sabato, luglio 05, 2025

Il metronotte Vincenzo Sanna Savona 16 marzo 1964 Vincenzo Sanna era una persona per bene, faceva la Guardia Giurata, il Metronotte per la società “Vigili dell’ordine”, aveva 36 anni, credeva nel lavoro che faceva, a suo modo con una uniforme addosso teneva lontani i malavitosi dai beni della società. Sposato e con una bimba di pochi mesi, Sanna di origine sarda, era nato a Mores ( Sassari ) provenienza di cui andava fiero, si era trasferito prima a Genova e poi a Savona, dove collaborava attivamente con la Questura e con i Carabinieri nelle attività di prevenzione del crimine. Tutte le notti Vincenzo Sanna, armato di una pistola automatica, svolgeva il suo servizio di ronda, con il classico mazzo di chiavi e la torcia in mano, azionando al suo passaggio gli orologi dei vari esercizi commerciali a cui era destinato come guardia di sorveglianza. Questo era il suo lavoro di routine che svolgeva con passione. Con il suo fiuto in oltre due anni di servizio, aveva contribuito a sventare diversi furti e a bloccare un traffico di sigarette che partiva con degli autocarri da Via Tasso a Savona nell’oltre Letimbro, ricevendo anche un encomio ufficiale dal Questore di Savona. Ovviamente tutto questo suo agire, gli aveva creato vivo apprezzamento nelle forze dell’ordine ma purtroppo nel mondo della malavita, numerosi nemici che appena possibile glie la avrebbero fatta pagare. Sabato 14 marzo 1964 verso le 22, Sanna prendeva servizio iniziando la ronda, cosi detto in gergo il giro di sorveglianza, usciva dalla sua abitazione di Via Montenotte, dove viveva con la moglie Francesca La Manna di 34 anni e la figlioletta di appena 4 mesi, e proseguiva per le vie deserte, quella notte pioveva forte, era la classica notte dove si stava bene in casa, mentre gli uomini come Sanna camminavano per la città, eroi solitari del bene. Il turno del Sanna doveva terminare alle 6,30 e a quell’ora doveva essere in sede, in Piazza Mameli, atteso dai suoi colleghi e invece nulla. Alle 8 venivano avvisati i Carabinieri che iniziavano le ricerche. Contemporaneamente alcuni abitanti di Bergeggi rinvenivano un cadavere di un uomo avvolto parzialmente in una coperta, giù da un dirupo sulle alture del paese. Il corpo era in divisa da metronotte. Sul posto arrivavano i Carabinieri e si aveva la conferma che era Vincenzo Sanna. Sul capo presentava numerose ferite da arma da punta e sul dorso si notavano alcune pugnalate, la fondina era vuota, qualcuno si era impossessato dell’arma di ordinanza , una Beretta cal. 7,65, come pure erano scomparse una torcia elettrica e il mazzo di chiavi che usava a scopo professionale. Nessun segno di lotta nella zona fa ritenere che sia stato ucciso altrove. L’ultima volta che è stato visto erano le 2,30 da alcune donne e da una pattuglia della Guardia di Finanza, poi più nulla. Poi si entra nel campo delle ipotesi investigative: qualcuno, sicuramente più di uno, lo aggrediscono buttandogli una coperta sul capo, lo colpiscono con un oggetto appuntito, un punteruolo da ghiaccio o uno scalpello, lo caricano su un’auto e raggiungono questa zona isolata per l’ora e per il maltempo e gettano il corpo giù per il dirupo. Le indagini sono abbastanza difficili e sono state estese anche al Piemonte. Ancora oggi questo rimane un omicidio che non ha colpevoli.

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Claudio Benvenuti Varazze 17 novembre 1981 Claudio è un giovane di 24 anni, appartiene a quella schiera di ragazzi che vivono e fanno vivere anche agli altri, i problemi della tossicodipendenza. La madre , vedova da circa due anni, e il fratello minore lo trovano morto alle sette del mattino, con il petto squarciato da un colpo di doppietta caricata a pallettoni, riverso a terra nel cucinino del piccolo appartamento di Varazze dove si trovava da solo. L’arma è una calibro 12, regolarmente denunciata e già di proprietà del padre della vittima deceduto due anni prima. L’arma si trovava in casa ma ad una attenta ricerca non si trova più, qualcuno dopo averla usata l’ha portata via. Non era un rapporto facile quello della madre e del fratello minore, le liti con Claudio erano frequenti e proprio quella notte, i due, dopo l’ennesima lite, erano andati a dormire da una zia della vittima. Il foro di ingresso è esteso con i bordi anneriti dalla combustione dello sparo, quindi lo sparo è avvenuto da distanza ravvicinata. La morte risalirebbe all’alba, intorno alle 5 del mattino. Qualcuno tende ad avvalorare la tesi del suicidio. Tuttavia alcuni particolari creano delle perplessità agli inquirenti: Claudio era in procinto di testimoniare ad un processo in cui un suo conoscente era alla sbarra con l’accusa di spaccio di stupefacenti, poco prima di morire in queste strane circostanze, avrebbe scritto un biglietto, trovato accanto al cadavere, in cui scagionava l’imputato dalle accuse. Claudio non fu l’unico tossicodipendente a perdere la vita in quel periodo e in circostanze tragiche. Su Savona aleggiava l’ombra sempre più tangibile dell’ala più dura e violenta dell’ndrangheta che non esitava a togliere di mezzo chiunque potesse nuocerle.