domenica, novembre 02, 2008

SILVESTRO DELLE CAVE









Da Prometeo, il sito per eccellenza anti - pedofilia
LA STORIA DI SILVESTRO.
Silvestro ha 9 anni, lo sguardo furbetto e il nome simpatico, “come quello del gatto dei cartoni animati”, così dicono i suoi amici.
Silvestro corre in strada, insegue un cartoccio di stracci che diventa pallone, una lattina vuota, un colpo tira e goal! Capocannoniere. O campione del mondo.
Un mondo povero, a tratti degradato, da conquistare giorno dopo giorno, per sopravvivere, guadagnarsi un’occasione, nel nome della legalità, con uno stato assente ed un altro, parallelo, presente. Fin troppo.
Silvestro corre, corre per le strade polverose, tra gatti randagi e ciottoli. Corre con i suoi amici, compagni di giorni che si alternano spensierati, lontano all’orizzonte il mondo degli adulti, lontano quel futuro, troppo lontano, ma per ora tutto è divertimento, spensieratezza, pulizia, gioco.
Come quello di fare gli scherzi, passione che riunisce magicamente tutti i bimbi del mondo, si suona il campanello di un citofono, magari si borbotta qualcosa e poi via di corsa, con l’adrenalina che corre a mille nelle vene e la certezza di aver compiuto chissà quale trasgressione.
E l’eco delle voci che dai citofoni fuoriescono ti rincorre, dandoti ancora più forza, rendendoti ancora più veloce mentre un brivido piacevole quanto repentino ti scorre lungo la schiena.
Roccarainola, così si chiama il paese, è un piccolo centro abitato, frazione di Cicciano.
Tutti nel bene o nel male si conoscono. Tutti sanno tutto di tutti.
Il rione delle case Gescal, case popolari, è forse quello più povero di altri, anche se a ben guardare quando si tratta di povertà qui non ci sono certo grandi differenze.
Silvestro gioca con i suoi amici e incontra il suo destino con un colpo di citofono, quello che suona direttamente all’inferno degli angeli.
Il nome sul campanello è quello di tale Andrea Allocca, pensionato settantenne.
Il vecchio scende in strada, sbraita, urla contro quei ragazzetti che gli hanno fatto lo scherzo. Silvestro si fa sempre più piccolo, si spaventa, non pensava ad una simile reazione, lui poi è un bambino e quello è solo un innocente sciocco gioco.
Piange Silvestro, si blocca dalla paura e piange. Forte. Il vecchio allora la smette di sgridarlo, il Diavolo si sa essere astuto e sfruttare ogni occasione gli si presenti. Prende il piccolo sotto braccio e lo accompagna “di sopra, a casa, dove si potrà calmare”.
Certo il bimbo l’ha fatta grossa, quelli non sono mica scherzi da fare, la punizione, capitelo bene, ci deve essere.
Inizia così, in quel dannato giorno del 1997, il ciclo di abusi sessuali a cui il piccolo Silvestro verrà sottoposto, in quella altrettanto maledetta palazzina al 27/a del rione Gescal.
Insieme allo “Zì Andrea” si uniscono ben presto il genero, Gregorio Sommese di 43 ani ed il cognato di quest’ultimo, Pio Trocchia.
I tre abusano del bambino, a volte anche a cadenza quotidiana e poi gli danno pochi spiccioli, magari delle caramelle, facendogli passare il messaggio che lui “quelle cose lì le fa per soldi, per interesse e per questo è meglio che tenga la bocca chiusa”.
Il bambino sta male, tanto, diventa abulico, a scuola pure va male ed i giochi con i compagni si fanno sempre più rari, qualcosa, o qualcuno, gli ha spento la gioia di vivere.
Silvestro poi è ferito dai sensi di colpa, che gli esplodono dentro e gli fanno male, tanto troppo male. Per questo un giorno, dopo l’ennesimo stupro di gruppo, mente si riveste dolorante e piangente, davanti ai suoi carnefici sazi, Silvestro dice “basta!”. Non vuole più continuare, anzi non ha proprio mai voluto farlo, sono loro i cattivi che l’hanno obbligato e ora lui dirà tutto al suo papà……
