venerdì, maggio 22, 2015

il 24 maggio 1915



Il 24 maggio 1915
Sono passati 100 anni, cento lunghi anni da quel 24 maggio, quando il Regno d’Italia entrò ufficialmente in guerra, la Prima Guerra Mondiale, mondiale per l’ampia partecipazione di nazioni belligeranti riunite in Alleanze e in Coalizioni, per l’Italia fu una delle tante Guerre di Indipendenza. Comunque, la prima azione militare avvenne proprio nella notte tra il 23 e il 24 maggio 1914, la Regia Nave Zeffiro, un cacciatorpediniere Italiano, sparò un siluro e ben 169 colpi di cannone, contro una installazione militare Austroungarica, Porto Buso, nella Laguna di Grado, dove passava il confine tra il Regno d’Italia e l’Austria Ungheria. Il siluro si arenò e quindi praticamente fece cilecca mentre le salve di artiglieria della R.N. Zeffiro costrinsero la guarnigione Austriaca a sbandarsi e poi ad arrendersi all’equipaggio Italiano.
Scorrendo l’elenco dei prigionieri fatti dalla nave Italiana, si scopre che erano tutti Friulani e Triestini, Italiani etnicamente anche loro ma comunque con indosso una divisa di un esercito nemico. Seguirono da quella fortunata azione compiuta di sorpresa, tre anni terribili in cui caddero ben seicentomila soldati Italiani, spesso mandati a morire da generali che concepivano una strategia suicida in cui i fanti o gli alpini erano solo carne da cannone.
Tre anni di guerra di trincea, dalle battaglie degli altipiani alle gallerie costruite sul Pasubio, per raggiungere i nemici dal di sotto e fargli esplodere mine gigantesche sotto i piedi,  anni di assalti alla baionetta sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche,  anni a conquistare o a perdere e poi a riconquistare, ancora,  rocce e cime attorno ai quattromila metri,  anni a costruire lunghe gallerie , scavando nella roccia viva, come la famosa strada delle 52 gallerie , costruita dal 5° Reggimento del Genio, tra valli, burroni e guglie, per consentire il passaggio delle truppe Italiane senza essere bersagliate dalla artiglieria Austriaca.
Tre anni in cui i nostri soldati, per lo più gente del Popolo, dovettero subire di tutto : dura disciplina, fame, freddo e gelo, incompetenza degli ufficiali, ferite e mutilazioni, parassiti vari, e anche , purtroppo anche il plotone di esecuzione per colpe che non gli appartenevano.
Tre anni in cui accadde di tutto, addirittura un cambio del vertice delle forze armate Italiane, in corso d’opera, dopo una terribile disfatta, Caporetto, e durante una disordinata ritirata in cui l’esercito Italiano rischiò il completo annullamento e l’Italia di perdere gran parte del territorio Nazionale sotto la spinta di una offensiva di truppe Austro-Tedesche.
Poi nel settembre del 1918, l’orgoglio e il coraggio ebbero il soppravvento  , le nostre armate si attestarono su un grande e importante corso d’acqua, chiamato Piave, che scorre interamente in Veneto e da il suo nome alla valle che attraversa. Attorno a questo fiume, avvennero tre battaglie durissime che decisero le sorti della guerra per l’Italia, l’ultima delle quali , quella di Vittorio Veneto vide le truppe Italiane dare il colpo di grazia agli Austriaci e dilagare oltre il Piave inseguendo il nemico in ritirata.
Da quei giorni il Piave, ebbe la denominazione di “Fiume Sacro della Patria”, che mantiene tuttora. La vittoria di allora, non fu il risultato di una serie di fortunate coincidenze, ma fu costruita attraverso il sacrificio di migliaia di soldati Italiani, provenienti da tutte le regioni d’Italia, che magari non avevano mai viaggiato, che magari erano analfabeti, che magari non sapevano neppure dove si trovavano , eppure fu grazie a loro, che alcuni termini come , sacrificio, onore, dovere, e amicizia cameratesca hanno acquisito un senso, pur in una guerra che come tutte le guerre è insensata.
