martedì, febbraio 10, 2009

OGGI IL GIORNO DEL RICORDO : LA TRAGEDIA DELLE FOIBE


Oggi, “Giorno del Ricordo” delle Foibe, negli istituti scolastici di ogni ordine si svolgeranno attività di approfondimento sugli eventi che “costrinsero centinaia di migliaia di italiani, abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, ...
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... a lasciare le loro case spezzando secoli di permanenza continuativa in quei territori”.
L’invito agli istituti è giunto attraverso una lettera inviata dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini a tutti i dirigenti scolastici d’Italia. Il responsabile del Miur invita docenti e studenti ad organizzare eventi che possano approfondire il quadro storico, “anche con il coinvolgimento delle associazioni degli esuli”, e fare chiarezza su “un quadro storico, circostanziatamente documentato, che, tenendo conto della particolare situazione dell’Italia del dopoguerra, possa fornire un contributo di analisi e di studio di questi fatti”.
Le iniziative auspicate da viale Trastevere, istituite con la legge numero 92 del 30 marzo 2004, sono “volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero”.
La terribile pagina di storia a cui fa riferimento il Giorno del Ricordo è quella che interessò i territori dell’Istria a partire dall’autunno del 1943, subito dopo l’armistizio, fino al 1947, dove furono rastrellate, deportate e uccise migliaia di persone, per lo più italiani, dai partigiani comunisti dell’esercito di Tito. Ancora oggi, dopo circa sessant'anni, non ci sono cifre ufficiali relative ai deportati, agli italiani uccisi durante la prigionia e, soprattutto, agli infoibati.

1 commento:

  1. Luigi Papo de Montona

    L’ISTRIA E LE SUE FOIBE

    Storia e tragedia senza la parola fine Volume I

    Dalla Prefazione di Silvio Delbello, Presidente dell’Unione degli Istriani: “Nonostante tanti anni trascorsi e tanti cambiamenti intervenuti, non ci è stato ancora possibile onorare degnamente i nostri Martiri, come avremmo desiderato e come sarebbe stato nostro sacrosanto diritto.
    A tale esigenza risponde questo volume di Luigi Papo, e non poteva essere altrimenti, considerando il fatto che l’autore, oltre ad aver vissuto le vicende, da sempre le studia ed ha già pubblicato numerosi volumi sul tema.
    Le vicende di Pisino, di Vines, di Gallignana, di Cregli, di Carnizza, sono la testimonianza del martirio che agli istriani è stato inflitto dagli occupatori, e Luigi Papo le racconta con serena passione, con ricchezza di dettagli e di informazioni, con linguaggio rispettoso delle vittime.” L’autore
    Collana Historia
    pagg. 268 – aprile 1999
    Euro 18,00
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    Luigi Papo de Montona

    L’ISTRIA TRADITA

    Storia e tragedia senza la parola fine Volume II

    Dalla Prefazione di Silvio Delbello, Presidente dell’Unione degli Istriani: “Questo volume è la continuazione di quello precedente. Alla conclusione degli eventi bellici, gli Istriani hanno subito le conseguenze più dolorose della guerra stessa: persecuzioni, deportazione e morte, fuga dalla casa natìa, campi di raccolta e infine l’emigrazione in terre lontane e sconosciute. Sopprimere ed eliminare gli Italiani in quanto tali, era l’imperativo principale degli Slavi, prima ancora della lotta di liberazione vera e propria.
    Gli istriani vissero la dolorosa pagina dell’esodo tra l’indifferenza dell’opinione pubblica italiana e questa circostanza, come pure la tematica delle foibe, restano argomenti scottanti da affrontare.
    Questo libro di Luigi Papo approfondisce la narraazione dei terribili misfatti vissuti dalla gente istriana in balia del dominio slavo-comunista. I lunghi elenchi dei caduti, deportati, dispersi, massacrati in maniera atroce, infoibati, passati per le armi, sono la prova della ferocia slava contro gli Italiani.”

    Collana Historia
    pagg. 301 – novembre 1999
    Euro 18,00

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Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.