Forse è stata la sua ultima frase, o forse ha detto qualcosa d’altro, magari una supplica, chissà.
Andrea Allocca, capo branco, prende un bastone e picchia forte sulla testa di Silvestro.
Quindi insieme a Gregorio Sommese fa a pezzi il corpo del bimbo, mentre Pio Trocchia va a prendere la sua Panda.
Andrea Allocca e Gregorio Sommese portano via i resti del bimbo dentro ad un sacco di juta, mentre Trocchia resta a casa a pulire.
Le ricerche di Silvestro, scomparso da casa oramai da cinque giorni partono dalla Campania per toccare l’Italia tutta.
Possibile che in una frazione così piccola nessuno abbia visto nulla? Nessuno sappia nulla? L’omertà si sa è un brutto male, che ama essere complice di altri mali grandi quanto lei.
Grazie ad una intercettazione telefonica i carabinieri arrestano Andrea Allocca e Gregorio Sommese: è soprattutto quest’ultimo a dare indicazioni al telefono, spaventato dalle perquisizioni fate dagli “sbirri” nel rione Gescal.
Poche ore dopo fermano anche Pio Trocchia.
I tre confessano. Nei minimi dettagli. Agli inquirenti non pare vero di ascoltare una dichiarazione tanto dettagliata, quanto violenta, ma soprattutto priva di emozioni. Silvestro è una cosa, un oggetto, usato, rotto e buttato.
“Speravo di ritrovarlo, ma non dopo aver subito questo” dice la madre Rosaria, mentre ancora non si trova il corpo del bimbo. Gli inquirenti requisiscono a casa di Alocca una roncola ed una pesante mazza, ma si rifiutano di rendere pubblici i dettagli del caso perché “troppo raccapriccianti”.
Riveleranno solo alcune dichiarazioni delle belve, che diranno che il bimbo prima l’hanno cercato di soffocare, poi l’hanno colpito più volte al capo e poi l’hanno fatto a pezzi; inoltre confermeranno che i resti sono stati bruciati, insieme ai suoi quaderni ed alla cartella di scuola.
La confessione, ripeto, viene fatta senza emozioni. Anzi, dopo l’omicidio i tre si ripuliscono e tornano a casa dalle rispettive famiglie per il pranzo, salvo tornare nel pomeriggio per eliminare gli ultimi resti di Silvestro.
Passano 8 anni: il 12 aprile 2005 viene ritrovata una valigia, durante gli scavi per la ristrutturazione di una casa. Contiene dei resti umani, un cranio sfondato e delle scarpine da tennis taglia 37 insieme a dei brandelli di abiti.
I genitori li riconoscono come quelli di Silvestro. L’esame del dna conferma l’esattezza del riconoscimento. Resta da capire come siano finiti lì e perché non siano stati bruciati come gli assassini avevano dichiarato.
Il 7 maggio viene celebrato il funerale del bimbo, a cui partecipano più di duemila persone.

Gli assassini.
Andrea Allocca è morto in carcere per un edema polmonare solo due settimane dopo l’assassinio.
Il paese si è letteralmente rivoltato, rifiutando che venisse seppellito in terra consacrata (peccato non siano stati così “rivoltosi” quando lo dovevano) ed infatti i funerali sono stati fatti in un posto sconosciuto. Nessuno dei suoi parenti pare sia andato a dargli l’ultimo saluto……
Pio Trocchia è stato condannato con condanna definitiva all’ergastolo. Pare che in carcere sia diventato pazzo. Pare…..
Gregorio Sommese invece è stato assolto dall’omicidio ed ha scontato 9 anni, solamente 9 anni, per occultamento di cadavere.
Oggi Gregorio Sommese è LIBERO. La madre di Silvestro ha “ringraziato i Giudici” ed avvisato le altre mamme: “attente c’è un pedofilo in libertà”.
E se qualcuno sa dirci dove sia, gliene saremmo grati………..

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Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.