L’omicidio di Amalia
Desiglioli
una giovanissima
ragazza, molto bella ed avvenente, alta e snella, capelli neri
corvini, occhi marroni molto espressivi e profondi , muore
assassinata nelle vie di Savona, durante la notte del 12 maggio 1945,
a liberazione avvenuta. La giovane donna a nome Amalia Desiglioli ha
da poco compiuti i 18 anni ed è piena di speranze per il futuro che
vorrebbe poter migliorare, fra i suoi obiettivi c'è fare l’attrice
entrando nel mondo dello spettacolo per sfuggire alle tristezze
dell’immediato dopo guerra con le sue stragi e con la sua cupezza.
Nata a il 24 aprile
1927, abita in un quartiere antico di Savona, Villapiana, con la
famiglia in cui è perfettamente integrata, viene assassinata con un
colpo di pistola alla testa, poco dopo la mezzanotte, mentre tutti
dormono o se sono svegli si guardano bene dal farsi gli affari degli
altri .
Il 12 maggio 1945, a
notte inoltrata, tre persone in uniforme da partigiani, si
presentano presso l’abitazione dove , bussano alla porta con fare
autoritario, dichiarando di essere inviati dal Prefetto della
Liberazione che all'epoca era un capo partigiano, persona peraltro
conosciuta dalla ragazza e dalla sua famiglia. La giovane Amalia,
fiduciosa, nonostante i tempi oscuri, scende in strada con i tre
uomini e viene ritrovata, dopo una mezzora , morta ammazzata in una
via poco lontano dalla casa dove è uscita con fiducia nelle persone
che sono venute a rilevarla, salita Aquileia, con una chiazza di
sangue che si allarga sotto il capo , qualcuno le ha sparato un solo
colpo e preciso alla nuca. Ovviamente i suoi assassini non saranno
mai identificati e un opportuno documento stilato il 25 di maggio
1945, dal Comitato di Liberazione collegato alla Questura di polizia
ausiliaria partigiana, la definirà come una appartenente alle
famigerate Brigate Nere. Quindi nei confronti di una “fascista”
tutto è permesso anche ucciderla senza essere puniti.
Questi i dati
oggettivi di un’altra ennesima omicidio :
Amalia, lavorava come
impiegata nell'ufficio addetto alla sistemazione degli sfollati e ai
danneggiati dei bombardamenti alleati, presso l’attuale prefettura
, che negli anni della seconda guerra mondiale era la sede del Fascio
e della Federazione Provinciale Fascista Repubblicana . Amalia
abitava con la famiglia , madre, padre , un fratellino tredicenne
Angelo, una sorella Margherita e un fratello più grande Alessandro
militare nella Marina Militare.
La famiglia di Amalia
era di modestissime condizioni economiche e come tutti in quel
periodo doveva fare i conti con pochi generi alimentari . Molti
savonesi , per arricchire la misera dieta, si recavano presso la zona
dell’angiporto , dove accanto ad un insediamento industriale,
potevano usare dei contenitori di metallo, in cui veniva versata
dell’acqua di mare. Il fondo di queste latte veniva scaldato con
del fuoco di legna e l’acqua di mare evaporando lasciava sul fondo
del sale. Era un metodo semplice ed alla portata di tutti per
produrre sale, da poter scambiare con altri generi alimentari.
Amalia e una sua
collega ed amica, Anna, in quella occasione decidono di recarsi con
mezzi di fortuna nell’entroterra collinare e scambiare il sale con
uova o farina ed arricchire i pasti delle rispettive famiglie. Ma le
cose vanno male, le due ragazze vengono fermate dalla Polizia
annonaria, perquisite e viene rinvenuto il sale . Le due poverette
sono accusate di “borsa nera”, reato molto grave all’epoca.
Come immediato provvedimento vengono licenziate e lasciate a casa dal
lavoro di impiegate. Lavoro che permetteva loro di vivere.
Arriva l’aprile
1945 e si comincia a respirare aria di caduta per la Repubblica
Sociale Italiana. Le due ragazze , il 24 aprile 1945 alla vigilia
della grande fuga dei fascisti e delle loro famiglie verso il
nord,accompagnate dai genitori e dal fratellino si recano in
Prefettura – Casa del Fascio, dove lavoravano, per reclamare gli
ultimi stipendi e la liquidazione, cosa che viene loro accordata.
