Tragiche esperienze
La nostra ambulanza entra nella “camera
calda”, di uno qualsiasi degli ospedali della Liguria, abbiamo l’incarico di
prelevare una signora che è stata dimessa e trasportarla sino al suo domicilio. Un
incarico facile e di routine. Trovo la paziente in reparto, seduta su una sedia
che ci attende pazientemente, è anziana e appare provata, accanto a lei una
valigia, la facciamo accomodare sulla sedia a rotelle ed entriamo in un
ascensore che ci porta sino all’uscita dell’ospedale, da lì saliamo sull’ambulanza
alla cui guida si mette l’autista, mentre io dopo aver allacciato la signora
con la cintura di sicurezza, mi siedo e per farla sentire a suo agio, inizio a chiacchierare
con lei.
La donna che dichiara di avere
circa 80 anni, sembra molto malinconica, ha gli occhi molto profondi un bel
viso nobile , si esprime con proprietà di linguaggio, veste in modo ordinato e
sobrio. E’ stata ricoverata per un piccolo intervento. Ha piacere di parlare,
soprattutto se ha di fronte un interlocutore che la ascolta con interesse. La
donna comunica, e soprattutto racconta di sé, espone la sua vita e soprattutto
il suo tragico vissuto, le sue parole mi fanno capire quali esperienze,
moltissime donne hanno e stanno continuando a subire nella vita. Il suo
racconto è davvero impressionante : Nasce, in un paese che non nomino, intorno
ai primi anni del 900, come figlia illegittima da una ragazza madre molto
giovane che non accetta questa figlia, all’epoca, definita frutto del peccato,
e fa di tutto per far capire alla bimba che la tollera a malapena, per liberarsene tenta di farla smarrire in un
bosco, ma la bimba che in quel momento aveva cinque anni ritrova la strada di
casa, ma i tentativi di questa madre
snaturata non si fermano lì, infatti la accompagna sui binari della ferrovia e
ce la abbandona, seduta sui binari, ingiungendole di non muoversi. L’istinto di
conservazione della piccola, fa sì che lei si sposti appena senta l’avvicinarsi
di un treno. Dopo quattro tentativi falliti, al quinto,un carabiniere, inviato
dalla Divina Provvidenza, nota la piccola seduta sui binari e la porta in
caserma. Questa bimba viene affidata ai nonni e cresce nella loro casa, amatissima
dalla nonna, ma, a 12 anni il nonno, uomo bestiale e malvagio, la sottopone a
molestie sessuali che culminano in stupri continuativi. La ragazzina non
racconta nulla alla nonna, per non deludere la povera donna, si difende come può da questo criminale e
inizia a frequentare l’oratorio, il parroco e le suore, capiscono il suo dramma
e la fanno studiare allontanandola dall’ambiente famigliare che riveste una
grande pericolosità per la ragazzina. Dopo qualche anno lei, su impulso delle
suore, parte per una grande città del Piemonte dove studia come infermiera e
consegue il diploma professionale, inizia a lavorare in corsia percependo uno
stipendio. Le sue sofferenze non si fermano lì: si innamora e sposa un uomo che non è quello che sembra, infatti
non vuole lavorare, si fa mantenere da
lei e la picchia. Con questo cattivo soggetto fa pure due figli. Passano gli
anni, riesce a liberarsi del marito divorziando, anche i figli comunque si
attaccano a lei come ad una mucca da mungere facendosi mantenere, arrivata in
età da pensione scopre dolorosamente che le suore per cui lavorava come
infermiera non le hanno fatto completamente i versamenti pensionistici e ora
vive con una misera pensione sociale. E’ stanca e malata e i suoi figli non si
fanno più vivi, unicamente perché non ha più soldi da dare loro, anzi non le
rispondono neppure al telefono quando lei chiama.
Per una mezzora circa, ho
ascoltato queste parole, che mi sono penetrate nel cuore e mi hanno fatto tremare i polsi. Quando
arriviamo a casa sua, la accompagno sino alla porta, reggendole la valigia, la
saluto stringendole la mano e non mostrando alcuna emozione, in servizio è
meglio comunque mantenere una certa professionalità, ma sono stato contento di
aver ascoltato la storia di una vita e di aver conosciuto una persona che
comunque non si è lasciata macinare dal tritacarne della crudeltà umana. La
guardo entrare in casa, eretta nella figura con un sorriso di ringraziamento
nei miei confronti che l’ho ascoltata mostrando interesse umano nei suoi confronti. Forse, in
fondo, lei voleva solo questo.
Roberto NICOLICK
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