lunedì, dicembre 23, 2019

le forbici dei partigiani comunisti

Queste sono le forbici che nell'aprile del 1945 i partigiani comunisti usarono per devastare la chioma di una donna, lo fecero in piazza davanti ad una folla di spettatori, la piazza principale di un comune della riviera di ponente, la vittima di questo brutale trattamento per anni rimase traumatizzata e camminò con lo sguardo basso senza osare di protestare per questo orrendo trattamento. I suoi aguzzini sono quasi tutti morti. Lo strumento apparteneva ad un amministratore del comune dove avvenne questa cosa infame e la foto mi fu inviata da una sua collaboratrice.

martedì, dicembre 17, 2019

Il sequestro della Scuola Media Ignazio Silone


Il sequestro della Scuola Media Ignazio Silone
13 marzo 1984

E'' una mattina come le altre, quel 13 marzo del 1984, nel quartiere Salario a Roma , presso l'ingresso della scuola media Ignazio Silone in Via Cocco Ortu, alle 9,45, si presenta un giovane sui trent'anni, si chiama Maurizio Nobile, è figlio di un radiologo dell'INAIL, ha con sé un borsone , i due bidelli si avvicinano per chiedere di cosa ha bisogno.
Nobile apre il borsone ed estrae un fucile a pompa cal. 12, e lo punta contro il bidello più vicino che tenta di fermarlo, gli spara colpendolo con una cartuccia a pallettoni, il bidello , Ernesto Chiovini crolla a terra ferito mortalmente al ventre , l'altro Umberto Maestri, l'aggressore lo punta con calma e gli spara mancandolo perchè si getta a terra accanto al corpo di Ernesto in una pozza di sangue.
Poi Nobile sale le scale continuando a sparare contro i soffitti e i muri, entra in una classe, la Prima B, dove ci sono 19 alunni e l'insegnante di geografia, fa ammassare tutti in fondo alla classe. Nel frattempo nelle altre classi gli insegnanti, che hanno sentito gli spari, fanno barricare, nelle aule, gli allievi ammucchiando i banchi e la cattedra contro la porta di ingresso, spara diversi colpi di fucile, una ventina dalla finestra senza colpire nessuno.
La scuola intanto è circondata da decine di agenti e carabinieri, un elicottero volteggia sopra l'istituto, arriva il sindaco di Roma , Vetere, il Questore e il comandante dei Carabinieri, cercano di trattare con il sequestratore, che afferma di volere un impiego fisso e di sentirsi non accettato dalla famiglia.
Nell'aula Nobile, di quando in quando, minaccia gli allievi con il suo fucile fumando decine di sigarette, i ragazzini sono terrorizzati ma alla fine si adeguano alla situazione e collaborano con il delinquente nel segnalare gli spostamenti della polizia, per loro è quasi un gioco. Una ambulanza va a prendere la anziana madre per cercare di convincere il figlio ad arrendersi ma lui non vuole neppure parlare con lei.
Un maresciallo dei carabinieri , Salvatore Veltri, si offre come ostaggio, disarmato e ammanettato, al posto dei bimbi ma il criminale rifiuta.
Nobile è il classico signor nessuno, nessun precedente penale, nessun ricovero psichiatrico, la classica persona che improvvisamente esplode per un nonnulla. Il bidello nel frattempo muore sotto i ferri in ospedale dove era giunto tra la vita e la morte, ma ovviamente non viene detto al sequestratore.
Mentre il sequestratore tratta con le autorità, dal lato opposto della scuola i vigili del fuoco attraverso le autoscale evacuano gli altri ragazzi e i docenti. Finalmente alle 16 Nobile decide di arrendersi, libera i diciannove alunni e l'insegnante, e consegna alla polizia il fucile e altre 40 cartucce a pallettoni.
Da quei terribili giorni sono passati 34 anni, la scuola non è più attiva ed è abbandonata, ma tutti nel quartiere ricordano quello che accadde e soprattutto l'eroismo del bidello, Ernesto Chiovini che tentò di fermare un uomo armato in difesa di decine di allievi.
RN

