venerdì, febbraio 10, 2017

un'altra analisi di foto



L'uomo anziano che sanguina

Due foto, tra le tante, catturano la mia attenzione, la prima, un uomo che sembra anziano, con i capelli bianchi scomposti, ha il viso tumefatto, perde sangue dal naso, indossa un pastrano militare più grande di lui, le scarpe sono semiaperte segno che gli sono state sottratte le stringhe e quindi che era prigioniero, stringe nella mano destra uno straccio bianco sporco di sangue, nonostante sia stato visibilmente picchiato, ha l'aria di camminare con decisione verso una meta, nota solo a lui.
Tanto deciso che uno dei suoi guardiani sembra trattenerlo afferrandolo per il braccio destro.
L'uomo e i suoi boia camminano su una spianata di terra battuta, dietro si vede un palazzo barocco, un gruppo di armati, sta attorno al vecchio, sono chiaramente partigiani, quello che lo trattiene ha un viso angoloso e duro e fuma una sigaretta, sul capo un berretto con visiera di panno, forse della whermarch, sulla spalla destra una bandoliera di un fucile di cui si vede il calcio che spunta in basso, veste una divisa molto approssimativa con i pantaloni alla zuava, nella cintura una sfilata di bombe a mano, una delle quali chiaramente tedesca e le altre quattro forse di fabbricazione Italiana.
Subito dietro al vecchio, due figuri con elmetto Italiano, il viso atteggiato ad un ghigno di contentezza, entrambi sono armati di un moschetto 91, ma in posizione diversa, il primo sulla destra lo impugna e l'altro con camicia e cravatta, lo tiene con la bandoliera in spalla. Da parte di questi uomini pare di capire che si divertono come a una festa, anche se in realtà è tutta un'altra cosa almeno per il vecchio prigioniero.
Uno dei partigiani, quello con cravatta, porta delle buffe fasce mollettiere alle caviglie, molto in uso durante la guerra 15 – 18. In seconda e terza fila, altri uomini, partigiani, tutti con improbabili divise una diversa dall'altra, con cappelli, giacche, stivali raccolti chissà dove.
Faccio una breve ricerca e scopro dove è stata scattata la foto: Mestre, in Via Garibaldi, nella caserma dei Carabinieri di Mestre, e siamo il 30 aprile 1945.
Il vecchio, pieno di contusioni e botte, è un professore, Tullio Santi classe 1882, benefattore Veneziano che è stato pure sottufficiale delle Brigate Nere, preso dai partigiani Veneti, picchiato come un tamburo, sottoposto ad un solito processo farsa e condannato in brevissimo tempo a morte.
La corte che lo giudica sommariamente è composta da partigiani che sono al tempo stesso anche testimoni del suo ruolo di presunto torturatore, in realtà Tullio Santi è solo un vecchio professore di disegno entrato in un gioco più grande di lui.
Risponde punto per punto alle domande che gli vengono poste, alle accuse, non può replicare agli schiaffi e ai pugni che gli piovono addosso da chiunque gli si avvicini.
Dopo la condanna a morte, viene portato anzi esibito in giro , sottoposto alla gogna, sputacchiato e picchiato ancora, gli fanno indossare un vecchio pastrano militare, di due taglie più grande, appare goffo e vacilla, ma cerca di avere un contegno. La seconda è la sequenza logica della prima, lo costringono a impugnare una lunga tavola di legno alla cui sommità hanno legato uno straccio nero, come un buffo simulacro di gagliardetto.
Lui , nonostante tutto, non si piega, rimane eretto e fiero nella sua dignità, per quanto la gragnuola di botte glie lo permetta.
Poi , assieme ad un altro condannato, viene portato alla morte, il plotone di esecuzione ce l'ha alle spalle, qualcuno dei suoi carnefici gli affigge sul dietro del pastrano, una foto di Mussolini, come ultimo gesto di dileggio, ma il condannato non si scompone, sta immobile come in attesa senza compiere alcun movimento.
Pochi secondi di attesa, in cui attende, eretto nella figura, il piombo partigiano. Poi la scarica mortale che lo fulmina sul posto, Tullio Veneziani cade a terra disteso accanto al suo compagno di sventura, quindi il plotone di esecuzione si fa fotografare nella classica foto ricordo e prima di allontanarsi, qualcuno dei fucilatori, a raffiche riduce in poltiglia il cranio del compagno del Professore caduto accanto a lui.


Roberto Nicolick

Nessun commento:

Posta un commento