Gemisto
Il numero civico 8 di Via
Gorizia a Genova Sturla è una tranquilla palazzina di cinque piani,
al 16 , quella mattina intorno alle 10 di un giorno di dicembre del
1966, una donna di appena 51 anni, Teresa, si tolse la vita con il
gas. Teresa fu l'ultima vittima innocente, in ordine di tempo, di un
caporione partigiano comunista, Franco Moranino detto Gemisto.
Teresa si tolse la vita a
distanza di 22 anni dall'omicidio di suo marito, era la vedova
inconsolata di Emanuele Strasserra, medaglia d'oro V.M., Manuel,
responsabile della missione alleata Cherookee, inviato nel '44,
dall'O.S.S. ( il servizio segreto Americano ), nel Biellese e
assassinato dai partigiani comunisti in una imboscata orchestrata e
ordinata da Moranino.
Il dolore per questo
tragico evento, perseguitò Teresa Strasserra così pesantemente che,
dopo anni di inaudite sofferenze decise di farla finita.
Emanuele non fu l'unico
del raggruppamento, noto anche come Missione Strasserra , ad essere
eliminato, con lui caddero a Portula, in Val Sessera, il 29 novembre
1944, anche il tenente Santini, il Brigadiere Scimoni, il sergente
Francesconi ed Ezio Campasso. I corpi trapassati dalle raffiche
sparate da quelli che credevano amici, vennero poi gettati da una
scarpata e su di essi gli assassini gettarono dei massi per coprire
il loro gesto infame.
Gli esecutori materiali
furono i partigiani comunisti “Negher” e “Ilvo”, i quali dopo
aver compiuto la strage , spogliarono i cadaveri di tutto ciò che
poteva avere un valore. Lo stesso Negher mostrava in seguito ai suoi
compagni di brigata, l'orologio da polso, che aveva sottratto ad una
delle vittime, contestualmente sparirono anche quattrocentomila lire
dalle tasche dei cinque agenti alleati che speravano di attraversare
il confine e giungere in Svizzera, con l'aiuto dei partigiani di
Moranino, purtroppo si erano affidati alle mani sbagliate.
Ma non era finita, lo
stesso Moranino, diede ordine di eliminare anche le mogli di Santucci
e Francesconi, Maria Dau e Maria Martinelli, diventate troppo
curiose sulla sorte dei loro mariti e che strepitavano per sapere che
fine avessero fatto i loro due mariti e gli altri membri della
missione.
Infatti esse non avevano
ricevuto via radio, la conferma dell'arrivo in Svizzera dei loro
uomini, pertanto continuavano a fare domande ai partigiani, creando
imbarazzo gli assassini, andavano messe a tacere. E così fu
Due partigiani,
“Volante” alias Santi Ermo e “Sguaita” alias Sguaitamatti
Remo, il 9 gennaio del 1945, si recarono presso le abitazioni delle
due donne, e le prelevarono, con la scusa di accompagnarle ad un
colloquio con Moranino.
Invece furono portate a
Flecchia, una piccola frazione di montagna del Biellese, ed
assassinate con la solita barbarie che caratterizzava questi
criminali: una delle due povere donne ferita a morte si gettò
addosso ad uno dei killer, ingaggiando una disperata colluttazione,
l'altro partigiano dovette spararle ripetutamente per avere ragione
di lei.
Poi le trascinarono
all'interno del camposanto, scavarono in una tomba e vi gettarono
sbrigativamente i corpi nudi delle donne, proprio sopra una bara ivi
sepolta da anni e in via di dissoluzione, le trattarono come cani
rabbiosi abbattuti.
Un particolare toccante,
raccontato successivamente dagli assassini in tribunale, fu che la
piccola figlia di una delle due sventurate vedendo la mamma
allontanarsi con quei figuri, iniziò a singhiozzare, quasi
presagendo quello che sarebbe accaduto e non voleva staccarsi dalla
mamma.
Tutti gli assassini
ricevettero da Moranino, per lo sporco lavoro compiuto, una prebenda
di 300 lire con l'ordine di non raccontare ad alcuno quello che
avevano fatto.
Questo eccidio compiuto
in due tempi diversi, venne pianificato ed ordinato da una sola
mente, Franco Moranino, detto Gemisto, per motivi che non
riguardavano la Resistenza. Gemisto temeva che il gruppo di agenti
alleati, raggiunta la Svizzera, avrebbe relazionato ai loro superiori
sull'orientamento politico della sua Brigata Garibaldina che come è
noto era solo ed unicamente comunista.