venerdì, dicembre 13, 2019

L'attentato al Kursaal Diana di Milano



L'attentato al Kursaal teatro Diana
Milano
23 marzo 1921

Quella sera al Kursaal Diana c'era una replica di un lavoro teatrale , la mazurka blu di Franz Leahar, i posti erano tutti occupati in quanto lo spettacolo era interessante dal punto di vista culturale.
Il Kursaal Diana era ed è tuttora in pieno centro a Milano, un palazzone in stile Liberty di quattro piani con una serie di mansarde, pare che nello stesso fabbricato abitasse il Questore dell'epoca, Giovanni Gasti che in quel periodo, era un bersaglio preferenziale di alcune frange anarchiche molto attive a Milano, di più, l'albergo soprastante il teatro Diana pare che fosse la sede di summit tra Mussolini e il Questore.
Una cesta con 20 kg di gelatina esplosiva fu lasciata accanto all'ingresso degli artisti, i tubi di esplosivo furono coperti da uno strato di paglia e con alcune bottiglie.
Alle 22,40 avvenne l'esplosione che investì le prime file della platea e la buca dell'orchestra, fu una strage, altri feriti ci furono nel corso della fuga degli spettatori.
Fra tante vittime adulte uccisi ci fu anche una bimba di appena 5 anni, Leontina Rossi.
Il Questore che in quel momento era tra gli spettatori si salvò e organizzò da subito i soccorsi e le indagini che privilegiarono immediatamente la pista anarchica.
Ad un posto di blocco venne fermata una carrozza su cui viaggiava un esponente anarchico, un certo Antonio Pietropaolo, che tentò di allontanarsi ma fu bloccato, all'interno del veicolo gli agenti trovarono due revolver e due bombe a mano.
Seguì una ondata di arresti , duecento persone che in qualche modo erano connesse con il movimento denominato Anarchici individualisti lombardi, furono fermate e sottoposte a stringenti interrogatori.
Il processo contro gli imputati tutti di fede anarchia ebbe inizio il 9 maggio 1922, presso la Corte di Assise di Milano in piazza Fontana, proprio quella dove nel 1969 avvenne l'attentato alla Banca Nazionale dell'agricoltura, e nella stessa aula dove era stato processato Gaetano Bresci.  l'anarchico italiano, esecutore dell'omicidio del re d'Italia Umberto che in seguitò si suicidò o fu suicidato nel carcere di Santo Stefano.
Il 1º giugno fu pronunciata la sentenza che individuava come autori materiali della strage e condannava all’ergastolo il bergamasco Ettore Aguggini, di 19 anni, e i mantovani Giuseppe Mariani, di 23 anni, e Giuseppe Boldrini, di 28 anni, che si proclamerà sempre innocente. Gli altri 16 imputati, ritenuti complici, furono condannati a pene varianti tra i 15 e i 4 anni di carcere.

