Il sacco della casa della
Signora Vittoria Bernadotti
Visto il tempo brutto e
burrascoso ho implementato le mie ricerche di archivio e mi sono
imbattuto in una vicenda di ingiustizia e di egoismo. Il fatto in
tutta la sua crudezza è descritto dalla vittima, la Vedova Vittoria
Bernadotti, nata a Volpedo nel 1900, e già residente a Savona in Via
Verdi n° 34. in esposto al Procuratore del Regno a febbraio del 46.
Vittoria è vedova di un
ufficiale di fanteria, reduce ed invalido della 1° G.M., a nome
Ernesto e assegnato alla 1° Coorte della 2° Legione Milizia
Contraerea e successivamente deceduto in zona di guerra per cause di
servizio.
Da sola deve provvedere a
due figli, entrambi minori, vista la situazione nel 44, decide di
unirsi alla sorella e alla madre residenti a Tortona. Pertanto
subaffitta l'appartamento ad una donna di Savona, Gina Noè e
accantona i mobili di sua proprietà in una stanza dell'appartamento,
in attesa di recuperarli in seguito.
Ma, nell'aprile del 45,
tre partigiani si presentano all'appartamento in Via Verdi, forzano
la porta della camera e asportano tutti il mobilio e caricandolo su
un camion. Dopo qualche mese Vittoria è avvisata della cosa e giunge
a Savona per avere un chiarimento.
La subaffittuaria,
visibilmente spaventata per l'effrazione, le dice che i partigiani
nel corso della asportazione dei mobili avevano giustificato la cosa
, affermando che lei era una delatrice fascista e che il figlio Carlo
era addirittura nelle Brigate Nere.
Tutto ciò era solo una
semplice falsità, in quanto lei non si era mai occupata di politica
e il figlio Carlo era un minore di anni 14 pertanto non avrebbe
potuto, neppure volendolo fare parte delle BB.NN.
Il ragazzino per
concorrere al magro bilancio della famiglia faceva il dattilografo
presso la Federazione Fascista per 500 lire mensili.
Tutto ciò non
giustificava il contegno di questi tre partigiani che hanno tolto
tutto quel poco che era rimasto alla Vittoria Bernadotti rimasta
vedova e sola.
La questura di Savona a
richiesta della Vedova affermò di non poterla aiutare, però lei
seppe in seguito che i mobili dopo un breve periodo in Via Solari al
civico 2, erano stati suddivisi presso diverse famiglie che
evidentemente godevano delle simpatie dei partigiani.
Quello che più rattristò
la signora fu il fatto che oltre ai mobili anche la cassetta di
ordinanza del defunto marito era sparita e con essa , l'uniforme, i
documenti e la sciabola. Ovviamente il maltolto non tornò mai nelle
mani dei legittimi proprietari.
Roberto Nicolick
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