Inoltre i membri del
Gruppo Strasserra conoscevano i metodi brutali usati da Moranino per
fare terra bruciata attorno a sé, esecuzioni sommarie senza
processo, spoliazioni di beni, violenze gratuite contro presunti
fascisti. Cose non tollerate dai Comandi Angloamericani i quali una
volta avuta contezza dei fatti, avrebbero chiuso i rubinetti dei
rifornimenti interrompendo gli aviolanci di materiale bellico e di
viveri grazie a cui Moranino e i suoi compagni, manteneva un ruolo
egemone nel triangolo compreso tra Vercelli, Biella e Novara.
Decise quindi di
liquidare i cinque agenti alleati impedendogli di arrivare in
Svizzera, assassinando anche le loro due mogli, nonostante essi
fossero tutti dei sinceri patrioti antifascisti ma non comunisti e
quindi in contrapposizione alla sua azione politica e militare.
Non era l'unica volta che
Moranino toglieva di mezzo delle formazioni partigiane autonome che
potevano creargli dei fastidi, egli doveva essere l'unico nel
Piemonte nord occidentale a ricoprire il ruolo di campione della
lotta antifascista e non ebbe mai scrupoli a servirsi anche
dell'inganno e del tradimento.
Nel gennaio del 45,
durante un imponente rastrellamento da parte di ingenti forze
nazifasciste, il fronte partigiano era formato ai lati da due
divisioni partigiane comuniste e al centro da una divisione
partigiana autonoma, denominata “Biscotti” dal nome dei due
fratelli che la comandavano.
Nel corso dell'attacco
Tedesco le ali dello schieramento, formate dalle brigate comuniste
fra cui la 12° divisione di Moranino, arretrarono improvvisamente
sganciandosi deliberatamente dallo scontro.
Nessuno dei capi
comunisti avvisò la Brigata Biscotti dell'azione di sganciamento,
per cui essa fu aggirata dal nemico e travolta, gli stessi due
fratelli caddero in combattimento assieme a molti loro partigiani.
In questo modo proditorio
Gemisto si liberò della presenza delle formazioni autonome.
Moranino, in seguito
Onorevole del P.C.I. nacque come operaio tessile di Tollegno, molto
astuto, comunista convinto, freddo e calcolatore.
Assunse il nome di
battaglia di Gemisto, mutuandolo da un antico filosofo del 1400 che
si propose di unificare tutte le religioni esistenti una unica
dottrina. Poi ci fu la strage dell'ex O.P. Di Vercelli in cui almeno
60 , o forse 150. miliziani Repubblichini vennero massacrati, tra
Greggio, Vercelli e Lazzirate.
Moranino aveva davvero
compiuti troppe atrocità, il Procuratore di Generale Torino nel 1949
lo indagò e lo rinviò a giudizio per omicidio continuato nei
confronti dei cinque membri della missione alleata e delle due donne.
Sentendo aria di bufera,
Gemisto si rifugiò in Cecoslovacchia, fu condannato in contumacia
presso la Corte di Assise di Firenze alla pena dell'ergastolo, pena
condonata e ridotta a 10 anni di detenzione. La sentenza venne
confermata in Cassazione e poi nel 65 sopravvenne la Grazia del
Presidente Saragat che gli permise di tornare nel 66 in Italia.
Moranino non era insensibile al fascino femminile, un imprenditore
tessile si recava spesso da lui, accompagnato dalla figlia
diciassettenne, di cui egli si innamorò ricambiato. Decisero di
sposarsi in chiesa, dopo accese e vivaci discussioni in quanto il
comunista Moranino era contrario al matrimonio religioso. Le nozze
avvennero quindi in chiesa, ma in gran segreto per non creare
malumori tra i suoi miliziani. Quando egli dovette fuggire
oltrecortina inseguito dalla giustizia Italiana, la moglie chiese
l'annullamento a causa della sua prolungata assenza, cosa che
avvenne. Egli dopo la sua fuga non cercò più la giovane moglie.
Graziato, tornò in
Italia e si stabilì a Grugliasco dove il 18 giugno 1971, alle 1,30
del mattino Moranino, muore improvvisamente per un arresto cardiaco,
all'età di 51 anni con tantissime colpe sulla coscienza, davvero
troppe e pesanti per un uomo solo.
Roberto Nicolick
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