lunedì, luglio 16, 2007

MONTE MANFREI







L’aria era ferma e pesante dal caldo, mentre un centinaio di persone, di tutte le eta’, giovani e meno giovani, uomini e donne,con indosso uniformi e medaglie al valore, oppure con magliette e indumenti caki, baschi verdi e neri , tutti uniti dalla umana pieta’, pregavano con l’officiante sullo spiazzo del Monte Manfrei ,presso il Comune di Urbe, Provincia di Savona.

Pregavano per i 200 giovanissimi fanti di marina della San Marco, i quali anche se avevano deposto le armi e , particolare non trascurabile, la guerra era terminata, sono stati trucidati, dai partigiani sulle pendici del monte Manfrei, come animali, e qui abbandonati sotto un palmo di terra senza il benche’ minimo rispetto…

Ho accettato , per la prima volta, su invito di un amico, ad essere presente, senza alcuna implicazione politica, solo per partecipare ad una commemorazione di questi duecento ragazzi in uniforme, con Santa Messa.

Si arriva al Monte Manfrei, attraverso una stradina sterrata, in un largo spiazzo erboso, ai cui bordi stanno una decina di lapidi con i nomi delle unita’ della RSI, al centro un altare su di un quadrato di pietre, dalla parte opposta un pennone con tricolore e vicino una croce in legno scuro.

Alle 11 circa, inizia la Santa Messa: officiata da un frate cappuccino, Padre Cesio, intorno si dispongono tutti i convenuti, e i labari in rappresentanza delle varie associazioni combattentistiche i cui appartenenti hanno, in qualche modo, partecipato alle operazioni militari della Repubblica Sociale Italiana. Non sta a ma dare un giudizio su quei tempi o su quegli uomini. Non e’ mio compito.
In effetti lo scopo principale di queste persone , riunite in questo spiazzo, e’ ”…non dimenticare…”
Non dimenticare le circostanze in cui furono uccisi, il momento, le loro condizioni, le modalita’ del massacro, la colpevole omerta’ dei vivi ….non per giustificare cio’ che accadde a Marzabotto, Boves, al Turchino o in altri stragi compiute dai nazi fascisti, ma solo perche’ tutti i morti sono uguali e meritano lo stesso ricordo e la stessa cristiana memoria, anche se vestivano un’altra uniforme …

Soprattutto per non dimenticare che a questo reparto combattente fu promessa salva la vita se deponevano le armi. Questi ragazzi con pochissima esperienza, comandati da un ufficiale probabilmente ingenuo, visto che le ostilita’ erano terminate loro deposero le armi e caddero in questa trappola …… nessuno di loro torno’ a casa.

L’omelia del frate e’ toccante e commovente, violenta e tenera, dolce e dura..tutta orientata ad un abbraccio dolente di queste duecento povere anime, di cui solo poche hanno trovato sepoltura, grazie alla ONLUS che si e’ formata per tale opera, Fiamme Bianche si chiama, ha comprato il terreno dove avvenne il massacro, grazie al sacrificio dei soci, non gode di sovvenzioni…c’e’ solo amore e speranza e tanto dolore…


Il rito militare e’ ridotto al massimo, solo qualche squillo di tromba e l’alzabandiera e mentre una jeep dei carabinieri viene a controllare tutti questi “eversori pericolosi”, la Messa termina e i convenuti vanno in un ristorante vicino per consumare un pasto e ravvivare i ricordi …