lunedì, febbraio 14, 2011

una visita dovuta al cimitero maggiore di Milano....


L’anziana signora savonese, costretta sulla sedia a rotelle, che mi sta davanti, ha un’aria decisamente sofferente, mi parla con frasi toccanti e intervallando parola per parola, in una modesta abitazione . Questa povera donna inferma e vedova, è una madre, ultranovantenne e mi ha fatto chiamare al telefono da una vicina che mi ha pregato di andare a visitarla per chiedermi una cortesia.

Ecco la sintesi del colloquio: suo figlio appena sedicenne, contro la volontà dei genitori, nel 43 animato da un ideale, si arruola nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, la signora non è in grado di precisare in quale corpo e in quale zona, sa solo che il ragazzo va in Germania a fare un addestramento militare, riceve delle cartoline e lo rivede in uniforme prima di essere destinato al suo reparto e poi basta, nelluna altra notizia.

Nell’aprile del 1945, quando avviene il crollo del Regime Repubblicano, il giovanissimo volontario viene preso dai partigiani in Valtellina, e vive i momenti terribili e disperati del redde rationem, assiste all’arresto di Mussolini e della Petacci, oltre che dei vari gerarchi in fuga, anche per il ragazzo non va bene.

Muore contro un muro, freddato dal plotone di esecuzione partigiano, senza neppure uno straccio di processo, il suo corpo verrà ritrovato in una forra in Lombardia, e in seguito sepolto a Milano, al Cimitero Maggiore , detto il Musocco. Qualcuno ,pietosamente, avvisa la madre della tragica morte, sorte toccata a moltissimi giovani che hanno fatto una scelta scomoda.

La donna per diversi anni si reca a Milano a portare un fiore sulla tomba del ragazzo, finchè la salute la sostiene. Ora, purtroppo, a causa della vita che sta fuggendo dal corpo della poveretta, da qualche anno la tomba del figlio compianto, non riceve la visita periodica e neppure ha la consolazione di un fiore.

La povera signora ha letto alcuni miei articoli su un quotidiano di Genova, dalla parte dei Vinti, chiama la sua vicina e mi fa convocare, per chiedermi di recarmi, al posto suo, a pregare sulla tomba del figlio, lei è immobilizzata e sente la necessità di incaricare una persona di fiducia di una visita alla tomba.

Accetto di buon grado, prendo il treno per Milano, scendo alla Stazione Centrale, metropolitana linea verde, fermata Lanza, poi tram n. 14 ed eccomi al cimitero Maggiore.

L’ingresso del camposanto è imponente, gotico, lo attraverso ed entro in un vialone lunghissimo, questo camposanto copre circa 60 mila metri quadri, ai lati del vialone principale si dipartono altre strade che collegano ai vari campi , sulla destra intravedo un gruppo di croci, scure, disposte in modo ordinato, il perimetro è delimitato da un sottile nastro tricolore. Una leggera nebbiolina, galleggia a breve distanza dal terreno, le croci emergono dalla nebbia creando un effetto surreale.

Raggiungo il campo , si sente solo il rumore dei miei passi sul ghiaietto, arrivo ad una targa di marmo, su cui a lettere di metallo è inciso Campo 10, sormontato da una piccola croce.

Rimango impressionato, il campo è vastissimo, centinaia di croci massicce, di granito grigio , annerite dagli anni sono schierate militarmente una dopo l’altra in file ordinate come un disciplinato esercito di fantasmi nel cortile di una caserma. Ogni croce riporta un nome e una data, soltanto quella della morte, più in basso appare un piccolo ovale con una foto smaltata in bianco e nero, più sotto un numero progressivo. Le croci sono spesse, danno una idea di solidità,sulla sommità c’è legato un nastrino tricolore, il prato erboso antistante è abbellito, sobriamente da alcuni fiori. Cammino sui vialetti, in silenzio, osservo un’altare di pietra con delle corone di alloro e dietro svetta una croce, sulla cui base una scritta , ai caduti della rsi, 1943 – 1945. Una scritta su di una targa di ottone richiama la mia attenzione e mi stringe il cuore :

“Cittadino che passi e che non sai, accendi un cero per tutti questi eroi, per questa gioventù che non ha tradito, per questa gioventù che non si arrese mai, per tutti questi ignoti trucidati , per le strade di Milano abbandonati , per tutti quei dispersi ( e son migliaia ) gettati nei fondali dei nostri laghi”. Nel silenzio del campo, queste parole pesano come macigni e mi spingono a cercare velocemente la tomba del povero giovane.