martedì, dicembre 10, 2019

la strage di Pasquetta, Vinovo, TO, 1977

La strage di Pasquetta
1977 Vinovo
Di lui dicevano che non si doveva sposare, perchè non era in grado di gestire un rapporto equilibrato con una donna e tanto meno con una moglie, ma lui, Marco, il postino di Vinovo ventinovenne, si era fidanzato e sposato con Laura, una bella ragazza della provincia di Matera. Peccato che lui fosse possessivo, geloso, maniaco del controllo ed esercitava nei confronti della giovane moglie di 21 anni un possesso maniacale, quando lui era al lavoro pretendeva che lei non aprisse la porta a nessuno e lei terrorizzata obbediva ciecamente per evitare ritorsioni.
Per meglio controllarla la ingravidava a ripetizione, ma non era voglia di farsi una famiglia , voleva solo che lei pensasse solo ai bimbi e non avesse grilli in testa.
La povera donna era incinta per la quarta volta e francamente cominciava a capire che bel soggetto aveva sposato e raccontava tutto ai suoi genitori, i quali tentavano di intromettersi per calmare il marito follemente geloso.
Marco si rende conto della situazione e si trasferisce da Matera a Vinovo, per allontanarsi dai suoceri che vedeva come nemici della sua pace domestica e addirittura pensava che volessero togliergli la moglie e i suoi tre bimbi.
Ma i genitori di Laura non demordono e annunciano che nelle vacanze pasquali del 1977, sarebbero arrivati a Vinovo per portare via con loro la figlia.
Marco cieco di rabbia, acquista una pistola automatica con tre caricatori e si prepara all'incontro. I due suoceri , Antonia e Giovanni, arrivano nel giorno di Pasquetta in Via San Giovanni Bosco a Vinovo.
Marco Ragone è compresso come una molla pronta a scattare, nessuno immagina quello che potrebbe accadere nella mente folle del giovane postino. Nell'appartamento si festeggia Pasquetta a tavola, poi i tre bimbi vengono messi a letto, tra il suocero e Marco inizia una discussione sempre più accesa mentre le due donne sono sul balcone a stendere i panni al sole.
Ragone estrae la pistola e abbatte il suocero, le due donne sentono gli spari urlando corrono all'interno, nella sala da pranzo Antonio è a terra fulminato da quattro colpi, l'assassino punta l'arma contro sua moglie, che era incinta del quarto figlio, e contro la suocera, esplode una decina di colpi ferendole, poi le insegue sul balcone dove erano fuggite e le finisce con altri colpi , rientra in casa e scarica altri due caricatori contro i muri, i mobili urlando tutto il suo odio. Poi, prende i suoi tre bimbi e va dai carabinieri a costituirsi.
Appena arrestato, inizia ad impazzire, nel 1983 verrà condannato a 18 anni ma in seguito verrà internato in un Manicomio criminale, dove si ridurrà ad una larva umana.


L'esplosione di Mombaldone , 1958

Il mio caro amico Beppe mi ha narrato di una tremenda esplosione che avvenne una mattina di aprile di tanti anni fa in una cava di Mombaldone, in cui una classe con l'insegnante fu quasi spazzata via , ovviamente mi sono incuriosito e cercando tra le cronache degli anni 50 ne ho trovato conferma, questa tragedia mi ha colpito molto, perchè una bimba di appena otto anni ha perso la vita in una circostanza che non doveva prevedere questa eventualità, eppure è accaduto. Ecco la storia di questo incidente avvenuto nel 1958,
L'esplosione di Mombaldone ( Acqui Terme )
Era una bella mattinata di aprile, il 18 del 1958, quando la pluriclasse, composta da scolari delle varie classi, della scuola elementare di Garbaoli di Roccaverano, giungono alla cava di Mombaldone, sono 9 maschi e quattro femmine, camminano per sentieri e con il loro maestro, Francesco Giargia, sono tutti scolari attenti e diligenti, quella è una visita di istruzione per vedere come funziona una cava. I nomi dei bimbi sono : Bruno, Renzo, Dante, Clementina, Sergio, Angelo, Luciano, Franco, Carlo, Bruno e Renzo, Rosaria , Valentina e Rita.
Appena la classe arriva, il capo minatore, mostra loro il materiale esplosivo, la cheddite e i detonatori assieme ad un pezzo di miccia a cui per dimostrazione da fuoco, i bimbi e il maestro sono tutti attorno, in quel preciso istante avviene l'esplosione che verrà udita in tutta la zona per chilometri, il minatore e il maestro sono proiettati a diversi metri di distanza, mentre i bimbi sono colpiti da una ventata di schegge e quelli che possono fuggono dal luogo dell'esplosione, tutti coperti di terriccio e di sangue, a terra lembi di grembiuli e colletti bianchi,
Mentre i bimbi urlando corrono lontano dall'esplosione, una di loro, Rita di appena otto anni, crolla a terra per non alzarsi più, era morta, mentre altri bimbi sono feriti gravemente dalle schegge di roccia che sollevati dall'esplosione sono stati sparati a velocità altissima come se fossero dei veri e propri proiettili.
In seguito si accerterà che una scheggia di roccia ha raggiunto senza difficoltà il cuore della piccola vittima e l'ha lesionato mortalmente, molto probabilmente la bimba non ha sofferto alcun dolore e forse la sua morte è stata istantanea.
Quasi tutti i bimbi sono ricoverati all'Ospedale di Acqui Terme con prognosi da 10 a 15 giorni, il maestro ha perso l'udito da un orecchio e il minatore è una maschera di sangue. Non ho parole i bimbi non devo essere oggetto di queste cose terribili.

