domenica, maggio 23, 2010

IL MAESTRO PEDOFILO

Questa invece è una vicenda orrenda, purtroppo non completamente nuova alle mie orecchie, che mi è stata raccontata da un uomo, grande e grosso, sulla cinquantina, che svolge un lavoro di responsabilità , coordina un attività di ordine pubblico e protezione dei cittadini.
Mentre questa persona mi parlava , aveva la voce incrinata dall’emozione e il viso madido di sudore, le mani gli tremavano impercettibilmente.
Ecco il testo del suo racconto :
“ Frequentavo una scuola elementare di stato a Savona, il mio maestro elementare, a quell’epoca c’era il maestro unico, un uomo alto, segaligno, con i capelli alla Sor Pampurio, nel corso della mattinata scolastica, mi faceva sedere sulle sue ginocchia, e al riparo della cattedra, mi molestava sessualmente, mentre procedeva in tal senso, si masturbava, quindi alla fine dell’opera scellerata, dopo avermi fatto scendere dalle sue ginocchia, si puliva le mani disinfettandole con l’alcool, era un uomo che amava l’igiene personale
Ho sempre la percezione dell’odore di quell’alcool, che ricorre nei miei incubi peggiori. Da bimbo, alzandomi alla mattina per recarmi ma scuola con la prospettiva di dover subire le molestie sessuali del laido maestro, ero sempre assalito da una feroce emicrania.
Non fui l’unico degli scolari ad essere molestato da questa persona, addirittura il pedofilo, in un impeto incontrollabile, teneva sulla ginocchia due scolari e li molestava entrambi, alternando le sue attenzioni criminali ora su uno ora sull’altro.
Nessuno dei bimbi molestati si ribellò alle sue attenzioni , qualcuno ne parlò a casa con i genitori, ma ovviamente non venne creduto e fu zittito, nessuno voleva o osava andare a tangere un uomo come quello, il Maestro per antonomasia, che incuteva rispetto solo con il suo aspetto severo e ascetico.
Il direttore della scuola e i colleghi del pedofilo non sospettavano nulla delle sue attività, solo un altro maestro , avuto sentore da qualche scolaro, tentò di ostacolarlo portando le voci dal direttore, ma risultò una impresa impossibile, perché il malvagio maestro, godeva di stima incondizionata e quindi gli fu permesso di continuare per anni, la sua sporca azione su decine e decine di bimbi indifesi che passavano per le sue sporche mani.
Il maestro indegno aveva due figli, ritengo possibile che abbia molestato uno dei due, sicuramente il più fragile ed indifeso, che ha seguito successivamente strade contorte nella sua vita di relazione.
L’unica che forse prese coscienza della terribile situazione fu la moglie del pedofilo, che a più riprese tentò di fuggire dall’uomo.
Ma a quell’epoca la legge, Baslini – Fortuna, sul divorzio non esisteva, e quindi, la povera donna, che tuttavia non osava raccontare le gesta del marito, fu esecrata e ghettizzata dall’opinione pubblica savonese e dovette fare ritorno dal marito criminale.
Il maestro pedofilo, di cui conosco perfettamente il nome e cognome e con cui ho avuto modo di parlare molte volte, seguiva le sue prede anche nel periodo delle vacanze scolastiche estive, con la scusa di dare loro lezioni private , andava a trovarli nei luoghi dove essi stavano con le loro famiglie e “ colmava le loro lacune didattiche “, ovviamente mentre dava a questi poveri bimbi lezioni private, chiedeva di essere lasciato da solo con il discepolo per evitare che si distraesse. Per colmo dell’ironia si faceva pagare la lezione dalla famiglia, anche se era solo un pericoloso molestatore seriale di bimbi. La tariffa era molto bassa, quasi una tariffa politica.
Terminato il servizio nella scuola, il malvagio personaggio andò in pensione e quindi gli mancarono le giovani vittime da predare, quindi per lui fu sicuramente una iattura , lo si notava spesso affacciato da una finestrella del suo studiolo, che dava su una via trafficata di savona, guardare con malcelato interesse i capannelli di giovani che stazionavano in strada.
Nel corso degli anni perse quasi completamente la vista e opportunamente dimenticato da tutti, morì una dozzina di anni fa, con un fardello enorme di orrendi peccati sulla coscienza, ammesso e non concesso che ne possedesse una.


Roberto Nicolick

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Claudio Benvenuti Varazze 17 novembre 1981 Claudio è un giovane di 24 anni, appartiene a quella schiera di ragazzi che vivono e fanno vivere anche agli altri, i problemi della tossicodipendenza. La madre , vedova da circa due anni, e il fratello minore lo trovano morto alle sette del mattino, con il petto squarciato da un colpo di doppietta caricata a pallettoni, riverso a terra nel cucinino del piccolo appartamento di Varazze dove si trovava da solo. L’arma è una calibro 12, regolarmente denunciata e già di proprietà del padre della vittima deceduto due anni prima. L’arma si trovava in casa ma ad una attenta ricerca non si trova più, qualcuno dopo averla usata l’ha portata via. Non era un rapporto facile quello della madre e del fratello minore, le liti con Claudio erano frequenti e proprio quella notte, i due, dopo l’ennesima lite, erano andati a dormire da una zia della vittima. Il foro di ingresso è esteso con i bordi anneriti dalla combustione dello sparo, quindi lo sparo è avvenuto da distanza ravvicinata. La morte risalirebbe all’alba, intorno alle 5 del mattino. Qualcuno tende ad avvalorare la tesi del suicidio. Tuttavia alcuni particolari creano delle perplessità agli inquirenti: Claudio era in procinto di testimoniare ad un processo in cui un suo conoscente era alla sbarra con l’accusa di spaccio di stupefacenti, poco prima di morire in queste strane circostanze, avrebbe scritto un biglietto, trovato accanto al cadavere, in cui scagionava l’imputato dalle accuse. Claudio non fu l’unico tossicodipendente a perdere la vita in quel periodo e in circostanze tragiche. Su Savona aleggiava l’ombra sempre più tangibile dell’ala più dura e violenta dell’ndrangheta che non esitava a togliere di mezzo chiunque potesse nuocerle.