lunedì, febbraio 14, 2011

L'uccisione di Domenico Masoero: anche questa fu Resistenza ???????


Domenico Masoero, classe 1902, era un semplice “camallo” del porto di Savona, non essendo più giovane e scarsamente idoneo per il servizio militare attivo al fronte , viene inserito nel corso della seconda guerra mondiale, nella cosiddetta UNPA, (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) la Milizia Antiarea, che in Italia gestiva le postazioni antiaeree, con il compito di difendere il centro abitato e gli impianti industriali della città dalle frequenti incursioni aeree alleate. A causa dei bombardamenti alleati che colpirono duramente l'Italia durante la seconda guerra mondiale, il personale dell'UNPA esercitò un ruolo rilevante nel soccorso dei civili sepolti dalle macerie. Gli uomini che facevano parte dell’UNPA non erano militari professionisti, anzi esattamente il contrario, quando iniziava il coprifuoco, essi indossavano una palandrana, l’elmetto, prendevano il kit antigas con la maschera e giravano per le vie della città assicurandosi che le finestre delle abitazioni fossero schermate, per non segnalare agli aerei nemici bersagli da bombardare. Domenico Masoero , sposato con Angela Grippo, era uno di questi uomini, che pur senza essere combattenti, facevano in concreto della Protezione Civile ante litteram. Masoero fece parte della milizia antiarea dal 1940 sino al 1944 e quindi venne ritirato dal servizio antiaereo e fu inviato a ricoprire l’incarico di magazziniere presso il magazzino vestiario della Federazione Fascista Repubblicana. I suoi vicini , quelli ancora in vita, ultraottantenni lo ricordano come un uomo semplice e buono, molto disponibile . Il pover’uomo non era un bieco torturatore fascista, era un gregario che distribuiva il vestiario e le uniformi ai militi repubblicani, ma , proprio per questo, venne immediatamente preso di mira dai partigiani comunisti, all’indomani del 25 aprile 1945. Accusato di fare parte di una Brigata Nera, la F. Briatore oltreché di essere iscritto, come tutti al Partito Fascista Repubblicano, iniziò per lui un vero e proprio calvario. Masoero, compresa la situazione, per non creare guai a sua moglie e ai quattro figli, di cui tre in giovanissima età,si allontana da Savona e raggiunta Acqui Terme si costituisce alle formazioni partigiane locali , ma avutane notizia i soliti partigiani comunisti savonesi, lo vanno a prelevare e lo portano alla prigione di Savona, il vecchio carcere Sant Agostino in piazza Monticello. Qui viene tenuto prigioniero per pochissimi giorni, e poi gli stessi partigiani che l’hanno preso lo trasferiscono, il 17 maggio, al campo di prigionia di Legino, comandato dal “tenente “ dei Partigiani Comunisti Luigi Vittorio Rossi detto “Stella Rossa”, affiancato nel comando da Ottonello Giuseppe, commissario politico, altro partigiano di “grande esperienza” nel trattare i prigionieri fascisti. Il campo di Legino è in una scuola elementare, la stessa dove fu assassinata la tredicenne Giuseppina Ghersi, uno dei casi più orrendi di atrocità commessi dai partigiani comunisti. La moglie Angela Grippo, avuta notizia del fermo del marito e del suo trasferimento al gulag di Legino, campo di non “ritorno”, con grande ansia si reca spesso al lager e riesce ad avere qualche brevissimo colloquio con il marito. L’uomo appare molto spaventato e gli fa i nomi di altri suoi compagni di prigionia, Giusto e Molinari, inoltre un altro internato Ercole Bottaro, riesce a paralare con la signora e le chiede notizie della moglie di cui non sa nulla da giorni. In genere i colloqui tra la povera moglie, Elena Gripppo e il Masoero avevano una durata brevissima , pochi minuti ,e in diverse occasioni i responsabili del campo , Rossi e Ottonello, arrivavano ad interrompere bruscamente gli incontri tra il marito e la propria moglie che veniva allontana e pure insultata, per la sola colpa di essere sposata con un “fascista”. Il 24 mattina, la signora Grippo si reca al campo per