Passeggiando per  i numerosi Sacrari militari che costellano il Trentino e il Veneto, si comprende quante brave persone, persero il loro bene più prezioso, combattendo per la Patria, essi persero la loro vita.
Semplicemente tutto qui, la loro vita per la Patria di cui si sentivano parte attiva.

Roberto Nicolick

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Cari ucraini! Nella vita di ogni nazione arriva un momento in cui dobbiamo sederci e parlare apertamente. In modo onesto. Calmo. Senza speculazioni, senza voci, senza pettegolezzi. Solo la verità. Come ho sempre cercato di fare con voi.Oggi viviamo uno dei momenti più difficili della nostra storia. La pressione sull’Ucraina è enorme. E il nostro Paese potrebbe trovarsi presto davanti a una scelta durissima: sacrificare la nostra dignità, oppure rischiare di perdere un partner fondamentale. Accettare una lista complicata di 28 richieste, oppure affrontare un inverno che potrebbe essere il più duro, con tutti i pericoli che comporta. Una vita senza libertà, senza dignità, senza giustizia. Una vita in cui ci si chiede di fidarsi di chi ci ha già attaccati due volte. Si aspettano una risposta da noi. Ma, in realtà, io l’ho già data. L’ho data il 20 maggio 2019, quando ho pronunciato il giuramento da presidente: «Io, Volodymyr Zelensky, eletto Presidente dell’Ucraina dalla volontà del popolo, mi impegno con tutte le mie azioni a difendere la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, a tutelare i diritti e le libertà dei suoi cittadini, a rispettare la Costituzione e le leggi dell’Ucraina, a servire gli interessi di tutti i miei compatrioti e a rafforzare la posizione dell’Ucraina nel mondo». Per me quel giuramento non era una formalità. Era un voto. E ogni giorno resto fedele a ogni parola. Non le tradirò mai. L’interesse nazionale dell’Ucraina deve venire prima di tutto. Non faremo dichiarazioni forti o emotive. Continueremo a lavorare con gli Stati Uniti e con tutti i nostri partner, in modo calmo. Cercheremo soluzioni costruttive con il nostro principale alleato. Discuterò, cercherò di convincere, proporrò alternative. Ma non daremo al nemico nessun pretesto per dire che l’Ucraina non vuole la pace o che sta sabotando la diplomazia. Questo non succederà. L’Ucraina agirà rapidamente. Oggi, domani, per tutta la settimana e per tutto il tempo necessario. Senza sosta, farò di tutto per assicurare che tra tutti i punti in discussione ce ne siano almeno due non negoziabili: la dignità e la libertà del popolo ucraino. Perché tutto il resto — la nostra sovranità, la nostra indipendenza, la nostra terra, il nostro popolo, il nostro futuro — si regge su questi due fondamenti. Dobbiamo fare tutto il possibile per finire questa guerra, senza permettere la fine dell’Ucraina, dell’Europa, o il crollo della pace globale. Ho appena parlato con i nostri partner europei. Contiamo sui nostri amici in Europa, che sanno perfettamente che la Russia non è una minaccia lontana: è alle porte dell’Unione Europea. E oggi l’Ucraina è l’unico scudo che protegge lo stile di vita europeo dalle ambizioni di Putin. Ricordiamo che l’Europa ci ha sostenuti. E crediamo che continuerà a farlo. L’Ucraina non deve rivivere ciò che abbiamo vissuto il 24 febbraio, quando ci siamo sentiti soli. Quando nessuno poteva fermare la Russia tranne il nostro popolo eroico, che si è messo davanti all’esercito di Putin come un muro. È stato toccante sentire il mondo dire: «Gli ucraini sono incredibili; che popolo, come combattono, come resistono; sono titani». È vero. Ma l’Europa — e il mondo — devono capire anche un’altra verità: gli ucraini sono esseri umani. Da