Uno dei misteri del Vaticano

Uno dei tanti misteri dell'oltre Tevere
Alle 21 circa del 4 maggio 1998 , a Roma, nella CdV, in un appartamento avviene una mattanza a base di colpi di arma da fuoco o almeno così pare, una suora afferma di aver sentito delle detonazioni e quando le persone di servizio accorrono trovano tre cadaveri, due distesi a terra e uno, di una donna seduto con la schiena appoggiata alla parete.
I corpi appartengono al colonnello Alois Estermann, comandante, da pochi giorni, della Guardia Svizzera, alla moglie, la diplomatica Venezuelana Gadys Meza Romeno e al loro assassino, così parrebbe, il Caporale della Guardia Svizzera Cedric Tornay di nazionalità Svizzera di 24 anni mentre la coppia è intorno ai 40 anni.
Solo la magistratura Vaticana può compiere le indagini sui crimini accaduti all'interno della CdV e così avviene. A terra ci sono 5 bossoli cal. 9 appartenenti ad una Sig Sauer, arma in dotazione al Corpo delle Guardie Svizzere.
Si vuole quindi addebitare al giovane caporale il duplice omicidio e il suo apparente suicidio. Si afferma da parte Vaticana che il giovane contrariato per una benemerenza non concessagli dal suo comandante, gli avrebbe chiesto udienza e sarebbe iniziato uno scontro finito tragicamente con la morte del Colonnello e della moglie, inoltre sempre secondo la versione del magistrato pontificio, il giovane sarebbe stato instabile, con disturbi mentali, consumatore di droghe leggere e addirittura con una ciste nel cervello responsabile di comportamenti aggressivi.
Si vuole quindi accreditare la tesi dello scatto d'ira da parte del giovane caporale. Tuttavia vi sono alcune incongruenze : quando la mamma del presunto suicidio arriva in Vaticano si rende subito conto di non essere ospite gradita e le viene consigliato da alcuni prelati, di cremare subito il cadavere del figlio, cosa strana visto solo pochi anni fa la Chiesa Cattolica avversava la cremazione dei cadaveri. Le verrà anche consegnata una lettera di addio del figlio, consegnata da Cedric ad un suo commilitone con la scusa che gli poteva accadere qualcosa di brutto.
Muguette Baudat, ad una prima lettura della lettera del figlio, peraltro non firmata, non è convinta della sua autenticità. Un successiva perizia calligrafica confermerà i dubbi della mamma oltre ad molte incoerenze di forma e di fondo incompatibili con la personalità del caporale.
Il corpo del caporale viene portato a Losanna a e sottoposto ad alcune autopsie da cui risulta che le lesioni al cervello con sono compatibili con un proiettile calibro 9 ma forse di più, con una calibro 22 e gli incisivi del giovane appaiono spezzati come se qualcuno avesse introdotto a forza la canna di una pistola nella sua bocca. E' evidente che gli scenari che si aprono non corrispondono alla versione ufficiale del Vaticano ma forse servono a coprire verità molto scomode. Secondo alcune voci non confermate il colonnello Estermann, a suo tempo sarebbe stato un agente della Stasi, la polizia segreta della Germania Comunista.
Forse il Caporale Tournay sarebbe stato ucciso in un'altro luogo, con un'altra arma, e poi trasportato sulla scena secondaria del crimine nell'appartamento della coppia Estermann Romeno e questa strage sarebbe il frutto di un conflitto tra vertici del Vaticano e massoneria deviata. Altro fatto, i bossoli rinvenuti sulla scena sono cinque, ma della quinta ogiva non si sarebbe trovata traccia nei corpi dei morti, e la Sig Saer è stata trovata sotto il corpo del giovane Tournay, in decubito prono, in una posizione non compatibile con i fatti ma molto probabilmente per rendere postivo il guanto di paraffina alla mano del caporale.
Ovviamente la polizia italiana non fu stata informata, nessun aiuto investigativo è stato chiesto alle autorità italiane e nessuno sa come vennero svolti i rilievi tecnici scientifici sulla scena del crimine.
RN


