Il Dottor Umberto
Montanari
19 maggio 1946
Piumazzo ( Castelfranco
Emilia - Modena )
Il Dottor Umberto
Montanari era il medico condotto di Piumazzo , una grossa frazione di
cinquemila abitanti del comune di Castefranco Emilia, in provincia di
Modena, una zona che fa parte del triangolo rosso della morte e del
terrore.
Montanari nativo di
Bologna, classe 1887, si laurea nel 1913 , partecipa alla prima
guerra mondiale dove da prova della sua abilità medica, curando
ferite terribili anche sotto il fuoco nemico, viene fatto prigioniero
dagli Austroungarici e passa un periodo di prigionia in Ungheria,
quando liberato torna in Italia riceve la Croce di Savoia.
E' un ottimo
professionista che non si è mai sottratto al giuramento di
Ippocrate, durante il periodo insurrezionale ha sempre curato i
partigiani feriti negli scontri con i Fascisti, la gente di
Castelfranco Emilia ha molta stima di lui.
Non lo stesso concetto
che i militanti comunisti hanno del medico che giudicano come un
antifascista tiepido ed opportunista, e a loro dire non si curava dei
poveri. Al medico vengono rivolte diverse minacce ed è famosa la
frase “ bandiera rossa al dottore la testa dobbiam tagliare”.
C'è un fatto che la dice lunga sulla correttezza del medico e sul
clima che giovani partigiani comunisti volevano imporre in quelle
terre, una notte tre giovani partigiani esaltati, si recano
dall'abitazione del macellaio di Piumazzo, Gioaccino Lodi, socialista
che aveva protestato. pubblicamente contro i prelevamenti notturni
di ex fascisti che poi sparivano senza lasciare traccia. Quella sera
i partigiani comunisti gli fecero visita e sicuramente avevano in
programma anche la sparizione del macellaio dissensiente dei loro
metodi, e gli chiedono di scendere per andare con loro in quanto il
CLN aveva bisogno di parlargli, era indubbiamente una scusa per farlo
uscire e poi sparire.
Lodi non è stupido, si
affaccia dal secondo piano e invita i tre giovinastri a tornare
l'indomani di mattina. I tre insistono e il macellaio lancia una
granata tedesca, avuta dai Tedeschi in cambio di carne, che scoppia e
ferisce al basso ventre uno dei tre. Il ragazzo viene portato dal
Dottor Montanari, che svegliato nel cuore della notte, tenta un
disperato intervento in ambulatorio ma è troppo tardi e il giovane
muore sotto i ferri.
I due superstiti però
vogliono un certificato di morte naturale, cosa che visto lo stato
del corpo non è possibile, vogliono che il medico scriva che è
morto per indigestione altrimenti sono disposti a mandare il dottore
da San Pietro. Montanari, vista la situazione, acconsente a parole,
ma non redige alcun certificato ne lo firma, anzi in seguito fa una
denuncia contro i due, forse fu per questo preciso motivo che egli
era odiato dai partigiani comunisti, non obbediva agli ordini .
La sera del 18 maggio
1946, un gruppo di persone si riunì presso la Casa del Popolo di
Piumazzo, all'ordine del giorno di questa ristretta e riservatissima
riunione c'era la soppressione del dottor Montanari.
Alla seduta parteciparono
Amedeo Golfieri segretario locale dell'ANPI; Giulio Mantovani
militante del PCI, Bruno Graziosi segretario della cellula del PCI di
Piumazzo, Dante Santi e Armando Bruni.
In pratica questa
riunione fu un tribunale del popolo composto da militanti comunisti ,
tutti ex partigiani rossi, che emisero animati solo dall'odio e dalla
insoddisfazione personale, una sentenza di morte nei confronti di
una brava persona, assente e quindi non in grado di difendersi da
delle accuse cervellotiche e basate sul nulla.
Inoltre il dottore oltre
ad essere intelligente, colto e benestante era anche una bella
persona dai bei modi, al cui fascino le donne erano molto sensibili,
tutte qualità che mancavano ai suoi detrattori ed “odiatori”,
tutti ignoranti, volgari e in più ideologizzati e brutali soggetti
da osteria , inoltre non si piegava ai dicktat degli ex partigiani
rossi.
L'occasione per
assassinare Montanari fu colta la sera del 19 maggio, quando il
medico stava attraversando in bicicletta via Ciro Menotti a Piumazzo,
una via periferica che portava verso il centro della frazione. Tre
uomini lo affrontarono di sorpresa, due immobilizzarono la bicicletta
e il medico, il terzo estratta una pistola gli sparò a bruciapelo
tre colpi, nella concitazione del momento la terza pallottola lo
mancò di poco ma le altre due lo attinsero in organi vitali, infatti
il povero medico cadde a terra e spirò quasi subito, i tre dopo una
decina di metri , in base al piano predisposto alla casa del popolo,
proseguirono ciascuno per proprio conto, separandosi.
Le indagini non portarono
nell'immediato a nessun risultato vista l'omertà politica e la cappa
del terrore presenti in zona, non gli fu sottratto il portafoglio,
quindi non fu un omicidio per rapina.
La pratica venne
archiviata per assenza di elementi, poi nel 1950 i Carabinieri ,
nella persona di un Maresciallo molto tenace, Silvestro Cau,
riuscirono a trovare un testimone oculare, un bimbo di nove anni,
che al momento del fatto era in cima ad un albero e che interrogato
in proposito, avrebbe riconosciuto negli aggressori, alcuni insorti,
abitanti nel paese, in base a tali indizi, fermarono Armando Bruni,
interrogato si decise a confessare, accusando sé stesso, quale
esecutore materiale del delitto indicando Bruno Graziosi e Dante
Santi come correi dello stesso omicidio. Indicò inoltre Giulio
Mantovani e Amedeo Golfieri come partecipanti alla riunione del
giorno precedente alla casa del popolo per la preparazione minuziosa
e fredda dell'agguato .
Tutti gli indagati furono
rinviati a giudizio presso la Corte di Assise di Modena, da dove il
processo poi fu trasferito per legittima suspicione alla Corte di
Assise di Cuneo dove si svolse nell'ottobre del 1950, processo in cui
la vedova del medico Signora Barbieri si presentò parte civile
contro gli imputati dell'omicidio del marito. La sentenza di primo
grado fu di condanna per tutti gli imputati a ventun anni di
carcere, successivamente ridotti a quindici e condonati in base al
decreto di amnistia per reati politici.
Su questo delitto venne
scritto un libro, Morte di un medico condotto, che ripercorse tutta
la vicenda in chiave giornalistica ed umana.