Non è difficile trovare la tomba, infatti sulla croce riconosco il nome e la dat ipotetica della morte che mi ha dato la madre, la foto mostra un viso sorridente di un ragazzino, capelli neri imbrillantinati , un basco sulle ventitre, aria spavalda, due mostrine militari… un pensiero mi attraversa la mente, chissà che cosa deve aver subito prima di essere fucilato, poso un fiore e mi soffermo davanti alla croce, ma non riesco a raccogliermi in preghiera, il mio sguardo corre lungo altre lapidi, numerose, su cui campeggia una scritta: IGNOTO.

Forse i corpi dei caduti erano talmente messi male da essere irriconoscibili ed allora è stato gioco forza definirli Ignoti. Proseguo per i vialetti e mi avvio verso l’uscita del campo, che apprendo sia denominato “Campo dell’Onore” mentre il campo dove sono sepolti i partigiani è chiamato “Campo della Gloria” chissà perché anche nella morte esiste una differenziazione tra le due Italie?

Cimitero ricco di storia questo, nel campo 16, a poche centinaia di metri,vi era nel maggio del 45, una tomba anonima, senza nome. Si scoprì che vi era la salma di Mussolini, decine di persone, in un impeto di odio, andavano quotidianamente, a sporcare con escrementi la tomba come estremo sgarro. Tre personaggi nottetempo, entrarono nel cimitero e trafugarono la salma che fu nascosta in un convento di frati nel Pavese, lontano da altre odiose offese e nel 56 fu restituita alla vedova Rachele che la seppellì a Predappio.

Esco dal cimitero per andare alla stazione, ho svolto il mio pietoso incarico, ma sono un pochino piu triste per quello che ho visto: centinaia di croci per ricordare uomini, ragazzi, donne massacrati per una unica ragione: aver fatto una scelta ideale.



roberto nicolick

1 commento:

  1. devi essere una persona gentile. Hai fatto un grande dono a quella mamma. Ti ringrazio anch'io per questo.