omicidio nell'Agro Pontino , 1901

Maria Teresa
Nettuno 1902
L'agro pontino tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, prima della bonifica che avvenne negli anni 30 per volere di Mussolini, era una area malsana e paludosa, con un clima che minava alla base la salute di chi aveva la disgrazia di viverci.
Nel 1900 i caporali che esistevano già allora, su richiesta di un grande proprietario terriero il Conte Mazzoleni, si aggiravano nelle Marche e ingaggiavano centinaia di agricoltori, illudendoli con la promessa di un facile lavoro, ben remunerato e con una abitazione di servizio.
In realtà il clima delle paludi pontine, era a dir poco, sfavorevole, la zona era infestata dalla zanzara anofele, il lavoro era sfibrante a fronte di una alimentazione insufficiente, le abitazione erano capannoni dove si viveva in condizioni di promiscuità e di igiene scarsissima e il salario era iniquo.
Fra le famiglie illuse, dalle promesse dei caporali, ce ne furono due, una di Corinaldo, Ancona, i Goretti e una originaria di Paternò, Catania, i Serenelli.
La famiglia Goretti era formata dal padre Luigi, la madre Assunta, una ex trovatella abbandonata dalla madre nella ruota di un convento e i figli, tutti in età scolare, Angelo, Maria, Mariano, Alessandro ed Ersilia.
La famiglia Serenelli era composta in quel momento dal padre Giovanni, un ex alcolizzato e i due figli Vincenzo e Alessandro, tutti intorno ai 18 anni, la moglie era morta in manicomio dove era stata ricoverata in quanto aveva tentato di annegare il figlio di pochi mesi, dopo otto parti. Le due famiglie vengono alloggiate in un casale presso Ferriere di Latina, un fabbricato fatiscente a un piano, con 18 gradini che portavano alla zona superiore, la zona notte, dove c'era un corridoio su cui si affacciavano le camere da letto, a piano terra , la cucina e la sala pranzo.
Tutti gli occupanti lavoravano nei pochi campi o nella produzione del carbone di origine vegetale. Le condizioni di vita erano misere, l'analfabetismo e l'ignoranza diffusissime e una forma di rassegnazione sul proprio stato economico senza possibilità di poter migliorare se non arruolandosi nel regio esercito o facendosi prete.
La condizione della donna era peggiore di quella dell'uomo, in quanto era doppiamente schiava, del lavoro e anche dell'uomo a cui era asservita in modo totalizzante. In questo contesto infausto, Luigi, il capo famiglia dei Goretti, muore devastato, addirittura di tre patologie diverse : polmonite, tubercolosi e ovviamente malaria.
La vedova rimasta sola con sei bimbi si appoggia sempre più al Giovanni Serenelli, che diventa l'uomo di casa.
Tra i figli della Assunta, c'è Maria Teresa , di 11 anni, una bimba più matura della sua età, alta 1,38, sottopeso e denutrita, priva di ogni attrattiva femminile e dal carattere serio e triste che provvede ad accudire ai suoi fratellini.
Alessandro Serenelli, da poco diciottenne e assolutamente privo di esperienze sessuali, nella sua mente devastata, si crea delle fantasie, peraltro ingiustificate, su questa bimba , e inizia a molestarla sessualmente sino dall'età di 10 anni.
Maria ha paura di questo giovanotto prepotente e insistente, avvisa delle molestie subite, la madre Assunta che ovviamente non le crede, intanto i tormenti tesi a sottomettere la piccola ai desideri di Alessandro, crescono di intensità e raggiungono un livello di guardia altamente pericoloso.
