L'uccisione dei Bernarda
Ernesto e Renato
Santuario di Savona 25
aprile 1945
Ernesto e Renato
Bernarda, rispettivamente padre e figlio, il primo classe 1896 e il
secondo classe 1927, residenti in Frazione Santuario di Savona,
entrambi impegnati nella repubblica Sociale Italiana a vario titolo.
Ernesto, un
quarantanovenne in gamba e pieno di voglia di fare, uomo semplice e
concreto, ex partecipante alla marcia su Roma ad ottobre del 1922,
appartenente alla Brigata Nera Provinciale di Savona, in più era un
milite volontario dell'U.N.P.A. L'unione nazione protezione antiaerea
, un uomo che aveva fatto una scelta di vita molto precisa e aderiva
profondamente a questi ideali in cui credeva senza aver mai compiuto
violenza contro chicchessia.
Il figlio Renato di
appena 18 anni, un bel giovane, moro con degli occhi scuri profondi,
aveva seguito le orme del padre entrando anch'esso nella Brigata Nera
di Savona, la Briatore.
I Bernarda sono due
elementi molto attivi, mai violenti, che ovviamente erano nel mirino
dei partigiani comunisti , a maggior ragione in un piccolo centro
abitato come Santuario dove tutti si conoscono.
Era solo questione di
tempo, si diceva nel circondario e poi gliela avrebbero fatta pagare,
ma i due Bernarda, che comunque non avevano nulla di cui
rimproverarsi, fino all'ultimo fecero quello in cui credevano e non
cercarono di fuggire anzi al contrario continuarono la loro vita,
nonostante il Regime stesse iniziando a perdere i pezzi.
Forse qualcuno li
consigliò di allontanarsi, ma non era nel loro carattere fuggire. La
moglie di Ernesto, una donna minuta e fragile, sentiva il vento
cambiare e tremava ogni volta che i due, padre e figlio uscivano di
casa, intanto la follia omicida iniziava a montare e toccò anche ai
due Bernarda. Lo stesso 25 aprile 1945 senza alcun indugio, una
squadraccia di partigiani armati arriva repentinamente alla umile
casa della famigliola, irrompono nella cucina mentre i Bernarda
stavano pranzando, prendono con violenza il padre e il figlio, di
fronte alla moglie terrorizzata che urla dalla disperazione,
implorando i partigiani di lasciare stare i propri cari.
Il padre cerca di salvare
il figlio, offrendosi come unico capro espiatorio ma non c'è nulla
da fare, i carnefici hanno già le idee molto chiare, vogliono il
sangue di entrambi.
Li spingono giù per le
scale a calci, arrivati sul selciato mentre i due urlano la loro
disperata protesta di innocenza, li abbattono a raffiche di mitra in
fretta e furia, poi scappano lasciando i due corpi, uno sull'altro in
una pozza di sangue.
La moglie, Paola
Boscherini, in lacrime, affranta, scende e si getta sui due corpi
ancora caldi urlando tutto il suo dolore, in colpo solo per una mano
di assassini criminali ha perso il marito e il figlio. Fu una
esecuzione sommaria che non aveva nulla di giusto ma al contrario fu
solo un duplice omicidio compiuto nel più completo disprezzo di ogni
regola umana da persone che avevano come dottrina l'odio e la
prevaricazione.
Paola, distrutta dal
dolore, non scorderà mai l'accaduto i volti degli assassini e per
anni vestirà il lutto stretto mentre i boia dei cari, continueranno
a vivere senza rimorsi di coscienza. La povera vedova morirà nel
1977 dopo anni di inaudita sofferenza.
Roberto Nicolick
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