Il barbaro omicidio di
Giuseppe Fanin
San Giuseppe Persiceto (
Bologna )
5 novembre 1948
“Muore
la carne infranta, resta immortale lo spirito e l’idea”
epigrafe
sul santino che annunciava la morte di Giuseppe Fanin
La famiglia Fanin nel
dopoguerra emigra dal Veneto in Emilia a San Giovanni Persiceto, un
centro di ventimila abitanti della provincia di Bologna, sono
agricoltori e Cattolici, coniugano la zappa con il libro da messa,
due genitori con 7 figli, il più intelligente dei quali , quello
laureato è Giuseppe Fanin , buono e disponibile ma sempre animato da
un'etica Cristiana, si impegna subito nel campo sindacale in un
territorio dominato dalle leghe rosse, una zona dove rompere il
monopolio dei sindacalisti comunisti è molto difficile e soprattutto
pericoloso.
I sindacalisti rossi sono
tutti ex partigiani , hanno giustiziato sommariamente tanti poveri
cristi nel noto triangolo rosso della morte, i Carabinieri sospettano
che nascondano ancora armi e che non abbiano scrupoli ad usarle
contro quelli che si oppongono ai loro picchetti, c'è poco da
scherzare.
In quel periodo i
sindacati e gli agrari discutevano del patto di compartecipazione
agricola, una novità per quegli anni. Fanin che nel frattempo è
diventato segretario provinciale delle ACLI – Terra di Bologna,
inizia ad acquisire consenso tra i braccianti, è benvisto ed
ascoltato, gira animato dal suo entusiasmo e toglie spazio e iscritti
ai sindacati tradizionali.
Quando nel luglio del
1948 un attentatore spara a Togliatti, una trentina di energumeni
assale la sede del sindacato bianco e picchia Fanin dopo aver
devastato la sede, il segretario è costretto a darsi alla fuga in
quell'occasione.
Ma Fanin non si fa
spaventare, continua ad essere sempre più scomodo per i sindacati
rossi soprattutto quando siede al tavolo con gli agrari per definire
le assunzioni dei braccianti, ovviamente mette in crisi il sistema di
monopolio che i comunisti avevano instaurato, e riesce a fare
assumere agricoltori non di fede comunista.
Fanin affascinante e
intelligente è pericoloso per il sistema. Le leghe rosse fanno
affiggere dei manifesti in paese dove lo definiscono “servo sciocco
degli agrari”, tentano di isolarlo per spaventarlo, una vecchia
tattica dei comunisti.
Il giorno successivo si
sarebbe svolta una adunata degli operai del canapificio locale dove
Fanin avrebbe fatto un intervento, bisognava tacitarlo.
Si decide di dargli una
lezione, il segretario della cellula del PCI di San Giovanni in
Persiceto, Gino Bonfiglioli si assume questo incarico, convoca un
certo Gian Enrico Lanzarini, ex partigiano già noto per altri
misfatti e lo invita in modo spiccio a formare una squadra di
picchiatori.
Lanzarini faceva già
parte di una banda nota come la banda degli otto, nota nel triangolo
della morte dell'Emilia per rapine e omicidi, per lui non è una
grossa difficoltà trovare due altri soggetti con cui dare una
lezione al Fanin e li trova nelle persone di Renato Evangelisti e
Andrio Morisi, braccianti e soprattutto ex partigiani comunisti, sono
tutti giovani tra i venti e i ventisette anni, non di grande
intelligenza, gregari fedeli del partito.
Bonfiglioli fornisce
l'arma per dare la lezione a Fanin, una sbarra di ferro e in quella
notte nebbiosa del 5 novembre del 1948, i tre si appostano lungo la
strada che porta Fanin verso la sua abitazione.
