giovedì, novembre 03, 2016

lettera aperta di Alessandro Nicolick

Lettera aperta di Alessandro N.
Mi chiamo Alessandro N., non appartengo più a questa vita da anni ormai, sono nato in questa Città nel 1955 e a dieci anni, frequentando un Oratorio ho sentito nascere in me una cosa sconosciuta che gli altri chiamavano Vocazione e su questa spinta fortissima ho voluto intraprendere un percorso di Fede, ero risoluto ad iniziare ad amare gli altri, in modo totale, consacrandomi a Dio.
I miei genitori e i miei fratelli, dopo le prime perplessità per la mia giovanissima età, hanno accettato questa mia decisione, che era ferma e determinata. E così con una valigia in mano, accompagnato da mia madre, che in fondo era fiera di me, mi presentai davanti al cancello del Seminario Vescovile di Savona. Dopo un colloquio con il Rettore , fui portato nella mia camerata e mi venne mostrata la mia branda, il Seminario era ed è ancora ora, una grande costruzione grigia con parco annesso che sorge sulla sommità di una collina che domina Savona.
Sono iniziati per me anni di studio, di preghiere e di ritiro spirituale, con tanti miei giovani compagni di strada. Gli insegnanti che tenevano le ore curriculari delle materie scolastiche, erano tutti Sacerdoti e ogni classe di seminaristi, formata da una dozzina di ragazzi era seguita da un prefetto di camera, che era in pratica un seminarista più grande o un giovane sacerdote. Ero felice della mia scelta, volevo divenire un Sacerdote, un Ministro di Dio e il mio cuore era colmo di amore.
E’ trascorso qualche decennio da quei miei dieci anni, l’adolescente di allora ha lasciato il posto ad un quarantenne immobilizzato in un letto di ospedale, nel reparto di medicina, ho una flebo attaccata ad un braccio, le gambe sono gonfie e devastate da piaghe, ho la candida e il mughetto che mi tappezzano le mucose interne, sto perdendo i denti e i capelli sono diventati fragili, soffro di dolori e crampi ai muscoli ed alle articolazioni, per non gridare dal dolore ogni tanto chiedo degli antidolorifici, le mia braccia sono tappezzate di micro versamenti a causa dei troppi buchi, ho un grande astenia, dal naso scende continuamente un rivolo di muco, non riesco a digerire il cibo che mangio.
Nei letti che mi stanno accanto ci sono degli sventurati come me, in attesa di morire. Lo spettro in attesa di portarci via si chiama AIDS, siamo tutti HIV positivi. Siamo condannati a morte, vite a perdere, morti che camminano. Per una scelta sbagliata che ha coinvolto anche i nostri cari, che ha distrutto le nostre famiglie.
Chi o che cosa mi ha spinto a scegliere l’inferno in terra ? Forse un altro inferno terreno ? Forse una feroce delusione ?
Che cosa è accaduto nell’intervallo tra questi due momenti così diversi tra di loro ? Che cosa è accaduto nei tre anni che ho trascorso in Seminario ? Cosa ho visto o che cosa ho subito li dentro di tanto orrendo da farmi fuggire dopo tre anni di frequenza , saltando addirittura da una finestra ? Non ho mai voluto parlarne in famiglia, non ho mai voluto rispondere a delle domande e ho iniziato un percorso di abbruttimento che mi ha portato in questo letto di ospedale in questo reparto ospedaliero.
Non ho mai avuto il coraggio di dire, di parlare, di aprire uno scrigno di sofferenza che ho sempre tentato di rimuovere e di raccontare la delusione che ho provato fra quelle mura grigie in cui cercavo cose che non ho trovato. L’omertà soffocava ogni anelito di vita e di speranza, omologando tutti questi adolescenti in un grigiore triste e macabro.
Ora però, da dove mi trovo, posso vedere che altri, molti altri, hanno avuto il coraggio che io non ebbi all’epoca, molti feriti nell’animo e nel corpo stanno parlando di quello che hanno subito e questo mi allevia del dolore e del grande senso di ingiustizia che mi ha attanagliato nel vedere persone che mi dovevano essere di guida, erano, all’opposto, belve che si cibavano di me.
Alessandro N.
una quindicina di anni fa......

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