitavano in campagna , in case isolate e senza alcuna difesa e quindi alla mercè di queste bande.Con questa dichiarazione firmata da testimoni il derubato avrebbe cercato in un futuro di avere giustizia.

mercoledì, gennaio 02, 2019

lo strano caso di Tizzi





Nel 1923 a Quiliano nei pressi della casa del Fascio, avviene un violento scontro tra comunisti e fascisti, in tale situazione perde la vita colpito da alcuni colpi di pistola, un fascista di nome Andrea Prefumo, negli anni successivi, nel 1924, si svolge un processo a carico dei comunisti che presero parte attiva a questa spedizione punitiva, i loro nomi sono Gerolamo Podestà, Pellegro Patrone, Faustino Annovri, Carlo Bonifacio, Giuseppe Gaggero, Andrea e Gerolamo Aonzo, Carlo Annovri, Bernardo Delfino, Agostino Berardo, tutti imputati di omicidio nei confronti di Prefumo e di tentato omicidio verso Giuseppe Isetta e Giovanni Croce, questi due verranno fucilati nel maggio del 1945 dai partigiani comunisti assieme ad altri tre.
Ma successivamente allo scontro che ebbe luogo a Quiliano furono arrestate anche tre donne, Rosa Frumento, Teresa Bonifacio e Battistina Graziano, che furono detenute per un breve periodo e poi prosciolte.
In quel processo testimonia, per l'accusa, anche la maestra Teodora Cosmin, detta Dora, che nel luglio del 1945, sarà rapita mentre scende alla stazione Letimbro di Savona con la madre Isabella. La Cosmin trascinata sulle alture di Segno, dove subirà orrende sevizie, non verrà più ritrovata e dopo settantanni ancora oggi, non si sa dove il suo cadavere sia stato occultato.
La madre Isabella nella testimonianza resa alla polizia, afferma che fra i due rapitori della figlia, ci sia stato anche tale Tizzi Aurelio, classe 1921, poliziotto ausiliario partigiano nonché ex partigiano comunista. Tizzi sarà processato dalla Corte di Appello di Genova pere il rapimento della povera Cosmin, ma godrà della amnistia che lo renderà libero e il caro Tizzi è stato riconosciuto anche responsabile della fucilazione di cinque presunti fascisti nel cimitero di Quiliano e pure per questo caso, non subirà nessun procedimento penale.

Il fatto curioso è che Tizzi è proprio figlio della Rosa Frumento una delle donne che furono fermate in seguito allo scontro di Quiliano, quindi uno strano destino accomuna tutti quelli che , di parte fascista, vennero coinvolti nella sparatoria : Andrea Prefumo muore subito, Isetta e Croce sono fucilati dai partigiani rossi con Tizzi presente ed operativo, Dora Cosmin sparisce per sempre e una delle ultime persone con cui viene vista viva è proprio, Aurelio Tizzi , insomma una strana serie di coincidenze.