venerdì, agosto 31, 2007

LE BARBARIE DELLA "LIBERAZIONE" A SAVONA


La mattina del 25 aprile, una ragazzina di 13 anni, Giuseppina Ghersi, studentessa delle magistrali alla 'Rossello', venne sequestrata in viale Dante Alighieri e scomparve. Apparteneva a una famiglia agiata, commercianti in ortofrutticoli. I Ghersi non erano neppure iscritti al Pfr. Soltanto un loro parente, Attilio M., 33 anni, operaio, aveva la tessera del partito. (...) Forse era proprio costui all'origine del sequestro di Giuseppina. Secondo Numa, che ha ricostruito l'intero episodio, durante la guerra civile la ragazzina poteva aver visto qualcosa che non doveva vedere e l'aveva riferito all'Attillio. (...) I rapitori di Giuseppina decisero subito che lei aveva fatto la spia per i fascisti o per i tedeschi. Le tagliarono i capelli a zero. Le cosparsero la testa di vernice rossa. La condussero al campo di raccolta dei fascisti a Legino, sempre nel comune di Savona. Qui la pestarono e la violentarono. Una parente che era riuscita a rintracciarla a Legino la trovò ridotta allo stremo. La ragazzina piangeva. Implorava: 'Aiutatemi!, mi vogliono uccidere'. Non ci fu il tempo di salvarla perché venne presto freddata con una raffica di mitra, vicino al cimitero di Zinola. Chi ne vide il cadavere, lo trovò in condizioni pietose".
(Giampaolo Pansa, "Il sangue dei vinti")


Al di la' della versione di Numa, trova molto credito il fatto che la ragazzina, a seguito di un tema da lei scritto a scuola, e considerato vicino al fascismo, venne puntata da tre squadristi rossi, i quali le fecero effettivamente tutto cio' che Pansa a scritto nel suo libro. Con una piccola aggiunta: venne violentata e picchiata di fronte ai genitori.

Si conoscono perfettamente a Savona i nomi dei tre assassini tuttora in vita, che ovviamente non subirono alcuna pena, per il loro "coraggiosissimo gesto".
Il loro efferato gesto, come molti altri, e' stato accuratamente coperto e volutamente dimenticato, dagli sciacalli che spesso affiancano i loro compagni assassini.

La bimba che venne cosi' crudelmente uccisa , riposa al Cimitero di Zinola.


Roberto Nicolick


martedì, agosto 28, 2007

lunedì, agosto 27, 2007

IL CIMITERO AMERICANO IN NORMANDIA



Ho visitato il Cimitero Americano dei caduti dello sbarco in Normandia il 6 giugno 1944. Mi ha colpito moltissimo guardare questa distesa di croci bianche di marmo di Carrara, circa 9500 caduti, di cui 1350 non ritrovati, ma partecipanti all'azione.

migliaia di caduti in nome della Liberta'.


SAGOME DETERRENTI IN FRANCIA, ANCHE IN ITALIA ?




Strane sagome
In questi giorni mi sono recato in Normandia ed in Bretagna, terre bellissime del Nord della Francia.

Ho quindi percorso ben 1300 chilometri di tutte le strade fancesi, autostrade, strade nazionali, regionali e comunali.

Spesso in alcuni punti del bordo strada, ho osservato sagome di legno, una o piu’ di una.
Incuriosito , ho chiesto ad una pattuglia della Gendarmeria nazionale che mi ha risposto : queste sagome stanno ad indicare i morti per incidenti stradali, avvenuti proprio nel punto in cui sono messe le sagome, il numero delle sagome e’ esattamente il numero dei deceduti in quel sinistro e la loro funzione, almeno nelle intenzioni delle autorita’ francesi, e’ quello di deterrenza ad una velocita’ pericolosa.

I gendarmi mi hanno detto che nei punti dove le sagome sono state poste, non si sono piu’ verificati incidenti mortali.

Nei miei 1300 chilomtri, attraversando la Francia in diagonale da Modane a Cherbourg ho contato circa 500 sagome al bordo strada.

Stavo riflettendo se un simile sistema potesse funzionare anche sulle strade italiane. Oppure no. Comunque presentero’ un ordine del giorno in tale senso per istituire analoghe misure di deterrenza.

Roberto Nicolick


piccioni, guano e vergogna al cimitero di savona


















Guano e piccioni al cimitero di Zinola
Una vergogna senza fine per i vivi e per i morti

Ho fatto un sopraluogo nella parte ottocentesca e monumentale del camposanto di Savona, un settore che e’ formato da ampi porticati e costituisce il nucleo iniziale della necropoli savonese. In esso vi sono le tombe delle famiglie piu’ antiche e rappresentative della vecchia Savona. Ho potuto osservare che la zona e’ invasa dai piccioni che l’hanno praticamente colonizzata, a centinaia, sono tranquillamente appollaiati sulle lampade e sui portavasi infissi nei loculi, sia quelli in alto che quelli in basso. Da quei nidi, improvvisati, lasciano cadere quantita’ industriali di guano, che lorda e praticamente ricopre le lapidi, il pavimento, le statue, le croci , addirittura in un caso, sporca l’effige , molto suggestiva, di una statua della Madonna apparsa al Santuario di Savona. Vorrei ricordare che il guano rappresenta un serio problema igienico-sanitario. Il guano dei piccioni,infatti, non solo è responsabile dei danni da corrosione alle strutture ma polverizzandosi viene disperso in giro e la zona si popola di agenti patogeni e parassiti derivanti dai detriti organici ( gli escrementi e i resti dei volatili morti), ovviamente il rischio e’ unicamente per chi si visita il camposanto.
In una tomba di famiglia, di una antichissima dinastia savonese, i colombi si sono insediati in gruppo su una croce e hanno depositato le loro puzzolenti deiezioni su di essa e sulla parte monumentale sottostante, che e’ di marmo pregiato nero e ora e’ ha cambiato praticamente colore. Di questo passo fra qualche mese il corridoio sotto il porticato sara’ impercorribile e le lapidi nelle pareti saranno illeggibili, cosa che gia’ avviene ora. A parte il fattore igienico, che riguarda i vivi, cioe’ i visitatori del cimitero, penso che un luogo dedicato al ricordo dei nostri morti debba essere in altre condizioni, attualmente questo settore, che e’ praticamente e’ uno sconcio e’ una colonia di piccioni che lo usano come nido e come latrina. Forse bisognerebbe porvi un rimedio, se non altro per rispetto al luogo.