Il 5 luglio del 1902, un pomeriggio , Alessandro segue la piccola Maria, sino al piano superiore mentre tutti gli altri sono al piano terra, lei in quei minuti è sola e indifesa, le chiede di rammendarli un capo di abbigliamento, poi la aggredisce con violenza , la getta sul letto, le solleva la gonna , sotto cui, come tutte le femmine in quella condizione di povertà non indossavano intimo, si appoggia a quel piccolo corpo con l'idea di stuprarla, la bimba urla disperatamente chiedendo aiuto e tenta di respingerlo. Probabilmente il giovanotto, è in fieri impotente, e nonostante l'intenzione mentale, non riesce a concretizzare la sua aggressione, impugna il punteruolo che aveva con sé e colpisce Maria Teresa all'addome per ben 14 volte.
La piccola ha degli squarci nell'addome e nel basso ventre con importanti emorragie e versamento dell'intestino. L'aggressore fatto ciò, fugge e si rifugia nella sua stanza sbarrando la porta. Tutti gli altri, alle urla disperate della piccola, accorrono e la trovano in quello stato, lei racconta l'accaduto, la sua situazione è critica, arriva il padrone del fondo, il Conte Mazzoleni che contribuisce al trasporto di Maria al più vicino Ospedale, quello di Nettuno che dista una ventina di chilometri. La bimba ci arriva in uno stato miserevole. I carabinieri giunti da Cisterna di Latina, sfondano la porta della camera e arrestano Alessandro Serenelli.
Nel frattempo arrivano dei religiosi, i Padri Passionisti, che danno all'accaduto un significato culturale ma soprattutto religioso, e intravedono nel comportamento della piccola vittima un atteggiamento di una vergine martire che ha lottato per difendere il proprio corpo da una aggressione materialista. Ognuno fa il proprio lavoro !
La bimba attorniata dai suoi famigliari e soprattutto dai religiosi , poco prima di morire nel suo letto all'ospedale di Nettuno, anche a causa della scarsa efficienza sanitaria di quegli anni, lucida e cosciente, perdona il suo assassino, questo contribuisce ad avvalorare la tesi del martirio secondo il detto .
Da quegli istanti Maria Goretti diventa un simbolo e inizia per lei, passo dopo passo, un percorso che nel 1950 la porterà alla Santità diventando Martire della Chiesa Cattolica con l'attribuzione postuma di tre fatti miracolosi.
Serenelli imputato a processo verrà condannato a 30 anni di pena che sconterà parzialmente nel carcere di Noto, mentre è in cella manifesta intenzioni di convertirsi alla fede Cattolica e soprattutto un sincero pentimento, chiede perdono alla Assunta, la madre di Maria e tenta di riavvicinarsi alla sua famiglia. La madre Assunta, muore a 88 anni dopo aver assistito alla santificazione di sua figlia, Maria, in San Pietro, si spegnerà serenamente nella sua casa di Corinaldo circondata dall'affetto dei suoi figli ancora viventi.
Dopo 27 anni di carcere è rilasciato e inizia a svolgere lavori umili presso il convento dei Padri Minori di Macerata , ordine in cui entrò con il nome di Padre Stefano. A seguito di una frattura del femore morirà nel 1970 a 87 anni, non del tutto lucido e orientato, nel suo testamento scrisse : Aspetto sereno il momento di essere vicino al mio angelo .
Maria Goretti, ora santa, è un simbolo e non poteva essere altrimenti per la chiesa ma al di là di tutto fu semplicemente una bimba che visse in povertà, con dignità, aiutando i suoi fratellini a crescere soffrendo meno di lei.
Non ebbe vita facile e morì con grande sofferenza ma rimarrà per sempre, nell'immaginario collettivo coma una adolescente che pretese rispetto e dignità per sé stessa, sino alle estreme conseguenze.
Roberto Nicolick


