lunedì, ottobre 26, 2009

IL VIDEO DI MARRAZZO

Roma - Ad avvisare Piero Marrazzo che circolava un video compromettente proposto alle redazioni di quotidiani, periodici e tv fu Palazzo Chigi, direttamente nella persona di Silvio Berlusconi. A rivelarlo sarebbe stato lo stesso governatore del Lazio nel suo faccia a faccia con gli inquirenti dello scorso 21 ottobre. Una cortesia istituzionale, dettata dalla convinzione espressa dai vertici del governo che questioni riguardanti la sfera privata dovessero restare fuori dalle polemiche politiche, anche se Palazzo Chigi ignorava che Marrazzo era a conoscenza del tentativo di ricatto. Lo stesso Marrazzo, secondo indiscrezioni giudiziarie, a seguito di questo «avviso» si sarebbe immediatamente attivato con l’agenzia fotografica che trattava la cessione del video.
Intanto la maledizione del Pd si abbatte anche sul caso Marrazzo. Dopo il coordinatore del circolo romano «Torrino» arrestato per gli stupri seriali a Cinecittà, dopo i killer del circolo di Castellammare di Stabia del Pd autori dell’omicidio del collega consigliere di partito Tommasino, dopo le tante inchieste che coinvolgono e travolgono esponenti locali e nazionali del partito di Franceschini, ecco l’ennesima beffa: la moglie di uno dei carabinieri arrestati con l’accusa di aver filmato e ricattato il presidente della Regione Lazio è da anni impegnata nello stesso partito di Piero Marrazzo: Maria Rosa Valletti, 34 anni, avvocato, noto consigliere nel comune barese di Adelfia e componente del nucleo di valutazione dell’Asl di Bari, è infatti la consorte del carabiniere Nicola Testini, sospettato di essere il mandante dell’operazione di via Gradoli.
CORRUZIONE E PECULATO: L’INCUBO DEL GOVERNATORE
Parte lesa, e non solo. La posizione del dimissionario governatore rischia di aggravarsi nelle prossime sotto il profilo giudiziario qualora dovessero emergere «distonie» rispetto agli interrogatori dei protagonisti del caso, all’esame dei conti correnti del Presidente e degli indagati, agli accertamenti su chi e come ha portato la droga al festino di via Gradoli, alle telefonate in partenza e/o in arrivo dagli uffici regionali del numero uno dell’ente amministrato dal centrosinistra. Marrazzo rischia seriamente di dover rispondere di peculato, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, per l’uso dell’auto di servizio per esigenze non istituzionali. In un secondo momento, a seguito dai controlli patrimoniali in corso sui soldi girati da Marrazzo ai carabinieri (compresi quelli non incassati degli assegni) l’autorità giudiziaria potrebbe anche arrivare a contestare la corruzione visto che Marrazzo avrebbe pagato/corrotto per bloccare la divulgazione del video, puntando così a ottenere un vantaggio da un’azione illecita, seppur commessa da altri. Se avesse denunciato in tempo l’estorsione, oggi il governatore dormirebbe sonni tranquilli sotto il profilo penale.
IL VERBALE: «NIENTE SOLDI, CENA DI PESCE PER IL VIDEO»
Dei quattro arrestati ce n’è uno, il 28enne Antonio Tamburrino, la cui presenza in carcere per il suo legale, Mario Griffo, è «raccapricciante». Tamburrino, accusato di ricettazione perché avrebbe aiutato i suoi tre colleghi a piazzare il video, conoscendo il fotografo Scarfone, nell’interrogatorio di sabato ha messo nero su bianco la sua verità. Il video l’avrebbe girato un trans che si intratteneva con Marrazzo, non i suoi colleghi. Lui l’ha visto due o tre volte, «fugacemente», su un pc portatile. E quando il giudice gli ha chiesto se avesse rotto il cd con il file che aveva in custodia per occultare una prova, è caduto dalle nuvole: «Non volevo che i miei colleghi pensassero che lo conservavo per venderlo, così l’ho rotto». Anche riguardo al biglietto Roma-Milano comprato dall’agenzia Photo Masi a Tamburrino perché portasse nel capoluogo lombardo la copia del video, il gip ha domandato al carabiniere cosa gli sia stato promesso in cambio del viaggio. Lui ha risposto che la stessa agenzia avrebbe detto «forse ti facciamo un regalo». Il magistrato domanda: regalo di che tipo, soldi? Tamburrino replica: «No, io pensavo forse a una cena a base di pesce».
Intanto il suo avvocato oggi presenta ricorso al Riesame contro l’ordinanza che conferma il decreto di fermo per Tamburrini. Griffo rimarca che mentre gli arrestati venivano interrogati, il Ros provvedeva a raccogliere le dichiarazioni dei trans coinvolti. Dichiarazioni importanti per l’indagine. Per l’avvocato «molti aspetti investigativi vanno approfonditi, la ricostruzione fatta non è chiara». A cominciare dalla genesi dell’indagine: «Nel decreto non c’è traccia delle intercettazioni alla base dell’inchiesta. Senza conoscere gli atti, parrebbe che tutto sia nato non da un’altra indagine, ma da una soffiata», conclude il legale.
GMC - MMO
da IL GIORNALE

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