Ernesto Francesco
Lorenza
Era un ex ufficiale
Repubblichino, capitano della Guardia Nazionale Repubblicana, IX
Compagnia, in servizio presso il distaccamento di Savona, nato a
Tenda il 17.11.1903 a Tenda ( all’epoca provincia di Cuneo e dal
1947 ceduta assieme a Briga alla Francia ), era stato anche decorato
in qualità di Centurione della Milizia, con medaglia d’argento al
Valor Militare. L'omicidio di Lorenza per le modalità con cui
avviene è un classico della serie della pistola silenziosa.
In seguito ad una
affezione agli occhi, una paralisi del nervo ottico, egli viene
ricoverato per ricevere delle cure adeguate, presso l’Ospedale San
Paolo nel reparto di oculistica, lo stesso Ospedale dove fu
ricoverato Giuseppe Wingler nei suoi ultimi istanti di vita.
Lorenza, precedentemente
arrestato sotto l'accusa di collaborazionismo e processato, era stato
appena rilasciato in seguito ad una sentenza del C.A.S.( Corte di
Assise Speciale ) che lo aveva prosciolto e reso libero.
A causa del verdetto di
proscioglimento, un gruppo di persone, bene orchestrate avevano
protestato con violenza arrivando ad aggredire gli avvocati difensori
degli imputati, uno dei quali l'avvocato Milanese Gian Filippo Di
Paola era ricoverato in una saletta attigua a quella dove l’ufficiale
era ricoverato a causa del feroce pestaggio a cui era stato
sottoposto.
All’ingresso
dell’Ospedale e della corsia, stazionano alcuni agenti della
polizia ausiliaria partigiana che dovrebbe, almeno formalmente,
proteggere Lorenza da ulteriori violenze e per piantonare un
detenuto, tale Artioli, il quale in almeno una occasione litiga con
Lorenza. Artioli, di Modena, è un comunista militante di opinioni
politiche divergenti con l'ex ufficiale, il quale afferma di andare
fiero della sua fede fascista, al termine della discussione Artioli
pare che minacci apertamente Lorenza.
In seguito Artioli si
allontana dall’ospedale dopo che è avvenuto l'omicidio, grazie
alla eccessiva distrazione dei poliziotti ausiliari che avrebbero
dovuto sorvegliarlo, per questa fuga, un agente della polizia
ausiliaria partigiana il quale aveva la consegna di piantonare il
recluso, tale Novaro, viene licenziato dal Questore Monarca.
L’ufficiale
Repubblichino si trova allettato al centro di un grande stanzone del
nosocomio savonese al secondo piano, assieme ad altri degenti nel
reparto di oftalmologia, tutti i ricoverati hanno delle bende sugli
occhi e quindi non sono in grado di vedere quello che accade.
Siamo all'11 luglio del
1945, il Capitano ha una medicazione sugli occhi , può solo sentire
e sta chiacchierando con altri ricoverati che occupano i letti
vicini. In quel momento non vi è nessuno del personale sanitario
nello stanzone.
Qualcuno si avvicina
silenziosamente al suo letto, gli punta una pistole al capo,
esattamente alla nuca, a distanza molto ravvicinata e preme il
grilletto. Lo sparo non è assolutamente percepito dagli altri
ricoverati non essendoci stata la detonazione è chiaro che è stata
usata una pistola con il silenziatore. I degenti avvertono che
Lorenza ha smesso improvvisamente di dialogare con loro ma non vi
danno immediata importanza, in seguito affermeranno di aver percepito
solo il rumore del sangue che cola a terra e preoccupati perchè
Lorenza non risponde ai loro richiami, avvisano il personale
sanitario.
L'assassino ha a sua
disposizione una ventina di minuti per allontanarsi dallo stanzone,
scendere le scale sino al piano terra e per uscire dall'ospedale,
magari non dall'ingresso principale ma da uno delle tante uscite
secondarie che danno nel quadrilatero delle strade che circonda il
grande edificio, posto nel centro di Savona, da cui si può andare in
tutte le direzioni.
Interviene il Dott.
Bogliolo affiancato dal collega Gallo Basteris, entrambi si rendono
conto della presenza di un foro di ingresso alla nuca e di uscita
nella regione frontale e capiscono che la morte non è avvenuta per
cause naturali.
Stranamente i poliziotti
ausiliari, all’ingresso dell’ospedale e della corsia, non hanno
notato entrare o uscire nessun sospetto.
Qualcuno, in seguito in
una deposizione verbalizzata, ha affermato che la sorveglianza
esterna sarebbe stata inutile, visto che l’omicida era già
presente all’interno dell’Ospedale San Paolo, dato che ci
lavorava .
Una ipotesi indica
Lorenza come una persona depositaria di alcuni segreti o presunti
tali, egli era stato incaricato dal proprio reparto di gestire e
custodire delle ingenti somme di denaro, la cassa del reparto. Questi
valori dovevano partire assieme alla colonna repubblichina in
ritirata da Savona in direzione di Altare e poi per proseguire sino
a Valenza Po, ma non arrivarono mai a destinazione, ad un posto di
blocco partigiano, poco prima dell’abitato di Altare, il prezioso
carico sparì.
Forse Lorenza vide chi
aveva “confiscato” il bottino, oppure aveva barattato la propria
libertà ed incolumità consegnando il tesoretto.
Lorenza assieme a Wingler
aveva fatto parte dell'U.P.I. i servizi informativi e aveva fatto
parte delle B.B.N.N. ( Brigate Nere) in provincia di Savona, pertanto
era a conoscenza dei nomi e dei ruoli di molti doppiogiochisti che
erano presenti su diversi tavoli, perseguendo il proprio tornaconto
personale.
A qualche anno dalla fine
della guerra civile e quindi dei regolamenti di conti, un gruppo di
persone fu fermato ed identificato dai Carabinieri di Savona, mentre
stava sbancando, con attrezzi adeguati e con grande lena, un punto
preciso della rotabile che porta a Cadibona, quasi come se cercassero
un tesoro.
Quella rotabile l’aveva
a suo tempo percorsa, anche Il Capitano Lorenza con la colonna in
ritirata, lungo la quale era sparita la cassa del reparto. I
carabinieri identificarono le persone come ex partigiani e come ex
repubblichini, il denaro a volte unisce persone diverse tra loro. Le
indagini sull'omicidio di Lorenza non portarono a nulla, tranne che a
sparare era stata una pistola con silenziatore.
Nessun commento:
Posta un commento