mercoledì, marzo 01, 2017

l'attentato al fidanzato di Rosa Amodio

Rosa Maria Amodio è una giovanissima maestra elementare, poco più che ventenne aderisce al Corpo delle Ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana, e questo suo gesto la condanna a morte . Su suggerimento di amici e parenti, dopo il 25 aprile 1945, decide di allontanarsi prudentemente da Savona per evitare le solite gesta degradanti che i partigiani comunisti riservavano alle ragazze appartenenti al corpo delle ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana : il taglio dei capelli e la verniciatura di rosso del capo, in piazza davanti ad una folla di bestie inferocite e anche, in luogo più isolato, lo stupro di gruppo, spesso secretato da una pallottola alla nuca.
Rosa Amodio, riesce con il suo allontanamento da Savona ad evitarsi nell'immediato questa sorte, poi appena il peggio passa, torna a Savona e inizia ad insegnare in una scuola elementare.
E' una ottima insegnante, i suoi scolari ne sono contenti, la direzione pure, ma i partigiani comunisti non dimenticano e attendono con odio omicida l'opportunità di " giustiziare " Rosa Maria.
La ragazza, coraggiosa e determinata, non sospetta nulla, ma i suoi carnefici la pedinano in attesa di poter agire e infatti l'opportunità si presenta il 14 agosto 1947, a due anni di distanza dalla fine della guerra. La ragazza in bicicletta, sta percorrendo il tratto di strada che congiunge Zinola a Savona, una manciata di chilometri , alla altezza del quartiere delle fornaci, notoriamente comunistizzato, nel tardo pomeriggio intorno alle ore 18, viene avvicinata da tre persone, una delle quali impugna una pistola automatica calibro 22, munita di silenziatore, un arma che verrà usata molte volte dai killer rossi per eliminare tante persone, colpevoli di non essere comuniste : vanno ricordati fra gli altri, Wingler Giuseppe aderente alla Repubblica Sociale Italiana, Lorenza Ernesto ufficiale delle Brigate Nere, Amilcare Salemi commissario di Pubblica Sicurezza inviato a Savona per indagare.
La pistola in alcuni casi era impugnata e coperta da un quotidiano piegato che la celava alla vista dei pochi passanti. La ragazza ferma la bicicletta e affronta i tre assassini da lei sicuramente riconosciuti, che senza alcuna pietà , la ammazzano, vigliaccamente, con una sequenza di colpi e poi la finiscono con un ultimo colpo alla nuca.
Nessuno vide, nessuno parlò, nessuno sentì nulla, in un quartiere come quello decisamente comunista e dominato da una banda di ex partigiani comunisti che imponevano la loro legge annullando la civile convivenza.
L'arma non fu mai ritrovata, e un processo farsa negli anni successivi, portò alla condanna di un mitomane che si spense in carcere di tubercolosi, mentre i mandanti e i responsabili vivevano in libertà tra onori e prebende politiche nella città di Savona.
L'unico che non si piegò al tragico destino della morte della Rosa Maria Amodio fu il suo fidanzato, Lorenzo Calzia, il quale da solo proseguì nelle indagini ma qualcuno gli imbottì la porta di casa con del tritolo per convincerlo a desistere dalle sue ricerche a carattere personale.
Evidentemente si era troppo avvicinato agli assassini della Rosa Maria, noti come la banda della pistola silenziosa.
Qui di seguito pubblico i rapporti e le deposizioni originali, rese dal fidanzato di Rosa, nelle ore e nei giorni seguenti all'attentato che subì per tappargli la bocca.
Roberto Nicolick











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