Quella sera il giovane
sindacalista era andato a trovare la fidanzata, Lidia Risi, e alle 22
circa pedalava sulla bicicletta nel buio e nella nebbia attraverso
una strada di campagna. Appena Giuseppe Fanin transita accanto alla
siepe, i tre figuri gli balzano addosso gettandolo a terra, poi con
una violenza dettata da un odio bestiale iniziano a colpirlo con la
sbarra di ferro, usandola sia come una mazza ma anche di punta come
una lancia, una pioggia di colpi ferisce la vittima, per dare alle
percosse la stessa violenza bestiale i tre si passano la sbarra, il
cranio è letteralmente sfondato e alcuni colpi di punta verranno
inferti nelle natiche come per sodomizzare quel democristiano che non
voleva piegarsi ai voleri del vero ed unico sindacato.
Quando gli aggressori
hanno finito il loro sporco lavoro, la vittima giace a terra in una
pozza di sangue. Mentre la banda festeggia in osteria, alle 1,50 un
uomo transita sul luogo dell'aggressione e trova il corpo a terra,
subito pensa ad un ubriaco poi nota il sangue e corre subito a
chiamare i Carabinieri.
Il povero Fanin si
spegnerà all'ospedale di San Giovanni Persiceto senza riprendere
conoscenza, era talmente sfigurato , che un suo intimo amico ebbe
difficoltà a riconoscerlo.
Le indagini puntano ad un
omicidio a carattere politico e i Carabinieri effettuano numerosi
fermi in abito sindacale e di partito, provocando violente reazioni
dei vertici comunisti dell'Emilia che gridano alla persecuzione
politica.
Da Bologna arriva
addirittura l'on. Paietta a fare un pubblico comizio in cui
stigmatizzerà i fermi di polizia verso brave persone colpevoli solo
di essere comuniste.
Fra i numerosi fermati ci
sono anche i responsabili dell'omicidio, ma dopo pochi giorni tutti
vengono rilasciati, è solo una mossa strategica dei Carabinieri,
guidati dal Capitano Fedi, un ufficiale intelligente e preparato che
sa benissimo che in quella regione rossa è meglio usare il cervello
e solo dopo i muscoli.
Alcuni carabinieri ,
venuti da fuori regione, si infiltrano nei locali, attraversano i
mercati, girano in lungo e in largo il territorio e raccolgono
voci,confidenze e dati oggettivi da elaborare.
Appena si è sicuri degli
indizi raccolti, un forte contingente di Carabinieri entra in paese
alle due del mattino e va a tirare giù dal letto il segretario della
cellula comunista Bonfiglioli e i suoi tre sicari, Lanzarini,
Evangelisti e Morisi, il primo a crollare è proprio il mandante che
in lacrime convincerà Lanzarini a confessare, gli altri due
resisteranno un po di più ma alla fine anch'essi ammetteranno le
loro responsabilità. Tuttavia preciseranno di aver voluto dare a
Fanin solo ed unicamente una sonora lezione che purtroppo è andata
al di là delle loro intenzioni.
Verranno rinviati a
giudizio, il processo di primo grado si volge presso la Corte di
Assise dell'Aquila per evitare suggestioni e condizionamenti da parte
dell'opinione pubblica orientata a favore dei quattro imputati, la
prima condanna sarà di pene variabili tra i ventuno e i ventitre
anni, la pena venne confermata presso la Corte d'Appello di Roma e
infine nel 1953 anche in Cassazione.
La famiglia della vittima si
costituì parte civile ma alla fine espresso il perdono Cristiano
agli assassini,
La
pena non venne scontata del tutto. Bonfiglioli e Lanzarini rimasero
in galera per 17 anni, di cui tre in libertà vigilata; Morisi ed
Evangelisti per 15 anni, di cui tre di libertà vigilata. Una delle
ragioni dello sconto della pena, oltre alla buona condotta, fu dovuta
al perdono concesso dalla famiglia Fanin.
Fanin con il suo martirio
affrontato nel nome degli ideali Cattolici, trascese la sua figura
umana e la Chiesa per il suo impegno a favore degli umili lo nominò
Servo di Dio.
La violenza comunista ,
cieca, brutale, assurda non riuscì a oscurare una persona così
luminosa come Giovanni Fanin.
Roberto Nicolick