Jhon
Rabe e “l'incidente” di Nanchino
Nel
dicembre del 1937 settantanove anni fa, l'esercito imperiale
Giapponese, durante la guerra Sino – Giapponese, invade il
territorio della Cina Nazionalista travolgendo le truppe Cinesi che
si danno alla fuga, e dopo aver sfondato le ultime linee di difesa,
entra nella capitale nazionale, Nanchino.
Dal
13 dicembre per otto settimane, quattro divisioni Nipponiche formate
da militari di carriera e formazioni ausiliarie, attueranno nei
confronti dei militari Cinesi ma soprattutto della popolazione civili
sistematiche atrocità.
A
causa di questi comportamenti che non avranno nulla di umano,
moriranno migliaia di uomini, donne, bambini e vecchi con metodi
efferati e di un sadismo inaudito.
In
questo genocidio, l'esercito Giapponese venne definito una macchina
bestiale, che agì in modo meticoloso, assassinando migliaia di
civili innocenti, ma non si limitò solo a togliere la vita sic et
simpliciter. Ogni creatura vivente che incontrava le pattuglie
Giapponesi per le strade di Nanchino era sicuro di perdere la propria
vita tra inaudite umiliazioni e feroci sofferenze. La città subì da
barbarie di ogni tipo.
Centinaia
di donne di ogni età ogni giorno, anche adolescenti, venivano
stuprate da decine di soldati davanti ai famigliari e poi uccise,
molte dopo lo stupro, subivano le mutilazioni dei seni e delle
natiche, le donne gravide erano sventrate e il feto gettato in
strada, i ragazzini venivano soppressi a colpi di baionetta, oppure
impalati, i monaci costretti loro stessi a violentare giovinette,
qualsiasi maschio in età militare ucciso a vista perchè ritenuto un
probabile soldato dell'esercito Cino Nazionalista di Chiang
Kai-shek, molti erano sepolti vivi e condannati ad una morte orrenda.
Le donne particolarmente belle erano avviate ai bordelli militari.
Le
case dei ricchi e dei poveri erano depredate di tutto e quindi date
alle fiamme. Tutti i militari prigionieri dell'esercito Nazionalista
erano portati sulle sponde del Fiume Azzurro e fucilati con
mitragliatrici pesanti, le centinaia di corpi dei giustiziati erano
trasportati via dalla corrente del grande fiume.
Un
migliaio di civili furono radunati e fatti esplodere con delle mine e
i resti fati alle fiamme dopo averli imbevuti di benzina. I crimini
contro l'umanità raggiunsero in queste otto settimane vertici di
sadismo e crudeltà mostruosi.
Un
particolare colpì molto, anche per la pubblicità che ne diedero i
giornali Giapponesi dell'epoca : la gara tra due ufficiali
dell'armata imperiale , Mukai e Noda, gara che consisteva nel
trafiggere con la Katana, la affilatissima spada dei Samurai, quanti
più Cinesi nel più breve tempo possibile. Questa animalesca
competizione terminò con il punteggio di 106 a 105.
Alcune
stime, non di parte Cinese, parlano mediamente di 250 mila vittime,
ma a parte i numeri elevatissimi, quello che colpì gli occidentali
presenti a Nanchino, fu la ferocia gratuita e inutile, con cui i
soldati di un paese che si era distinto per civiltà e cultura,
agivano nei confronti dei civili.
Jhon
Rabe, Tedesco nato ad Amburgo nel 1882, era il rappresentante della
Siemens China, iscritto al partito Nazista, dopo aver documentato con
moltissime fotografie e un filmato, le orrende atrocità dei
Giapponesi, si adoperò con grande spirito umanitario e a rischio
della vita, per creare una zona protetta di 4 chilometri quadrati per
i civili, salvandone migliaia da morte certa. Su questa sua
iniziativa verrà prodotto un film negli anni 90.
Rabe
provò anche ad intercedere presso Hitler per fermare il massacro ma
con esiti vani.
I
massacri vennero anche documentati da un filmato di un Missionario
Americano, Magee, e da un giornalista che raccolse in seguito,
diverse testimonianze di persone scampate alla morte. Alcuni militari
Giapponesi ammisero i crimini di cui si erano resi responsabili.
In
Giappone per decenni, si è sempre negata la reale portata del
massacro, riducendola a poche centinaia di vittime, ma nel 1970 il
Governo Giapponese ha ammesso il massacro in tutta la sua gravità,
noto in Giappone con l'eufemismo di “l'incidente di Nanchino”,
tra le frange nazionaliste invece si tende a minmizzare.
I
responsabili delle atrocità , il Generale Matsui e i suoi
subalterni, i Generali Tani e Isogai, furono giudicati colpevoli nel
1948, dal Tribunale Internazionale di Tokio, con l'accusa di crimini
di guerra e condannati alla pena capitale poi eseguita.
Questo
genocidio fu causa di dispute tra la Cina Popolare e il Giappone, poi
Mao decise per real politik di accantonare ogni polemica visto che il
Giappone era il miglior patner commerciale della Cina.
Ancora
oggi nei testi scolastici di storia Giapponesi si tende a evitare
l'argomento. Mentre un monumento a Nanchino ricorda questo episodio
della storia dell'umanità che tuttavia non ebbe nulla di umano ma
molto di alieno.
Robert
Nicolick
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