portare degli alimenti destinati a suo marito, che vengono ritirati dal partigiano di guardia il quale le comunica che il Masoero non è più presente presso quel campo e che quindi dovrà cercarlo altrove. Anche questo è un eufemismo che sta a significare che il prigioniero non è più in vita. Da quel momento la moglie non ha più notizie del marito, del modo e del perché è stato ucciso, dell’eventuale processo a cui è stato sottoposto e soprattutto del luogo della inumazione della salma. Scompaiono oppure non sono mai esistiti , gli atti amministrativi che dovrebbero documentare l’arresto , la detenzione, un eventuale processo e l’esecuzione del Masoero. La tendenza era quella di fare sparire ogni traccia anche la più piccola della esistenza di un fascista, a tanto infatti arrivava l’odio. La Signora Angela Grippo, nel 1946 denunciò , alla questura ed ai carabinieri la scomparsa di suo marito, in base a questa denuncia il Rossi Luigi, “Stella Rossa” viene interrogato e rilascia una dichiarazione, verbalizzata che è un capolavoro di menefreghismo e ipocrisia oltreché di arroganza: “ Quale ex comandante del campo di concentramento di Legino, dichiaro di non aver mai conosciuto né sentito parlare del Molinari Carlo, né del Masoero Domenico. Preciso che i detenuti politici venivano immessi al Campo dietro ordine della Questura e rilasciati esclusivamente per ordine scritto della Questura stessa. Non ho altro da aggiungere.” Anche il successivo comandante del campo, Del Santo Aldo, negò assolutamente di aver mai sentito parlare del Masoero o di altri detenuti , ammise solo che il precedente comandante era Rossi Luigi e basta. Dopo lunghe ed infruttuose ricerche, la moglie nel dicembre del 1949, fece un ulteriore e disperato, esposto alla Procura della Repubblica, raccontando la vicenda e adombrando il sospetto che il corpo del marito fosse stato gettato nella famosa “fossa dei cavalli “ a Legino. La signora chiese nel documento, di avviare indagini per poter dare cristiana sepoltura al marito e ai suoi compagni di sventura. Inoltre, era intento della povera donna, madre di ben 4 figli di cui tre adolescenti, sapere come e dove il proprio marito fosse stato ucciso e soprattutto la motivazione . Un’altra ragione che spinge la signora Grippo a voler avere cognizione , sta nel fatto che senza un certificato comprovante la morte del marito, lei non può essere definita vedova e pertanto non percepisce alcuna pensione di guerra che le sarebbe utile per mantenere i suoi 4 figli. Il primo febbraio 1950, la Questura di Savona e il Comando dei Carabinieri iniziarono le opportune indagini, procedendo con gli interrogatori del Rossi Luigi, responsabile del Campo di Legino alla ricerca del luogo denominato fossa dei cavalli o anche cimitero degli animali. Un rapporto dei Carabinieri, fra le altre cose afferma “ …e’ risultato che nei giorni della liberazione del territorio nazionale, da parte di elementi partigiani, nel citato sito ( la fossa dei cavalli) vi furono gettate delle salme di persone giustiziate e che indubbiamente si volevano tenere celate”. Le indagini non approdarono a nulla, i partigiani comunisti generalmente, non hanno mai svelato i luoghi di sepoltura delle proprie vittime, in un lungo filo di odio interminabile. Il 16 dicembre del 52 la Grippo invia un altro esposto che termina così : “ la scrivente chiede almeno di poter rintracciare i resti del proprio marito per darle sepoltura”. A tutt’oggi la salma del Masoero non fu mai ritrovata, la signora si spense pochi anni fa, senza avere avuto le risposte che per tanto tempo aveva cercato e i suoi figli smisero di cercare i resti del padre. Nessuno fu punito per questo omicidio politico. Domenico Masoero giace nascosto in qualche posto ignoto, dove i suoi assassini lo hanno abbandonato, un posto che solo loro conoscono ,e il cui segreto si sono portati nella tomba, su cui nessuno può posare un fiore o pregare. Roberto Nicolick

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