venerdì, agosto 07, 2009

I VALOROSI PARTIGIANI DI PEDESCALA


I VALOROSI PARTIGIANI PRIMA SPARANO E POI SPARISCONOLa strage di Pedescala è avvenuta tra il 30 aprile e il 2 maggio 1945 in tre frazioni del comune di Valdastico (Vicenza): a Pedescala dove sono morte 64 persone, a Forni e Settecà dove sono morte altre 18 persone. Esecutori furono reparti dell'esercito tedesco con l'aiuto di italiani.La strage ebbe luogo a nord diVICENZA, tra gli altipiani di TONEZZA DEL CIMONEe dei Sette Comuni ASIAGO, dove, subito dopo Pedescala nei pressi diARSIERO, sbocca la Val d'Astico.Risalendo la Val d'Astico ci si dirige a nord verso Carbonare, frazione di LAVARONE , ove si scende verso TRENTO , la Val d'Adige e il Brennero.La valle è storicamente sempre stata la strada per la Germania e nell'aprile del 1945 era percorsa dai reparti dell'esercito tedesco che tentavano di rientrare in patria secondo gli accordi presi Pochi giorni prima del 30 aprile, a guerra finita, una avanguardia tedesca viene fatta oggetto di un attacco da parte di un gruppo di partigiani che uccidono sei tedeschi e si allontanano. Dietro sopraggiunge la colonna principale in ritirata che trova i propri compagni uccisi si attesta in Pedescala e comincia a rastrellare i maschi del paese minacciando di ucciderli con la triste consuetudine di 1 a 10 se non si presentano i responsabili della uccisione dei sei tedeschi. Il 30 aprile del 1945 è un Lunedì. Non avendo alcuna risposta la colonna insidiata a Pedescala inizia a sparare uccidendo nei giorni 64 persone. Quindi abbandona la valle proseguendo la ritirata. Parte degli abitanti riescono a fuggire, altri sono allontanati verso il cimitero, verso la Val d’Assa e altri sono uccisi. Tra gli uccisi il parroco, il suo anziano padre, un bambino di 5 anni e interi gruppi familiari. In totale 8 donne e 56 maschi. Nelle vicine frazioni di Forni e Settecà 18 persone sono radunate e uccise. Il 2 maggio 1945 la colonna parte verso nord abbandonando un abitato devastato e incendiato.Le zone di montagna circostanti erano controllate da vari gruppi di partigiani che se da una parte avrebbero desiderato arrecare il maggior danno possibile al nemico, dall'altra ne conoscevano la forza e la propensione alla vendetta.Anche riguardo alle decisioni del CNL sull’atteggiamento da tenere durante la ritirata tedesca vi sono versioni contrastanti.Alcuni autori scrivono che per evitare il più possibile che avvenissero degli scontri e per facilitare il passaggio possibilmente senza vittime, era stato firmato a Vicenza (o meglio forse a Schio) un accordo fra l'esercito tedesco e il CNL (o meglio forse i capi partigiani della zona).Altri invece scrivono che l’ordine era di contrastare la ritirata con sabotaggi di ponti e interventi armati di disturbo.Sui motivi che possono avere scatenato tanta barbarie vengono citati: L’uccisione di sei o sette militari tedeschi avanguardie della colonna (fatto che però sembra sia avvenuto in contrà Valle di Tonezza, quindi in tutt’altra zona ).L’uccisione di due tedeschi ed il ferimento di un terzo, avanguardie della colonna.La vendetta di un alto ufficiale tedesco che era stato catturato dai partigiani, imprigionato proprio in quella zona, che era riuscito a fuggire il 29 aprile e che nella fuga aveva incontrato la colonna che poi attuò il massacro.Su chi abbia sparato sui tedeschi, fatto non provato ma probabile, alcuni autori hanno indicato i partigiani garibaldini, altri gli autonomi ed infine degli isolati assetati di vendetta e gloria.Qualche autore scrive che i partigiani sarebbero riusciti a bloccare il passo ai tedeschi per tre giorni, ma la sproporzione tra il numero e gli armamenti delle due parti rende l’affermazione poco credibile.Nessuna indagine è riuscita a chiarire tutti questi punti.


Nel 1983 il solito Presidente Partigiano con la pipa in bocca, si recò bel bello a Pedescala, per consegnare la solita medaglia, che però venne rifiutata dalla popolazione con la seguente motivazione.« Spararono poi sparirono sui monti, dopo averci aizzato contro la rabbia dei tedeschi, ci lasciarono inermi a subire le conseguenze della loro sconsiderata azione. Per tre giorni non si mossero, guardando le case e le persone bruciare. Con quale coraggio oggi proclamano di aver difeso i nostri cari »

13 commenti:

  1. Ciao Roberto, tanti, tanti e sinceri complimenti per il tuo interessante blog e soprattutto per il tuo coraggioso lavoro di ricerca della Verita'.
    Grazie del consiglio nel mio guestbook di leggere il tuo libro. Ti ho inviato subito un email per ordinare il libro.
    Di nuovo Grazie
    Andrea e Mattia Cammarota
    Caserta
    Reminiscenze Storiche
    www.camman.info

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  2. Avevo letto dei fatti di Pedescala nel libro "Il Revisionista" di Pansa.Poi ho scoperto il suo articolo qui sopra e ho avuto la conferma che quel che scriveva l'autore de "Il sangue dei vinti" era vero. Mi riprometto di mettere il suo sito tra i miei preferiti.

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  3. Questi vigliacchi che hanno ucciso sei tedeschi che stavano tornando a casa, a guerra finita e dopo che si erano già arresi agli alleati, non meritano altro che la definizione adatta in questi casi : Vigliacchi appunto...

