mercoledì, marzo 17, 2010

Il sacerdote accusato:

Il cronista del Secolo XIX lo raggiunge a casa.

Il fratello: storie vecchie
Savona. La sua voce è stata registrata, a sua insaputa, dal suo trentottenne accusatore, che, a distanza di vent’anni, lo accusa di presunti abusi sessuali subiti da piccolo. In campeggio, nella struttura parrocchiale in un piccolo centro fuori provincia, e anche nella sua casa di famiglia. Chi lo accusa gli ha parlato cercando di ottenere una confessione, pilotando la discussione su quei temi scabrosi. La pedofilia. A margine di una cena con altri sacerdoti in una società di mutuo soccorso sulle alture di Savona. Il prete accusato viene descritto come un orco con l’ombra della pedofilia già diventato un vestito su misura per le sue spalle. Nelle registrazioni si sente la sua voce, il timbro è riconosciuto da amici ed ex compagni di classe che hanno avuto occasione di ascoltarle. Sono nastri consegnati agli inquirenti che conducono le indagini sui presunti abusi segnalati.


«Lo so, lo so, mi rendo conto, prego per voi, prego per voi quattro». È una delle frasi che gli vengono attribuite. Ce ne sono altre che potrebbero avere moltissimi significati. Parole, interpretabili, di conforto, rivolte a chi si sfoga con lui e gli parla degli abusi subiti. Parziali ammissioni secondo chi lo ha denunciato. Tutte da verificare per chi conduce l’inchiesta alla squadra mobile della Questura.
Ieri mattina poco dopo le 13.30 il prete indagato apre la porta di casa gentile come viene descritto da tutti coloro che lo conoscono. Abita su un bricco, una casetta in pietra, muretti a secco e olivi. Pochissimi vicini, tra cui alcuni stranieri. Una vista sul mar Ligure mozzafiato. Tutt’intorno pace e presunta serenità. Il prete abita in un gruppo di case, racchiuse in una borgata isolata in un piccolo comune dell’entroterra savonese. Dove tutti sanno chi è. Conoscono il suo passato di prete, e quello attuale, di normale lavoratore in un’attività che si occupa di ristorazione nel vicino comune a quello in cui abita. Nonostante come sacerdote si sia tolto l’abito da pochi mesi per chiedere e ottenere dalla diocesi una pausa di riflessione, da tutti viene considerato ancora come un prete.


Poche domande e tutti sanno indicare dove lavora e dove abita. Tra qualche perplessità. «Se lavori nella stessa zona in cui sei stato parroco, è ovvio continuare a essere considerato tale. E quindi la gente continua a venire da te».
Apre la porta di casa al cronista sorridente e pacioso. Viso tondo, pochi capelli, non molto alto di statura. Conferma di essere il sacerdote conosciutissimo non soltanto nei paesini dove ha esercitato l’attività di assistente spirituale, ma anche in altri centri della riviera e nel capoluogo.
Sulla porta alcune piccole insegne in legno. Sopra incise parole di fede, ispirate dalla fede religiosa. Una breve scalinata e all’interno spicca il pavimento e il tavolo in legno. Il computer è aperto. Il sole rischiara la stanza. È solo. Appena gli si dice che il suo ospite è un cronista de Il Secolo XIX impallidisce e non dice più una parola. Lo sguardo si perde nel vuoto. È una questione di secondi. Capisce che la visita è dovuta all’inchiesta che incombe su di lui. Si riprende e indica l’uscita: «Non ho letto il giornale. Non voglio dire nulla. Non rilascio dichiarazioni. Vi accompagno alla porta». E poi immediatamente si chiude dentro. Un doppio giro di chiave. Un gesto che viene notato dalla vicina tedesca che raccoglie la legna. Si stupisce. Perché in quella borgata porte e finestre sono sempre, e tutte, aperte. Ci si preoccupa. Viene chiamato il fratello: «Ho provato a chiamarlo, ma ha il telefonino spento» spiega il fratello a chi gli chiede conto del familiare-sacerdote, che poi in serata riesce a contattare. «Aveva letto il giornale subito, di mattina presto, in cui si era riconosciuto nonostante l’assenza di dettagli sull’identità dei protagonisti. Sono storie vecchie, che risalgono a tantissimi anni fa», spiega il fratello che minimizza. A chi gli sta vicino in queste ore non nasconde il suo stupore. Il sacerdote sa chi è che lo accusa, la cui attendibilità ritiene sia «tutta da verificare, magari ci sono vecchi attriti, problemi di denaro, possibili vendette o ricatti», spiega con i suoi familiari.
Solo quando i magistrati avranno finito di ascoltare tutti i testimoni o le potenziali vittime delle violenze che, al momento, secondo le indicazioni fornite dallo stesso accusatore sarebbero complessivamente cinque, si potrà avere un quadro più chiaro della delicata vicenda. Per il momento, resta soltanto la versione di un trentottenne e il silenzio di chi è finito nel mirino delle sue accuse.

Nessun commento:

Posta un commento