mercoledì, ottobre 26, 2016

Gli alpini di colle Tortagna

L’eccidio dei 17 Alpini a Colle Tortagna, Calizzano




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 Arrivati sulla spianata del Colle del Melogno, imbocchiamo sulla sinistra l'antica strada militare sterrata che, dopo alcune curve, attraverso un bosco ceduo, porta ad un bivio, svoltando a sinistra , dopo circa 200 metri, superando a piedi un recente cancello, si perviene alla sommità della collina, interamente occupata dalla pianta poligonale del  Forte Tortagna, attorniato da un fossato, protetto da terrapieni, il forte è ad una altezza s.l.m. di circa 1090 metri, da qui lo sguardo arriva sino al mare.
L’ingresso del forte, servito da un ponte levatoio insicuro, mostra un architrave con sopra inciso il nome della fortificazione , Forte Tortagna.
 All’interno, una caserma con gli alloggiamenti e in posizione leggermente sopraelevata si vedono le postazioni dei cannoni che vi erano collocati. L'esterno del forte e reca i segni di recenti vandalismi e incuria.
Qui avvenne una delle tante atrocità commesse nel corso della Guerra Civile, uno dei tanti episodi in cui Italiani che si consideravano “buoni”, scannavano altri Italiani che erano considerati “cattivi”:
A fine novembre del 1944, due plotoni di alpini , appartenenti alla 67° compagnia del Battaglione Cadore, Divisione Monterosa, entrano in contatto, sulla strada montana che porta a Bardineto, con preponderanti formazioni partigiane, la 5° brigata Partigiana Garibaldina composta da ben tre distaccamenti.
I combattimenti che seguono sono violentissimi , uno dei due plotoni riesce a sganciarsi e riesce a ritornare al proprio reparto acquartierato a Ceva, mentre l’altro viene circondato, continua a combattere in attesa di rinforzi che tuttavia non possono raggiungere nell’immediato, la zona impervia per sostenere il reparto accerchiato.
Il plotone perde nella mischia, l’ufficiale comandante, il tenente Armando Merati, che viene sostituito da un sottotenente medico, Mario Da Re, il quale con altrettanto valore, guida il reparto nella difesa della posizione. Lo scontro dura per otto lunghissime ore la brigata partigiana subisce forti predite, cade negli scontri anche l’alpino semplice Primo Durante armi in pugno .
Al termine dello scontro, gli alpini superstiti verranno disarmati e dichiarati prigionieri di guerra. In seguito saranno portati al forte Tortagna e rinchiusi in una cantina, nel livello più basso della fortificazione. La loro vita sta per finire in modo tragico infatti non era precisamente costume delle brigate partigiane rispettare lo status di prigioniero di guerra ai militari della R.S.I..
Dopo essere stati segregati all’interno di una cantina del forte Tortagna, gli alpini verranno passati per le armi in spregio a qualsiasi convenzione militare e soprattutto umana. Un giovanissimo alpino, poco più che diciassettenne, sopravvisse alla strage e ebbe la possibilità di riferire al proprio comando cosa accadde ai suoi camerati , il ragazzo si chiamava Albareti e potrà scampare alla morte grazie al sacrificio del suo comandante, il sottotenente Mario Del Re, che chiederà la grazia per il giovanissimo alpino, data l'età. Ecco i fatti in base al racconto dello scampato e anche di alcuni appartenenti alla formazione partigiana.
I prigionieri, dopo la loro cattura, vennero da subito privati delle armi e poi dell’abbigliamento personale, giacche, calzoni, maglioni e calzature. I poveretti trascorsero la gelida notte in condizioni terribili, all’interno di una umida segreta, a quota 1030, in un mese e soprattutto in una località nota per le temperature decisamente rigide e senza abbigliamento. Alla mattina erano quasi assiderati.
Era imminente un contrattacco dei militari della R.S.I., avvisati dal plotone sfuggito all’accerchiamento, per liberare i 17 prigionieri, a questo punto i partigiani decisero di eliminare i prigionieri per evitare che venissero liberati nel corso dell'attacco nemico.
All’alba del 27, iniziarono i prelevamenti dei prigionieri, per portarli davanti al plotone di esecuzione che li aspettava in uno spiazzo nella foresta a breve distanza dal forte.
Quando il comandante Del Re, comprese la sorte che attendeva i suoi soldati, li incitò ad avere coraggio e li invitò a cantare le più note canzoni degli alpini, corpo a cui essi appartenevano.
Sul colle Tortagna , in quella livida mattina, due suoni contrastavano e stridevano tra di loro: uno era dolce e continuo, prodotto dalle voci degli alpini che con coraggio, intonavano le loro caratteristiche e struggenti melodie della montagna e l’altro intermittente e assordante era il suono delle armi da fuoco con cui i boia partigiani fucilavano i loro inermi prigionieri.
Ecco i nomi degli alpini, uccisi senza un minimo di pietà e di giustizia : Calcinotti Edoardo, Canziani Giovanni, De Rin Tullio, De Battè Brunetto, De Biasi Mario, Fiorini, Garda Ivo, Meraviglia Antonio, Pietrobono Osvaldo, Ragazzoni Vittorio, Rorato Luigi Ermanno ,Saturio Antonio, Scola Alfredo, Tornabene Mario, Uliana Saverio, Vanele Mario, Viviani Zeldino. L’ultimo a cadere fu il sottotenente medico Mario Del Re che ebbe un comportamento onorevole sino all’ultimo istante della sua vita, cadde gridando in faccia ai suoi aguzzini “ Viva l’Italia”, in seguito, verrà decorato dal Governo della Repubblica Sociale Italiana di Medaglia D’oro al Valor Militare.
I corpi dei militari, saranno esumati e ricomposti solo quattordici anni dopo, nel 1958 presso il Cimitero di Vittorio Veneto, frazione Ceneda. Sul sito della strage a quota 1090, è stato posto un cippo in memoria delle vittime di questa ennesima ed assurda strage e annualmente viene celebrata una messa in memoria dei caduti.
Roberto NICOLICK
 


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