venerdì, dicembre 11, 2009

AL GRILLO NON PIACCIONO I COMUNISTI ??

«L´ho fatta grossa. Ma no. In fondo sono contento di avere raccontato questa storia». La strada di Franco Innocenti da Dicomano, provincia di Firenze, oggi cinquantenne, agli inizi degli anni 80 si incrociò per una sera con quella di Beppe Grillo. Un ragazzo appena uscito con fatica dal precariato ed un comico già predicatore, in cambio di adeguato compenso. Anche se per pagarlo fu necessario fare un mutuo.Fax, telefonate, la posta elettronica del giornale piena di messaggi. Franco Innocenti iscritto ai Ds, e prima al Pds, e ancor prima al Pci ed ora pronto a credere nel Partito democratico e in Walter Veltroni, ha scritto una lettera pubblicata ieri dall´Unità a proposito di una partecipazione di Beppe Grillo alla Festa di Dicomano, il suo paese in provincia di Firenze. Erano gli inizi degli anni 80. All´epoca fu necessario sottoscrivere un mutuo per pagare il compenso del comico. La storia ha suscitato molto interesse.«Forse non la dovevo raccontare questa vicenda ma ogni volta che vedo Grillo in televisione non posso fare a meno di dire ai miei figli: ecco ci fa la morale, eppure quella volta... E così ho preso carta e penna e vi ho raccontato la storia». Franco Innocenti ora ha cinquant´anni. Quando si è "incrociato" con Beppe Grillo ne aveva meno della metà. Era uno dei ragazzi della segreteria della sezione Pci di Dicomano. Quella che faceva un gran lavoro per fare una festa dell´Unità di cui poi si parlava per tutto l´anno. «Era molto importante trovare un ospite d´onore di livello. Per noi era una sfida. Volevamo sorprendere e nello stesso tempo riuscire a fare un buon incasso. Una volta c´è venuto anche Roberto Benigni. Tutti, ovviamente sono stati pagati, perché anche allora ero convinto come lo sono oggi che chi lavora deve essere retribuito. Abbiamo fatto tanto precariato noi, figuriamoci se chiedevamo a qualcuno di esibirsi gratis. Uno veramente c´è stato che non volle niente. Era Beppe Dati,l´anno in cui vinse il festival di Sanremo. Lo andai a prendere con la 127 di mio padre e gli bastò». Il Dati in questione, per i non esperti, è l´autore di un sacco di canzoni famose cantate da Mia Martini, Raf, Guccini, Marco Masini, compresa una anticipatrice "Vaffanculo".Ma questa è un´altra storia. Che poco ha a che fare con i predicatori. Torniamo al "caro" incontro. «Era una notte terribile, c´era stata una gran pioggia. Minacciava di continuo di venir giù acqua a catinelle. Beppe Grillo arrivò in ritardo e non trovò nessun punto d´incontro con i coraggiosi che avevano sfidato il maltempo pur di esserci. Incassammo solo quindici milioni. A lui ne avremmo dovuti dare trentacinque. Davvero troppi per le esangui casse della nostra sezione ancora più vuote dopo quella serata andata a vuoto. Cercammo di ricontrattare il compenso. Non ci fu niente da fare. I soldi dovevano essere quelli stabiliti. Se li prese e se ne andò». «Da buon taccagno genoano se ne strafregò della situazione», ha scritto all´Unità e poi ripetuto Innocenti.Per fare fronte al "buco" non ci fu molto da fare se non rivolgersi alla Banca Toscana per ottenere un prestito con un mutuo ventennale. «La segreteria della sezione era fatta tutta di giovani. Io avevo 26 anni ed ero l´unico con una busta paga. Ora faccio parte del servizio tecnico dell´Univerità di Firenze, allora ero stato assunto come portiere grazie a una domanda che mio padre aveva fatto mentre io ero militare. Lui era parrucchiere, mia madre invalida al 100 per cento. E così toccò a me firmare la richiesta anche se non avevo molto più del mio stipendio e di una vecchia Vespa 150 di terza mano. Per vent´anni è stato pagato regolarmente quel debito per l´esibizione di Beppe Grillo. Io ci avevo messo la firma, hanno pagato tutti. Poi un po´ di tempo fa mi hanno fatto andare in banca per chiudere definitivamente con questa vicenda. Non ho mai avuto dubbi che quella che avevo fatta era la cosa giusta. Io, come tanti altri, al partito ho dato la mia gioventù, la mia vita. Il costo della politica per me è questo. Non è stato mai niente di più. Per questo non mi piace quando qualcuno mi fa la morale. Voglio rifare la domanda a Grillo: forse quando si riferisce alle banche, a D´Alema, o agli ex comunisti, parla di quel mutuo? I populisti possono dire ciò che vogliono però a me non piacciono».

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Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.