mercoledì, ottobre 31, 2007

HO VISTO ZINGARI RUBARE BAMBINI

DA
WWW.LASTAMPA.IT


«Ero uno di loro, strappato alla mia famiglia per mendicare». Poi una vita diversa e il riscatto: «Ma ora salvateli tutti»
MARIA CORBI
INVIATA A MILANO

Ricordo il lungo viaggio, io che stavo male, il campo degli zingari, le roulotte, l’auto dove dormivamo in cinque». Rej, oggi ha 27 anni e parla a fatica della sua vita da bambino. Dalla casa vicino a Pristina, Kosovo, fino alla Sicilia. Con la «sua nuova «famiglia», il nome cambiato, non più Cleidi, ma Rej. Così indicavano i documenti contraffatti. Insieme a lui tanti altri piccoli rubati e venduti, un esercito di senza nome, di bambini perduti in un mondo troppo spesso indifferente. Gli passiamo accanto ogni giorno, seccati dalle loro manine che sbattono ai vetri delle auto per chiederci un soldo o per lavarci il vetro. Rej è stato uno di loro e quando li incontra si toglie sempre qualche centesimo dalle tasche. Lui sa cosa succede a chi torna al campo senza il gruzzolo previsto: «Allora sono botte...» .L’infernoUn viaggio all’inferno per Rej, un tragitto che molti genitori percorrono nei loro incubi peggiori. Difficile parlarne senza che si venga accusati di pregiudizio verso una cultura diversa dalla nostra, quella Rom. Ma questo è il racconto di un ragazzo che ha vissuto quell’incubo. «Difficile che avvenga in Italia, e se avviene vengono subito portati lontano dal loro paese, come è accaduto a me». Le sue parole come un flash portano alla mente la vicenda di Denise. Possibile che anche lei sia finita come te in un campo zingari in un altro paese? Rej ha tanti riccioli neri, due mani che hanno lavorato sodo, tanti anelli alle dita, due cerchietti all’orecchio sinistro, una gentilezza che commuove. Guarda con occhi tristi e fa si con la testa. «Si è possibile». «Per gli zingari i bambini sono un mezzo per fare soldi», spiega. «Vedi mai un adulto che chiede l’elemosina? Sono sempre bambini e donne».Quando il discorso torna al passato, al suo passato, Rej si fa cupo. Oggi è padre di Gabriele, un meraviglioso bimbo di sei mesi, marito felice di Tina («Non esiste un’altra donna come lei») che lo ha aiutato in questo suo difficile viaggio di ritorno a una vita normale. «Perché vuoi sapere? Cosa ci guadagno io?». Non vuole soldi Rej ma non vuole nemmeno farsi del male ricordando. Accetta solo quando gli dici che questa testimonianza potrebbe aiutare tanti altri bambini che stanno vivendo quello che ha vissuto lui. «Avevo tre fratelli e una sorella, vivevamo semplicemente ma con dignità non eravamo poverissimi. Poi mia madre mi ha venduto. Dovevano cedere il fratello più piccolo poi non so perchè hanno scelto me, forse perchè ero il più vivace». Quante volte da bambino Rej è stato assalito non solo dalla solitudine ma anche dal senso di colpa, come tutti i bambini che preferiscono colpevolizzare se stessi piuttosto che i genitori. «Abbiamo attraversato la frontiera correndo nei boschi e poi in auto fino alla Sicilia, eravamo tanti, donne e bambini, le donne vendute per 200 dollari, i bambini qualcuno venduto per poco di più e altri rapiti». Rej piangeva di notte quando nessuno lo vede. «Mi mancava mia madre». La vita nel campo è subito durissima. Prima tutto la scuola. «Scuola di ladri», spiega Rej. «Ci insegnavano come fare a rubare nelle case, in quali quartieri, a che ora. Poi seguiva un periodo di tirocinio, al seguito di ragazzi più esperti. E poi la strada. «Se non portavi qualcosa al campo venivi punito duramente - spiega Rei - ti mettevano la testa nell’acqua, ti frustavano con l’antenna della radio, ti legavano nel bagagliaio della macchina prima di dare gas e trascinarti sullo sterrato». Immagini indelebili: «Una volta un mio amico è stato legato tutta la notte al palo della luce. Ero solo un bambino ma ho capito che non potevo restare in quel posto».La fugaCosì Rej fugge insieme a un suo compagno di sventura. Vagano per l’Italia, rubando e correndo. «Magari scambiavamo una collana d’oro per un panino al formaggio», ricorda. «Pensi che ancora oggi devo sempre tenere una scorta di pane e formaggio in frigorifero, per la paura di sentire ancora quella fame». Ladri bambini che entrano nelle case e rubano anche giocattoli, o si lasciano incantare da un cagnolino: «Una volta in una villa c’era un cucciolo e ho giocato con lui poi mi sono immerso in una vasca piena di bolle, è il ricordo più bello che ho di allora». La fuga dagli zingari finisce a Milano: «Andavo in giro e quando vedevo le famiglie, i bambini per mano ai loro genitori, ben vestiti, sorrudenti, mi assaliva la tristezza. Ero invidioso, volevo anche io affetto e sicurezza». Una notte mentre si riposava su una panchina alla fermata dell’autobus, una signora lo vede dalla finestra di un palazzo e chiama i Carabinieri. Inizia da qui la rinascita di Rej: «Mi hanno portato in caserma e poi affidato ai Martinitt. Quando siamo andati in Colonia ero felice, avevo capito subito che quella per me sarebbe stata un’occasione. Poi sono andato all’Asilo Mariuccia (un altro storico istituto per minori di Milano; ndr). Ho studiato e mi hanno fatto prendere il diploma di personal trainer. Ho lavorato qualche tempo in una palestra, poi ho messo su un attività di lavaggio auto con un mio amico vicino Varese». Ancora oggi ha contatti con gli educatori e con i suoi ex compagni, ai più bisognosi, se può da una mano, e li accoglie nella sua casa. «I carabinieri che mi hanno strappato alla strada mi hanno salvato la vita. Mi chiedo perchè non si fa con tutti i bambini che vagano per l’Italia chiedendo l’elemosina».I genitoriSottili venature di rancore percorrono le frasi di Rej quando parla della sua famiglia, ma non c’è odio: «Vorrei sapere come sta mia madre, ho provato a scriverle durante la guerra, ma le lettere sono tornate indietro, adesso che finalmente i documenti sono in regola potrei andare. Quando è nato mio figlio ho sentito la mancanza della mia famiglia anche se proprio in quel momento ho compreso la gravità di quello che avevano fatto. . Quando ho saputo che Tina era incinta ho avuto paura anche perché sentivo di essere io ad avere ancora bisogno di un padre. Non ero pronto. Poi, quando l’ho visto, tutto è cambiato». L’italiano di Rej è perfetto: «Non so più la mia lingua, quando vuoi dimenticare dimentichi, anche se purtroppo ci sono cose che rimangono fisse nella mente, come la mia casa di Mitrovica; sono certo che saprei ritrovarla subito»."Ho visto zingari rubare i bambini"
Rey oggi ha una moglie ed un figlio