Roberto Nicolick






lunedì, agosto 13, 2007

IL PROBLEMA ROMA A SAVONA




Roberto Nicolick
Consigliere Gruppo Misto della Provincia di Savona
Cell. 339 7111701 Mail robertonicolick50@alice.it
http://nicolickblog.blogspot.com/

Il problema dei Rom

Anche a Savona si presenta con prepotenza, l’emergenza Rom : agli incroci con semafori, davanti agli sportelli bancomat, alle casse dei parcheggi in piazza del Popolo, di fronte alle Chiese e ai supermercati, gruppi di rom, prevalentemente giovanissimi, o donne con bimbi in fasce, fanno la questua, con voci lamentose e atteggiamenti insistenti.
E’ impossibile non accorgersi della loro presenza, ti afferrano per la giacca, si avvicinano urtandoti, e preferibilmente « agganciano » donne anziane e sole o altri soggetti piu’ fragili che appaiono ai loro occhi piu’ malleabili e disposti ad impietosirsi. Ovviamente in una citta’ piccola come savona il fenomeno e’ molto piu’ appariscente, ma anche a a Torino, Cuneo e Milano il territorio e’ saturo di queste presenze.

Gli uomini di etnia Rom, invece non si fanno vedere in queste situazioni.
Lasciano che le loro donne chiedano la pubblica carita’, inviano i loro bimbi, giovanissimi cronologicamente, ma gia’ esperti, ovunque ci siano prospettive di recepire denaro dalla gente sensibile a due occhioni spalancati di un povero adolescente. Chi non produce viene penalizzato, immagino come.....

Se le condizioni delle donne e dei piccoli fanno pensare a condizioni di estrema poverta’, e’ sufficente osservare come vivono gli uomini per farsi una precisa idea della situazione: catene e braccialetti d’oro, orologi di gran marca, auto di grossa cilindrata mercedes, BMW e Alfa, ovviamente e rigorosamente sporche e mal tenute, ma con la motoristica in perfetto ordine. In somma le donne e i bimbi galoppano come dei novelli schiavi per produrre reddito, non certificabile, e loro fanno i califfi.

Vi sono poi gruppi di rom, piu’ tecnici e specializzati che si sono inseriti in attivita’, non lecite, dove occorre maggior tecnicismo e piu’ conoscenze criminali.

Si infiltrano nei tessuti del territorio, studiano le diverse situazioni e poi agiscono.
In genere si occupano di furti negli appartamenti.
Ho fotografato un piccolo gruppo musicale di Rom, all’apparenza innocuo e tranquillo, che ho seguito personalmente per qualche giorno.
Si spostavano da un quartierer all’altro, con fare simpatico e pacioso intrattenemdo la gente con i loro strumenti musicali come diversivo e come paravento.
Appena arrivavano in una zona,stranamente i tentativi di scasso e i borseggi agli anziani avevano un improvviso picco. Quando se ne allontanavano ritornava la tranquillita’.
Forse e’ una coincidenza. Anche se in questi casi e’ meglio non credere alle coincidenze.


Roberto Nicolick
Consigliere Provinciale


































































SCRITTE DI ODIO A GENOVA NEI VICOLI

























Scritte di odio nei vicoli di Genova

Pomeriggio di sabato, girello per Genova, nel centro storico, Via Pre’, Via del Campo, Via Untoria, Vico Dei Fregoso, Vico degli Adorno, camminando all’ombra dei vicoli la mia attenzione e’ attratta da decine e decine di scritte, tracciate sui muri sghembi, sulle antiche case, nelle viuzze nascoste, sulle serrande di uno dei centri storici piu’ antichi ed estesi di Europa. Scritte tracciate con le bombolette spray, blu, nere, rosse, arancio…tutte tracciare frettolosamente con l’odio nel cuore e nel cervello, scritte tese a fare del male, intinte nel rancore che acceca, nell’odio che fa sentire tutti gli altri nemici, nella volonta’ a me aliena, di urlare a tutti il proprio odio a tutti i costi. Gli oggetti, o meglio i bersagli, delle scritte sono gli “sbirri”, i poliziotti e i commissariati, i carabinieri, i preti, i giornalisti, i nostri militari quando erano in Irak, il martire Quattrocchi, gli ostaggi in genere prigionieri dei terroristi, la TAV…insomma un mazzo di nemici da abbattere e bruciare sul rogo dell’odio piu’ acceso e piu’ folle che possa esistere, quello alimentato dalla ignoranza e dalla ottusita’ ideologica. Ho voluto fotografarle, non certamente per rendere onore o memoria agli ignoti estensori, ma per toccare con mano e documentare i danni che l’odio puo’ portare in una mente o piu’ menti fragili e deviate. A Savona ho cancellato qualche scritta di odio, qui penso che dovrei passarci delle settimane….
Roberto Nicolick
Consigliere Provinciale















Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.