quasi quattro anni resistiamo contro uno degli eserciti più grandi del mondo. Sosteniamo un fronte lungo migliaia di chilometri. Subiamo bombardamenti ogni notte, missili, droni, attacchi balistici. Ogni giorno le famiglie perdono una persona cara. E il nostro popolo vuole disperatamente che questa guerra finisca. Siamo forti. Forti come l’acciaio. Ma anche l’acciaio ha i suoi limiti. Ricordatelo. Restate con l’Ucraina. Con il nostro popolo. Con la dignità e la libertà. Cari ucraini, Tornate con la memoria al primo giorno della guerra. La maggior parte di noi ha fatto una scelta: ha scelto l’Ucraina. Ricordate cosa avete sentito. Era buio, rumoroso, pesante, doloroso, terrificante per molti. Ma il nemico non ha visto la nostra schiena mentre scappavamo. Ha visto i nostri occhi: occhi pronti a difendere ciò che è nostro. Quella è dignità. Quella è libertà. Ed è ciò che la Russia teme di più: la nostra unità.Allora, la nostra unità era concentrata sul difendere la nostra casa. Oggi ci serve con la stessa urgenza — perché la nostra casa abbia una pace degna. Chiedo a tutti gli ucraini: cittadini, popolo, leader politici. Dobbiamo ritrovarci. Concentrarci. Smettere di litigare tra noi. Basta giochi politici. Lo Stato deve funzionare. Il parlamento di un Paese in guerra deve lavorare unito. Il governo deve essere efficiente. E soprattutto, non dobbiamo dimenticare chi è il vero nemico. Ricordo quel primo giorno, quando emissari diversi venivano da me con piani, liste, ultimatum. Dicevano: «O questo, o niente. O firmi, o sarai eliminato e un “presidente ad interim” firmerà al posto tuo». Sappiamo com’è finita. Molti di quegli emissari sono finiti nelle liste dei prigionieri da scambiare e sono tornati a casa loro. Non ho tradito l’Ucraina allora. Sentivo il vostro sostegno. Ogni uomo e ogni donna del nostro Paese. Soldati, volontari, medici, diplomatici, giornalisti — tutta la nazione. Non abbiamo tradito allora. E non tradiremo adesso. E so che in questo momento difficilissimo non sono solo. Gli ucraini credono nel loro Stato. Siamo uniti. E in ogni incontro, discussione, negoziato con i partner sarà più facile lottare per una pace giusta, perché so con assoluta certezza che alle mie spalle c’è il popolo ucraino. Milioni di persone con dignità, che lottano per la libertà, che hanno guadagnato il diritto alla pace. E tutti i nostri eroi caduti, che hanno dato la vita per l’Ucraina, guardano dall’alto. Meritano di vedere che i loro figli e nipoti vivranno una pace degna del loro sacrificio. E quella pace arriverà: dignitosa, efficace, duratura. Cari ucraini, La settimana che sta arrivando sarà difficile, piena di eventi importanti. Siete una nazione matura, intelligente, consapevole. Lo avete dimostrato tante volte. Sapete che nei prossimi giorni ci sarà una pressione enorme — politica, informativa, psicologica — pensata per indebolirci e dividerci. Il nemico non dorme e proverà tutto per fermarci. Lo permetteremo? Non possiamo. E non lo faremo. Noi prevarremo. Perché chi vuole distruggerci non capisce chi siamo, da cosa siamo fatti, cosa difendiamo. Non è un caso che celebriamo la Giornata della Dignità e della Libertà come festività nazionale. Questo dimostra chi siamo. Dice quali sono i nostri valori. Lavoreremo sul fronte diplomatico per la pace. E dobbiamo lavorare insieme, dentro il Paese, per la pace. Per la nostra dignità. Per la nostra libertà. E so che non sono solo. Con me ci sono il nostro popolo, la nostra società, i nostri soldati, i nostri partner e alleati. Tutto il nostro popolo. Dignitosi. Liberi. Uniti. Buona Giornata della Dignità e della Libertà. Gloria all’Ucraina!