l'irruzione nella scuola di Terrazzano

L'irruzione nella scuola elementare di Terrazzano
comune di Rho
10 ottobre 1956
Sono le 11 di una tranquilla mattinata scolastica come tante, quando due soggetti armati di pistole automatiche e di baionette, fanno irruzione nella scuola elementare di Terrazzano una frazione di Rho in provincia di Milano, superano la sorveglianza della bidella, entrano nella prima aula che incontrano e minacciando tutti con due pistole calibro 7,65, prendono in ostaggio 94 bimbi e tre insegnanti, tre donne, concentrandoli nello stesso locale, è il panico elevato all'ennesima potenza.
I due criminali sono due fratelli, Egidio e Arturo Santato, con precedenti penali di vario tipo ma soprattutto per aver trascorso diversi periodi di cura in manicomi giudiziari. Egidio è un minorato psichico e il leader è Arturo che esercita sul fratello un controllo totale.
Polizia e carabinieri arrivano da tutta la Lombardia e circondano la scuola, anche decine di genitori disperati giungono nei pressi della scuola in attesa di notizie. I due chiedono per rilasciare gli ostaggi, duecento milioni di lire, all'epoca una cifra elevata per quei tempi, dichiarano anche di avere diversi chili di polvere nera e alcuni metri di miccia con cui fare saltare la scuola assieme agli ostaggi . Hanno delle corde con cui legano i polsi di alcuni alunni che fanno salire sul davanzale delle finestre a mò di scudi umani. Chiedono cibo e un microfono con cui manifestare le loro richieste
Minacciano anche di accecare alcuni bimbi con l'acido solforico se non ci saranno risposte pronte da aprte delle autorità e in preda ad una forte agitazione, dal secondo piano della scuola, sparano sulla folla ferendo una mamma che si era avvicinata troppo alla scuola per cercare di vedere suo figlio, con le loro armi sparano e sfiorano la loro sorella che era venuta per ammansirli, tirano anche ad un ufficiale di polizia e a un carabiniere senza tuttavia colpirli. Oltre a chiedere i soldi i due chiedono anche una ambulanza per poter fuggire indisturbati.
Chi sono i due folli sequestratori ? Sono due fratelli Polesani, di Villanova del Ghebbo, provengono da una famiglia a dir poco singolare, il padre è un girovago alcolista che dipinge e vive per strada e che verrà massacrato negli anni successivi da Egidio, la madre è una vecchia megera che gira su una ape car a vendere verdura in giro per Rho, la sorella Flavia , l'unica normale, da tempo si è allontanata dalla famiglia per convivere con il fidanzato , c'è anche un ragazzino di 10 anni che, meno male per lui, si trova in un istituto.
Introno alle 17 una delle maestre cerca di sfilare la pistola dalla tasca di uno dei due ma il criminale se ne accorge e minaccia di uccidere i bimbi, in quel momento la polizia e i carabinieri fanno irruzione, ma non sono i soli, un operaio, Sante Zennaro, approfittando della confusione appoggia una scala alla facciata della scuole ed entra da una finestra, affrontando Arturo, nella concitazione del momento inizia una sparatoria tra gli agenti in quel momento sopravvenuti, e i due sequestratori, al culmine dello scontro a fuoco, Sante Zennaro viene colpito mortalmente e muore. Gli agenti afferrano i due criminali che non oppongono ulteriore resistenza e liberano tutti i ragazzini e le tre insegnanti , sono tutti indenni vengono accompagnati all'esterno dove trovano i loro genitori. La folla circonda gli agenti e i due criminali tentando di linciarli.
L'eroico Zennaro che ha tentato disperatamente di neutralizzare i due Santato muore in questa sua azione colpito, purtroppo, proprio dagli agenti e dai carabinieri che lo scambiano per uno dei criminali, in seguito verrà insignito della medaglia d'oro al Valor Civile alla memoria e la scuola dove egli è cauto sarà intitolata al suo nome.
I due Santato verrano processati e condannati rispettivamente Egidio Santato a 5 anni e 8 mesi, Arturo fu internato in un manicomio criminale per la durata di sette anni. Nel 2011 alcuni ex scolari che ora hanno i capelli grigi hanno voluto parlare al telefono con uno dei sequestratori, Egidio, quello meno feroce ed autonomo e hanno rivolto a lui parole di perdono.