mercoledì, ottobre 26, 2016

La grande fuga dal carcere del Piazzo , Biella

La grande fuga del carcere di Biella, il Piazzo

Biella, la ridente città del Piemonte, si divide in Biella Piano e Biella Piazzo. Biella Piazzo è la zona più antica di Biella, il borgo medioevale e rispetto alla parte nuova leggermente sopraelevata, sede da tempo immemorabile della casa Circondariale divenuta poi Carcere Giudiziario.
Il carcere è una vecchia struttura, tuttora esistente che verrà ristrutturata per ospitare dei locali ad uso civile, con un grande cortile centrale, ai tempi del carcere giudiziario, era chiamato famigliarmente da chi vi abitava, sia dai galeotti che dalle guardie e dai Biellesi “il Piazzo”.
Questa struttura carceraria, antiquata anche per quei tempi, fu nel settembre del 1946, il teatro di una gigantesca evasione , esattamente il giorno 17, sabato alle 10 del mattino poco dopo la colazione, avvenne una grande fuga per molti versi inspiegabile, in cui 39 prigionieri su 92, controllati da soli 6 agenti, presero il volo, uscendo tranquillamente in corteo dal portone principale, addirittura cantandosela allegramente, mentre a poche decine di metri c'era una importante caserma dell'Esercito Italiano, sede del 22° reggimento Cremona, con una sentinella armata nella guardiola che non intervenne minimamente.
I reclusi del Piazzo, erano di diverse tipologie, divisi tra loro, tranne un gruppo molto omogeneo di una trentina , tutti ex partigiani , in attesa di giudizio per reati per cui, se giudicati colpevoli, avrebbero dovuto scontare condanne da 10 a 20 anni di carcere. Erano tutti esperti di guerriglia con alle spalle attività di natura bellica condotta contro le truppe Tedesche e Repubblichine.
Nella prima fase dell'evasione, un detenuto finse di avere un malore e convinse la guardia ad aprirgli la porta della cella dove erano reclusi altri 5 suoi compagni, lo immobilizzò e dopo averlo disarmato, con le chiavi trovate nel posto di comando, liberò gli altri reclusi, comprese le donne.
Poi i detenuti sempre più numerosi, immobilizzarono le altre guardie costringendole ad aprire i pesanti cancelli che isolavano il primo piano dal secondo.
Nel frattempo un personaggio con una divisa approssimativa : una giacca color caki, bussò alla portone del carcere per distrarre gli agenti a piano terra e per immobilizzarli successivamente all'arrivo dei detenuti dai piani superiori.
Mentre si avvicinavo al cancello principale i reclusi avrebbero prelevato altre pistole alle guardie poi sarebbero usciti, come in corteo, imboccando la stradina in discesa, il vicolo del Bellone.
E sempre cantando si sarebbero sparsi per i campi dove avrebbero raccolto delle mele da degli alberi lungo il loro cammino. Prima di uscire qualcuno avrebbe tagliato i fili del telefono per impedire qualsiasi comunicazione. Dal portone uscirono 38 detenuti e l'ultimo della fila , si chiuse il portone alle spalle, impedendo di fatto agli altri di guadagnare la libertà. Una signora affacciata da casa sua, vide in diretta l'evasione e telefonò al Commissariato avvisandoli dell'evasione.
Alcuni agenti si Pubblica Sicurezza corsero sul posto e constatarono la fuga, avvisando immediatamente i Carabinieri. Da Vercelli, la piazza militare più importante, partirono immediatamente alcuni automezzi carichi di militari che giunti sul posto iniziarono delle battute per riprendere gli evasi.
Il che avvenne non senza fatica, 8 furono arrestati dopo una furibonda colluttazione nelle immediate vicinanze del carcere, un altro, con precedenti per rapina, fu ferito dopo una sparatoria con i Carabinieri, gli altri ancora latitanti avrebbero progettato di attraversare i valichi per fuggire in Francia e in Svizzera, a tale scopo starebbero per raggiungere alcuni depositi clandestini di armi, accantonati da loro durante la guerra partigiana per potersi armare e aprirsi la strada verso le loro destinazioni di fuga.
Nel pomeriggio altri 3 evasi venivano tratti in arresto, ne rimanevano ancora in libertà 26, tutti con precedenti pesanti come rapina a mano armata e omicidio, quindi soggetti altamente pericolosi. I carabinieri dei comandi provinciali di Vercelli, Alessandria e Aosta convergevano con rastrellamenti a tappeto e con numerosi posti di blocco, attorno a Biella.

Ad aggravare la situazione c'era che questi evasi ancora in libertà erano sicuramente organizzati in quanto, quasi tutti provenienti dalla guerra partigiana e anche armati, avendo attinto ai depositi clandestini di armi alla cui costituzione hanno partecipato durante il periodo insurrezionale. La maggior parte di essi non verranno mai ripresi.

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