Il fratellino di
Amalia osserva incuriosito la confusione all’interno della casa
del fascio, vede la smobilitazione degli uffici, i documenti bruciati
all’interno di un bidone nel cortile, vede anche alcuni militi in
camicia nera, irriducibili, che scrivono sui muri la fatidica parola
:
“ RITORNEREMO”.
Purtroppo in quel
clima di paura e arrabbiatura per le cose che precipitano, le due
ragazze vengono costrette a unirsi alla colonna in fuga dei
repubblichini, che va in direzione di Valenza Po dove è previsto
l’attraversamento del grande fiume per raggiungere la Valtellina,
nonostante le giovani, non abbiano posizioni di responsabilità
all’interno del Regime in disfacimento. I genitori della Amalia
quindi assistono impotenti alla partenza obbligata delle ragazze e
rassegnati tornano con i soldi degli stipendi a casa, nella speranza
di rivederle prima o poi.
La fuga dalla città,
dura poco, la colonna repubblicana in fuga viene fermata a Valenza
Po, i componenti arrestati ed internati nel carcere di Alessandria e
le due ragazze, dopo un interrogatorio del Comitato di liberazione
nazionale, rilasciate dai partigiani, libere di tornare a Savona
visto che nulla era emerso a loro carico ed infatti fanno ritorno
presso le rispettive famiglie.
Accade, tuttavia, un
fatto particolare qualche mese prima del 25 aprile 1945, che forse
potrebbe essere la chiave di lettura della morte della povera
ragazza: il fratellino della Amalia, trova per strada una borsa piena
di tabacco, nel cui interno, è nascosto un lasciapassare rilasciato
dalle formazioni partigiane per un trasportatore di Savona. Il
ragazzino porta a casa la borsa e mostra ad Amalia ed alla sua amica
il lasciapassare. L’amica di Amalia affermando di conoscere
l’intestatario del lasciapassare, si offre di andare a restituire
il documento personalmente. Qualcuno, pare una donna, si reca
dall’intestatario del salvacondotto, e forse tenta un ricatto ,
minacciando di rivelare i suoi contatti con i partigiani. A fronte
del ricatto il personaggio paga , affermerà in seguito ai partigiani
di aver versato una somma ad una donna che comunque non è la Amalia
e neppure la sua amica. Si innesca una dinamica perversa che porterà
a conseguenze terribili per la povera Amalia.
La notte del 12
maggio 1945, passata da circa mezzora la mezzanotte, tre persone che
indossano l’uniforme dei partigiani, con al braccio un nastrino
tricolore, si presentano presso la casa della Amalia e le chiedono
di seguirli, motivando il fatto che il prefetto voleva conferire
urgentemente con lei. Sia la Amalia che i suoi famigliari erano
conoscenti del personaggio citato dai tre figuri, il cosiddetto
prefetto della Liberazione, e quindi si fidano. La ragazza esce e
firma così la sua condanna a morte.
I quattro si avviano
verso il centro, la ragazza è serena, una signora residente sentirà
delle risate e si affaccerà alla finestra incuriosita, vedrà una
donna in compagnia di due uomini e un terzo che si attarda per
legarsi il laccio di una scarpa. Quello è il trucco scelto dal boia
per potersi collocare alle spalle della ragazza e colpirla alla nuca.
Un solo sparo, nel silenzio della notte e la ragazza cade ,
assolutamente inconsapevole di quello che è successo. Verrà
ritrovata, con il sorriso stampato sul viso, dopo poco, dalla madre
in ansia, scesa a cercarla. Il corpo verrà trasportato al cimitero
di Zinola e seppellito. Le indagini, solo formali e inconcludenti
della Questura di Savona, all’epoca gestita dal comitato di
liberazione non porteranno a un bel nulla.
Una povera anima
innocente è stata assassinata per nulla e con le solite motivazioni
assurde e dettate dalle barbarie. Dopo qualche anno la salma di
Amalia viene esumata e traslata nel Sacrario dei caduti militari
anche se lei non aveva mai indossato l’uniforme. Un dolore in più
per il fratello che appena uscito dalla adolescenza decise di
abbracciare la causa del P.C.I., e a tutt’oggi non riesce a
spiegarsi il movente dell’uccisione della povera sorella, bella,
intelligente, simpatica, un ragazza talmente bella da poter fare
l’attrice e che a questo scopo inviò delle sue foto ad una rivista
che si occupava di casting. La redazione artistica dopo aver
visionato le foto della Amalia, la cercò per farle fare dei provini,
ma era troppo tardi : Amalia era stata assassinata.
Roberto Nicolick
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