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    1. Arresi? A me risulta che la guerra non era ancora finita, erano semplicemente in ritirata. Dubito che le cose siano andate veramente così perché in molti altri casi indagini accurate (vedi Va Rasella) hanno evidenziato che i partigiani non erano nelle condizioni di conoscere le richieste di consegnarsi ai tedeschi e i tedeschi avevano proceduto immediatamente alla rappresaglia. Ma anche se le cose fossero andata così, perché non si stigmatizzano i fascisti italiani che in questo caso come nella maggior parte delle stragi avvenute, hanno guidato i tedeschi nei luoghi della rappresaglia e spesso indicando loro gli antifascisti da sopprimere. Non sonostati anche loro dei vigliacchi?

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  4. mai sentito dei tre processi ai massacratori di via rasella da parte dei familiari dei civili uccisi? di cui 2 bambini?
    ebbene furono assolti e medagliati
    che schifo, che merda siamo noi italiani

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  5. Incredibile la faziosità e l'ignoranza con la quale si parano giudizi su fatti dei quali non sa praticamente nulla.
    Chi pontifica qui dovrebbe veramente lavarsi la bocca....
    In inciso: un saggio storico non è una copia di una pagina di Wikipedia. Ci pensi l'autore.
    Quuanto poi a coloro che citano poveri tedeschi già erresi agli alleati, ricordo che la colonna del caso non so era arresa a nessuno: se cosi fosse stato, non avrebbero avuto armi da usare.... semplice, non trovate?

    Ricordo poi che la natura degli sparatori (sulla cui esistenza c'è ancora dubbio, come pure qui si ricorda) è tuttora ingnota: fra le varie ipotesi c'è quella che si tratti di sbandati locali.. non partigiani inquadrati nei reparti organizzati. E se fosse vero? Come la mettereste?

    Meno faziosità e più oggettività non guasterebbe... anche in siti come questo.

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  6. Purtroppo l'abitudine di sparare e scappare i partigiani ce l'hanno sempre avuta,ben sapendo cosa avrebbero fatto i tedeschi per vendicare i loro compagni(mettiamoci anche nei loro panni,cosa faresti tu soldato,in un paese straniero in una situazione del genere ? Si non stando seduto, ma se davvero vedessi i tuoi compagni morti?Non stando seduto al computer,pensaci bene)Erano momenti brutti e non era come nei film.

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    1. Io allora avevo 11 anni e abitavo a Carrè. Conoscevamo famiglie di Pedescala. I superstiti ci hanno raccontato che quelli che spararono, spararono con dei semlici fucili,dal capitello sulla strada sopra il paese verso Rotzo (Il caèpitello si vede da Pedescala).
      Poi scapparono LO DICEVANO I SUPERSTITI nel maggio 1945!!
      Questo è sicuro. Una famiglia che avevano avuto tre morti, tra questi un ragazzo di 13 anni ci dettero il vestario di questo, che io poi in quel tempo ho usato.

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  7. Mi vien da dire che è la guerra. I tedeschi in ritirata erano veramente dei poveracci che la sera proima dell'eccidio alloggiarono nelle case di Pedescala senza creare disordini; coloro che spararono durante la ritirata furono altri poveracci senza cognizione di ciò che stavano facendo, in cerca di vendetta. La fonte di questo che scrivo è mio nonno, aveva 14 anni allora e perse il padre lo zio e riuscì a scappare. Quindi inutile trovare, a mio giudizio, colpevoli tra partigiani o soldati in fuga, i colpevoli son da cercare tra coloro i quali dettero il via alla guerra stessa

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  8. Un pressapochismo bestiale su tutto quello che vedo scritto. Troppo facile
    fermarsi alle apparenze, i tedeschi, per testimonianze sicure, erano guidati da italiani del posto (parlavano dialetto!!) ad indicare quali case bruciare, e quali persone ammazzare e bruciare... Una tesi che segue questa verità accertata,
    è che le strage di Pedescala /Forni/Settecà è stata provocata ad arte per la sete di vendetta di qualcuno, mai nominato dai partigiani interrogati, coperto dai partigiani, che nella valle seminava il terrore, e che faceva chiaramente il
    doppio gioco. Quando i tedeschi in ritirata si sono affacciati alla parte critica della Valle, subito dopo Barcarola, sono stati oggetto di sparatorie provenienti da entrambi i fianchi della Valle, una brigata sul versante Rotzo, una brigata sul versante Tonezza. Il convoglio è stato tenuto bloccato in Barcarola per tre giorni
    da queste sparatorie, finite dopo che i tedeschi guidati da italiani hanno distrutto Pedescala.

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  9. e non dimentichiamo che sono stati gli italiani a tradire l'alleanza... perchè si tende sempre a dimenticarlo... i tedeschi erano ovviamente già incazzati per questo... fare i cecchini è stato come buttare la benzina sul fuoco...

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  10. mia madre mi raccontava sempre di nefandezze compiute dai partigiani nel trevigiano che poi lasciavano le popolazioni a subire le rappresaglie.

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  11. Ormai e' noto che I partigiani comunisti delle Brig. Garibaldi volevano estendere la guerra civile in tutto il Paese. Per poi poter subentrare , come da loro stessi ammesso nel dopo guerra ,con il regime dittatoriale di stampo comunista a loro tanto caro , rendendo l Italia un satellite URSS.Regime sanguinario al pari del nazismo.Non tutti I partigiani furono brava gente , nelle file delle Garibaldi vi furono molti assassini e banditi spinti da ideologia politica , interessi economici e vendette personali.Vedasi la strage di Porzus o la missione Strasserra ove si uccisero altri partigiani di ideologia politica diversa dal comunismo. La Storia ,quella con la S maiuscola e' ben diversa da quella mistificata , scritta a proprio comodo e raccontata da decenni alla festa della salamella !!!

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Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.