    RispondiElimina

Cari ucraini! Nella vita di ogni nazione arriva un momento in cui dobbiamo sederci e parlare apertamente. In modo onesto. Calmo. Senza speculazioni, senza voci, senza pettegolezzi. Solo la verità. Come ho sempre cercato di fare con voi.Oggi viviamo uno dei momenti più difficili della nostra storia. La pressione sull’Ucraina è enorme. E il nostro Paese potrebbe trovarsi presto davanti a una scelta durissima: sacrificare la nostra dignità, oppure rischiare di perdere un partner fondamentale. Accettare una lista complicata di 28 richieste, oppure affrontare un inverno che potrebbe essere il più duro, con tutti i pericoli che comporta. Una vita senza libertà, senza dignità, senza giustizia. Una vita in cui ci si chiede di fidarsi di chi ci ha già attaccati due volte. Si aspettano una risposta da noi. Ma, in realtà, io l’ho già data. L’ho data il 20 maggio 2019, quando ho pronunciato il giuramento da presidente: «Io, Volodymyr Zelensky, eletto Presidente dell’Ucraina dalla volontà del popolo, mi impegno con tutte le mie azioni a difendere la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, a tutelare i diritti e le libertà dei suoi cittadini, a rispettare la Costituzione e le leggi dell’Ucraina, a servire gli interessi di tutti i miei compatrioti e a rafforzare la posizione dell’Ucraina nel mondo». Per me quel giuramento non era una formalità. Era un voto. E ogni giorno resto fedele a ogni parola. Non le tradirò mai. L’interesse nazionale dell’Ucraina deve venire prima di tutto. Non faremo dichiarazioni forti o emotive. Continueremo a lavorare con gli Stati Uniti e con tutti i nostri partner, in modo calmo. Cercheremo soluzioni costruttive con il nostro principale alleato. Discuterò, cercherò di convincere, proporrò alternative. Ma non daremo al nemico nessun pretesto per dire che l’Ucraina non vuole la pace o che sta sabotando la diplomazia. Questo non succederà. L’Ucraina agirà rapidamente. Oggi, domani, per tutta la settimana e per tutto il tempo necessario. Senza sosta, farò di tutto per assicurare che tra tutti i punti in discussione ce ne siano almeno due non negoziabili: la dignità e la libertà del popolo ucraino. Perché tutto il resto — la nostra sovranità, la nostra indipendenza, la nostra terra, il nostro popolo, il nostro futuro — si regge su questi due fondamenti. Dobbiamo fare tutto il possibile per finire questa guerra, senza permettere la fine dell’Ucraina, dell’Europa, o il crollo della pace globale. Ho appena parlato con i nostri partner europei. Contiamo sui nostri amici in Europa, che sanno perfettamente che la Russia non è una minaccia lontana: è alle porte dell’Unione Europea. E oggi l’Ucraina è l’unico scudo che protegge lo stile di vita europeo dalle ambizioni di Putin. Ricordiamo che l’Europa ci ha sostenuti. E crediamo che continuerà a farlo. L’Ucraina non deve rivivere ciò che abbiamo vissuto il 24 febbraio, quando ci siamo sentiti soli. Quando nessuno poteva fermare la Russia tranne il nostro popolo eroico, che si è messo davanti all’esercito di Putin come un muro. È stato toccante sentire il mondo dire: «Gli ucraini sono incredibili; che popolo, come combattono, come resistono; sono titani». È vero. Ma l’Europa — e il mondo — devono capire anche un’altra verità: gli ucraini sono esseri umani. Da quasi quattro anni resistiamo contro uno degli eserciti più grandi del mondo. Sosteniamo un fronte lungo migliaia di chilometri. Subiamo bombardamenti ogni notte, missili, droni, attacchi balistici. Ogni giorno le famiglie perdono una persona cara. E il nostro popolo vuole disperatamente che questa guerra finisca. Siamo forti. Forti come l’acciaio. Ma anche l’acciaio ha i suoi limiti. Ricordatelo. Restate con l’Ucraina. Con il nostro popolo. Con la dignità e la libertà. Cari ucraini, Tornate con la memoria al primo giorno della guerra. La maggior parte di noi ha fatto una scelta: ha scelto l’Ucraina. Ricordate cosa avete sentito. Era buio, rumoroso, pesante, doloroso, terrificante per molti. Ma il nemico non ha visto la nostra schiena mentre scappavamo. Ha visto i nostri occhi: occhi pronti a difendere ciò che è nostro. Quella è dignità. Quella è libertà. Ed è ciò che la Russia teme di più: la nostra unità.Allora, la nostra unità era concentrata sul difendere la nostra casa. Oggi ci serve con la stessa urgenza — perché la nostra casa abbia una pace degna. Chiedo a tutti gli ucraini: cittadini, popolo, leader politici. Dobbiamo ritrovarci. Concentrarci. Smettere di litigare tra noi. Basta giochi politici. Lo Stato deve funzionare. Il parlamento di un Paese in guerra deve lavorare unito. Il governo deve essere efficiente. E soprattutto, non dobbiamo dimenticare chi è il vero nemico. Ricordo quel primo giorno, quando emissari diversi venivano da me con piani, liste, ultimatum. Dicevano: «O questo, o niente. O firmi, o sarai eliminato e un “presidente ad interim” firmerà al posto tuo». Sappiamo com’è finita. Molti di quegli emissari sono finiti nelle liste dei prigionieri da scambiare e sono tornati a casa loro. Non ho tradito l’Ucraina allora. Sentivo il vostro sostegno. Ogni uomo e ogni donna del nostro Paese. Soldati, volontari, medici, diplomatici, giornalisti — tutta la nazione. Non abbiamo tradito allora. E non tradiremo adesso. E so che in questo momento difficilissimo non sono solo. Gli ucraini credono nel loro Stato. Siamo uniti. E in ogni incontro, discussione, negoziato con i partner sarà più facile lottare per una pace giusta, perché so con assoluta certezza che alle mie spalle c’è il popolo ucraino. Milioni di persone con dignità, che lottano per la libertà, che hanno guadagnato il diritto alla pace. E tutti i nostri eroi caduti, che hanno dato la vita per l’Ucraina, guardano dall’alto. Meritano di vedere che i loro figli e nipoti vivranno una pace degna del loro sacrificio. E quella pace arriverà: dignitosa, efficace, duratura. Cari ucraini, La settimana che sta arrivando sarà difficile, piena di eventi importanti. Siete una nazione matura, intelligente, consapevole. Lo avete dimostrato tante volte. Sapete che nei prossimi giorni ci sarà una pressione enorme — politica, informativa, psicologica — pensata per indebolirci e dividerci. Il nemico non dorme e proverà tutto per fermarci. Lo permetteremo? Non possiamo. E non lo faremo. Noi prevarremo. Perché chi vuole distruggerci non capisce chi siamo, da cosa siamo fatti, cosa difendiamo. Non è un caso che celebriamo la Giornata della Dignità e della Libertà come festività nazionale. Questo dimostra chi siamo. Dice quali sono i nostri valori. Lavoreremo sul fronte diplomatico per la pace. E dobbiamo lavorare insieme, dentro il Paese, per la pace. Per la nostra dignità. Per la nostra libertà. E so che non sono solo. Con me ci sono il nostro popolo, la nostra società, i nostri soldati, i nostri partner e alleati. Tutto il nostro popolo. Dignitosi. Liberi. Uniti. Buona Giornata della Dignità e della Libertà. Gloria all’Ucraina!