martedì, novembre 20, 2007

I SETTE FRATELLI CERVI E I SETTE FRATELLI GOVONI: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, FANATISMO, BESTIALITA', FEROCIA, INTOLLERANZA
















LA MADRE DEI GOVONI E IL PADRE DEI CERVI













































I FRATELLI CERVI
i Cervi sono profondamente antifascisti e prendono da subito le distanze dal regime. Alla fine degli anni '20 Aldo viene imprigionato nel carcere di Gaeta per tre anni. Sono anni formativi, poiché legge di politica: Gramsci e Marx soprattutto. Rientrato, estende questa esperienza a tutti gli altri fratelli e presto allestisce una biblioteca circolante con i libri che erano proibiti dal regime fascista. Quando le restrizioni alla libertà di azione e di parola si fanno più violente i Cervi iniziano l'azione di opposizione con atti di sabotaggio agli ammassi imposti dal regime, alle linee dell'alta tensione che alimentavano le fabbriche Reggiane dove si producevano le armi belliche. Fanno volantinaggio, distribuiscono clandestinamente l'Unità, vanno di casa in casa a commentarla. La loro diventa una casa di latitanza, dove si fanno riunioni clandestine e si organizza l'opposizione al regime. Organizzano attentati contro presidi fascisti della zona da cui ricavano cibo e armi, utili per ospitare nella loro casa i numerosi renitenti alla leva che rifiutano di prendere le armi dopo l'8 settembre 1943 e la proclamazione della Repubblica di Salò, e per sostenere i numerosi alleati che si erano dispersi. Moltissimi antifascisti passeranno e sosteranno nella loro casa. Casa Cervi viene messa a ferro e fuoco dai fascisti la notte fra il 24 e il 25 novembre 1943. I sette fratelli, il padre, Quarto Camurri, catturati, verranno portati al carcere dei Servi di Reggio Emilia. Tutti gli stranieri, che in quella notte ospitavano in casa, verranno invece trasferiti alle carceri di Parma. I sette fratelli Cervi verranno fucilati senza processo all'alba del 28 dicembre 1943, al Poligono di tiro di Reggio Emilia, insieme a Quarto Camurri. Il più vecchio Gelindo ha 42 anni, il più giovane Ettore 22 anni. L'azione dei fascisti è un'azione di rappresaglia: i Cervi vengono infatti accusati di aver complottato per l'uccisione del segretario fascista di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia). Il padre viene risparmiato, e tramandando la memoria rende possibile il recupero delle testimonianze della civiltà contadina e delle vicende storiche che costituiscono il primo nucleo del museo.




I FRATELLI GOVONI


La famiglia Govoni, di antico ceppo contadino, era una delle piùnumerose di Pieve di Cento, un grosso borgo quasi al confine con laprovincia di Ferrara. La componevano Cesare Govoni, sua moglie Caterina Gamberini e 8 figli: sei maschi e due femmine. Il primogenito si chiamava Dino,un artigiano falegname che si era iscritto al Partito fascistarepubblichino, comportandosi sempre correttamente, tanto che nessuno, aguerra finita, aveva levato contro di lui la minima accusa. Quando loammazzarono aveva compiuto da poco i 41 anni. Dopo Dino veniva Marino,di 33 anni. Era coniugato dal 1937 e aveva una figlia. Combattented’Africa, aveva aderito dopo l’8 settembre alla R.S.I. Contro di luinon pendevano accuse di sorta. Terzogenita una donna, Maria,nata nel 1912. Fu l’unica a salvarsi degli 8 fratelli perché, doposposata, si era trasferita con il marito ad Argelato e i partigiani nonriuscirono a rintracciarla. Veniva poi Emo, di anni 32, unartigiano falegname che non aveva aderito alla R.S.I. e che non si eramai mosso dal paese. Viveva in casa con i genitori. Il quintogenito, Giuseppe,di anni 30, era coniugato da poco tempo, faceva il contadino ed abitavanella casa paterna. Nemmeno lui era iscritto al P.F.R. Quando louccisero, era diventato padre da tre mesi. I sesto e il settimo deifratelli Govoni erano Augusto, di 27 anni, e Primo, di 22 anni, ambedue ancora celibi, contadini, e vivevano con i genitori. Non si erano mai interessati di politica. L’ultima nata si chiamava Ida,e aveva 20 anni. Si era sposata da un anno ed era diventata mamma soloda due mesi. Abitava ad Argelato. Né lei né suo marito avevano aderitoalla R.S.I. Va precisato che la strage dei 7 fratelli Govoni e dei lorocompagni di sventura non fu provocata solamente da un’esplosione dipazza criminalità, o da un odio furibondo accumulato da alcunipartigiani nei mesi di lotta fratricida, ma fu la conseguenza di unpiano freddamente e cinicamente attuato in base alle direttive emanatedal Partito Comunista con lo scopo di seminare dovunque il terrore pergiungere più facilmente al controllo totale della situazione. «Drago»,«Zampo», «Ultimo» e i loro partigiani non furono che gli esecutoridi queste direttive che insegnavano, tra l’altro, come il terrore lo sisemini maggiormente con i fulminei prelevamenti, le silenziosesoppressioni, il segreto assoluto sulla sorte toccata alle vittime esul luogo della loro sepoltura. Il mistero alimenta il terrore. Altramonto del 10 maggio 1945, iniziarono i prelevamenti dei fratelliGovoni. Tutta la popolazione della zona era già talmente in preda alterrore, che i partigiani avrebbero potuto ammazzare chiunque eseppellirlo in pieno giorno con la sicurezza assoluta che nessunoavrebbe osato denunciarli. La strage dei 7 fratelli Govoni vennepreceduta da molti massacri; nessuno però ne parlava, anche se tuttisapevano. Il massacro dell’11 maggio, nel quale trovarono la morteanche i 7 fratelli Govoni, venne preceduto, 48 ore prima prima, da unaltro massacro in cui trovarono la morte 12 innocenti nei pressi diArgelato. È indubbio che la strage dei 12 costituì il preludio almassacro dei 7 fratelli Govoni e degli latri 10 che ne divisero lasorte. Era giorno fatto quando il breve convoglio ripartì per Argelatocon il suo carico di prigionieri. Ida Govoni cominciò a pregareche la lasciassero tornare a casa, dalla sua creatura. Non le risposeroneppure. Verso le 8, i due automezzi raggiunsero il podere di Emilio Grazia, dove già si trovava prigionieri Marino Govoni.In un grande camerone adibito a magazzino, cominciò a sfogarsi laferocia dei partigiani: pugni, calci e colpi di bastone. Verso le 11del mattino, un fulmineo prelevamento di altre 10 vittime, tutte di SanGiorgio di Piano. Non è possibile riferire tutto ciò che accadde inquelle ore; basti dire che nessuna delle vittime morì per arma da fuoco. Le urla strazianti dei 17 morituri risuonarono per molte ore.





























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