lunedì, marzo 20, 2017

Ernesto e Renato Bernarda 25 aprile 1945

L'uccisione dei Bernarda
Ernesto e Renato
Santuario di Savona 25 aprile 1945

Ernesto e Renato Bernarda, rispettivamente padre e figlio, il primo classe 1896 e il secondo classe 1927, residenti in Frazione Santuario di Savona, entrambi impegnati nella repubblica Sociale Italiana a vario titolo.
Ernesto, un quarantanovenne in gamba e pieno di voglia di fare, uomo semplice e concreto, ex partecipante alla marcia su Roma ad ottobre del 1922, appartenente alla Brigata Nera Provinciale di Savona, in più era un milite volontario dell'U.N.P.A. L'unione nazione protezione antiaerea , un uomo che aveva fatto una scelta di vita molto precisa e aderiva profondamente a questi ideali in cui credeva senza aver mai compiuto violenza contro chicchessia.
Il figlio Renato di appena 18 anni, un bel giovane, moro con degli occhi scuri profondi, aveva seguito le orme del padre entrando anch'esso nella Brigata Nera di Savona, la Briatore.
I Bernarda sono due elementi molto attivi, mai violenti, che ovviamente erano nel mirino dei partigiani comunisti , a maggior ragione in un piccolo centro abitato come Santuario dove tutti si conoscono.
Era solo questione di tempo, si diceva nel circondario e poi gliela avrebbero fatta pagare, ma i due Bernarda, che comunque non avevano nulla di cui rimproverarsi, fino all'ultimo fecero quello in cui credevano e non cercarono di fuggire anzi al contrario continuarono la loro vita, nonostante il Regime stesse iniziando a perdere i pezzi.
Forse qualcuno li consigliò di allontanarsi, ma non era nel loro carattere fuggire. La moglie di Ernesto, una donna minuta e fragile, sentiva il vento cambiare e tremava ogni volta che i due, padre e figlio uscivano di casa, intanto la follia omicida iniziava a montare e toccò anche ai due Bernarda. Lo stesso 25 aprile 1945 senza alcun indugio, una squadraccia di partigiani armati arriva repentinamente alla umile casa della famigliola, irrompono nella cucina mentre i Bernarda stavano pranzando, prendono con violenza il padre e il figlio, di fronte alla moglie terrorizzata che urla dalla disperazione, implorando i partigiani di lasciare stare i propri cari.
Il padre cerca di salvare il figlio, offrendosi come unico capro espiatorio ma non c'è nulla da fare, i carnefici hanno già le idee molto chiare, vogliono il sangue di entrambi.
Li spingono giù per le scale a calci, arrivati sul selciato mentre i due urlano la loro disperata protesta di innocenza, li abbattono a raffiche di mitra in fretta e furia, poi scappano lasciando i due corpi, uno sull'altro in una pozza di sangue.
La moglie, Paola Boscherini, in lacrime, affranta, scende e si getta sui due corpi ancora caldi urlando tutto il suo dolore, in colpo solo per una mano di assassini criminali ha perso il marito e il figlio. Fu una esecuzione sommaria che non aveva nulla di giusto ma al contrario fu solo un duplice omicidio compiuto nel più completo disprezzo di ogni regola umana da persone che avevano come dottrina l'odio e la prevaricazione.
Paola, distrutta dal dolore, non scorderà mai l'accaduto i volti degli assassini e per anni vestirà il lutto stretto mentre i boia dei cari, continueranno a vivere senza rimorsi di coscienza. La povera vedova morirà nel 1977 dopo anni di inaudita sofferenza.


Roberto Nicolick




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