Il 24 maggio 1915
Sono passati 100 anni, cento
lunghi anni da quel 24 maggio, quando il Regno d’Italia entrò ufficialmente in
guerra, la Prima Guerra Mondiale, mondiale per l’ampia partecipazione di
nazioni belligeranti riunite in Alleanze e in Coalizioni, per l’Italia fu una
delle tante Guerre di Indipendenza. Comunque, la prima azione militare avvenne
proprio nella notte tra il 23 e il 24 maggio 1914, la Regia Nave Zeffiro, un
cacciatorpediniere Italiano, sparò un siluro e ben 169 colpi di cannone, contro
una installazione militare Austroungarica, Porto Buso, nella Laguna di Grado,
dove passava il confine tra il Regno d’Italia e l’Austria Ungheria. Il siluro
si arenò e quindi praticamente fece cilecca mentre le salve di artiglieria
della R.N. Zeffiro costrinsero la guarnigione Austriaca a sbandarsi e poi ad
arrendersi all’equipaggio Italiano.
Scorrendo l’elenco dei
prigionieri fatti dalla nave Italiana, si scopre che erano tutti Friulani e
Triestini, Italiani etnicamente anche loro ma comunque con indosso una divisa
di un esercito nemico. Seguirono da quella fortunata azione compiuta di sorpresa,
tre anni terribili in cui caddero ben seicentomila soldati Italiani, spesso
mandati a morire da generali che concepivano una strategia suicida in cui i fanti
o gli alpini erano solo carne da cannone.
Tre anni di guerra di trincea, dalle
battaglie degli altipiani alle gallerie costruite sul Pasubio, per raggiungere
i nemici dal di sotto e fargli esplodere mine gigantesche sotto i piedi, anni di assalti alla baionetta sotto il fuoco
delle mitragliatrici nemiche, anni a
conquistare o a perdere e poi a riconquistare, ancora, rocce e cime attorno ai quattromila metri, anni a costruire lunghe gallerie , scavando
nella roccia viva, come la famosa strada delle 52 gallerie , costruita dal 5°
Reggimento del Genio, tra valli, burroni e guglie, per consentire il passaggio
delle truppe Italiane senza essere bersagliate dalla artiglieria Austriaca.
Tre anni in cui i nostri soldati,
per lo più gente del Popolo, dovettero subire di tutto : dura disciplina, fame,
freddo e gelo, incompetenza degli ufficiali, ferite e mutilazioni, parassiti
vari, e anche , purtroppo anche il plotone di esecuzione per colpe che non gli
appartenevano.
Tre anni in cui accadde di tutto,
addirittura un cambio del vertice delle forze armate Italiane, in corso d’opera,
dopo una terribile disfatta, Caporetto, e durante una disordinata ritirata in
cui l’esercito Italiano rischiò il completo annullamento e l’Italia di perdere
gran parte del territorio Nazionale sotto la spinta di una offensiva di truppe
Austro-Tedesche.
Poi nel settembre del 1918, l’orgoglio
e il coraggio ebbero il soppravvento ,
le nostre armate si attestarono su un grande e importante corso d’acqua,
chiamato Piave, che scorre interamente in Veneto e da il suo nome alla valle
che attraversa. Attorno a questo fiume, avvennero tre battaglie durissime che
decisero le sorti della guerra per l’Italia, l’ultima delle quali , quella di
Vittorio Veneto vide le truppe Italiane dare il colpo di grazia agli Austriaci
e dilagare oltre il Piave inseguendo il nemico in ritirata.
Da quei giorni il Piave, ebbe la
denominazione di “Fiume Sacro della Patria”, che mantiene tuttora. La vittoria di
allora, non fu il risultato di una serie di fortunate coincidenze, ma fu costruita
attraverso il sacrificio di migliaia di soldati Italiani, provenienti da tutte
le regioni d’Italia, che magari non avevano mai viaggiato, che magari erano
analfabeti, che magari non sapevano neppure dove si trovavano , eppure fu
grazie a loro, che alcuni termini come , sacrificio, onore, dovere, e amicizia
cameratesca hanno acquisito un senso, pur in una guerra che come tutte le
guerre è insensata.
Passeggiando per i numerosi Sacrari militari che costellano il
Trentino e il Veneto, si comprende quante brave persone, persero il loro bene
più prezioso, combattendo per la Patria, essi persero la loro vita.
Semplicemente tutto qui, la loro
vita per la Patria di cui si sentivano parte attiva.
Roberto Nicolick
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