domenica, aprile 09, 2017

Miranda, Ippolito e Luigi Granara

Miranda, Ippolito e Luigi Granara.
Sono passati quasi settanta anni da quando Miranda Crovetto in Granara (46 anni) la madre di Luigi e Ippolito Granara (14 e 8 anni) venivano assassinati presso il cimitero di Pegli con l'unica colpa di essere moglie e figli del gerarca Repubblichino Giovanni Granara tenente Colonnello della G.N.R..
La Procura della Repubblica di Genova nel 2012 f riaprì le indagini sul triplice omicidio avvenuto pochi giorni dopo la Liberazione. Maria Torricella, nipote di Giovanni e unica testimone ancora in vita, ricorda ancora oggi tutti i dettagli di quel terribile fatto.
È passato all’incirca un mese dal 25 aprile e a Genova un vento di follia spazza via tante vite . E chi, come la famiglia Granara, ha un parente ufficiale repubblichino, vive con grande paura ed estrema circospezione tutta la situazione. «Mio zio Giovanni era una persona per bene, nei giorni in cui si è consumata la tragedia si trovava a Salò, dove era andato per obbedienza verso un regime per il quale aveva prestato giuramento». Un grande senso del dovere lo aveva costretto ad abbandonare la sua famiglia in Liguria.
Intanto le esecuzioni sommarie si susseguono nel Genovese, Bruno Crovetto un semplice milite della Guardia Nazionale Repubblicana, viene preso, portato al famigerato Hotel Mediterranee e dopo un processo farsa fucilato. Miranda Granara dopo questa ultima esecuzione che colpisce la sua famiglia, abbandona la casa di Pegli, per rifugiarsi in centro, a casa di amici in via Giordano Bruno.
A cavallo tra maggio e giugno del 1945, la signora Granara viene però riconosciuta nei pressi del mercato di piazza Palermo e seguita fino all’abitazione, poi qualcuno fa la classica spiata alla polizia ausiliaria partigiana che in quei tempi spadroneggiava nel Nord Italia.
Subito una squadra di partigiani arriva e preleva la donna e pure i figli inconsapevoli, i tre vengono rinchiusi per quindici giorni nel comando locale dei partigiani, attuale sede della caserma dei Carabinieri di Pegli. «In quei giorni – prosegue il ricordo della nipote – tutta la famiglia era in pena ed in ansia per quei tre poveretti ingiustamente detenuti in una prigione partigiana. Ma la più empia azione riguardava i due minori che venivano trattati come due prigionieri adulti in spregio alla più elementare umanità, cosa ne sapevano due bimbi del fascismo o della Repubblica Sociale.
Mentre Miranda veniva interrogata a Villa Doria, con la consueta brutalità dalla polizia ausiliaria partigiana insieme ad altre persone arrestate, Caterina Granara, sorella di Giovanni, portava tutti i giorni da mangiare ai due poveri nipotini cercando di alleviare la durezza della detenzione. Dopo due settimane di reclusione vengono tutti e tre rilasciati, obbligati ad essere reperibili per i cinque giorni successivi. Ma non è finita ! Un giovanotto, non ancora diciottenne noto a Pegli per essere il figlio del gelataio della passeggiata, raggiunge Miranda e la invita a ripresentarsi al cospetto della polizia partigiana. La signora Crovetto, che ha ancora ben presenti le sofferenze e le brutalità subite nei precedenti giorni di isolamento, commette l' errore di farsi accompagnare dai figli, nonostante la sua anziana madre l'avesse sconsigliata. E' un errore di valutazione che costerà la vita anche i due giovani figli.
Qui inizia la cronaca annunciata di un triplice omicidio ricostruito attraverso l’autopsia e l'indagine scientifica del medico legale al momento del ritrovamento dei tre corpi in una fossa comune.
La stessa notte del 5 maggio 1945, Miranda e i due figli, Luigi e Ippolito, vengono fatti salire a forza su un’auto con destinazione cimitero di Sestri. Probabilmente una volta all’interno dell’auto, lontano da sguardi indiscreti con il mezzo in movimento , sono stati trucidati: al piccolo Ippolito è stata infilata in bocca la canna di una pistola e quindi qualcuno ha premuto il grilletto, il grande, Luigi e la madre con assassinati con due colpi esplosi alla nuca, quindi i corpi gettati nella stessa fossa e occultati.
«La notizia degli assassinii arrivò alla famiglia soltanto agli inizi di giugno. La polizia partigiana non fornì molti particolari anche perchè su una strage così inutile e fuori tempo massimo, non c'era nulla da dire da parte di un branco di assassini usi ad uccidere senza motivi validi ed apparenti, un unico particolare la dice lunga sulla qualità bestiale degli assassini : era stato ucciso anche Ippolito perché altrimenti sarebbe cresciuto con troppo odio nel cuore. Non si è mai riuscito a capire per quale motivo l’abbiano fatto». In pochi giorni una intera generazione famigliare è stata soppressa.
Neppure gli autori del plurimo omicidio sono mai stati resi noti, come dimostra appunto la riapertura successiva delle indagini.
Né Maria Torricella, la nipote e unica testimone oltre alla sua famiglia hanno mai ricevuto notizie e informazioni precise a riguardo: «L’unico volto noto è quello del giovane figlio del gelataio, di cui non si sa neppure se abbia avuto qualche altro ruolo oltre a quello di convocare MIranda prima dell’assassinio».
Ippolito era solo un bimbo di appena 8 anni, innocente di qualsiasi colpa e così pure Luigi, un simpatico quattordicenne e la madre di entrambi Miranda una mamma nel vero senso della parole, sicuramente non meritavano di morire e in quel modo, oscurati da un odio feroce e crudele .
Giovanni Granara tornò da Salò, nel luglio del 1945, l'ex gerarca fu condotto nella casa circondariale di Marassi, da cui uscì solo dopo l’amnistia. Era all'oscuro dell'eccidio che lo aveva privato dei figli e della moglie.
Ma appena arrivato in carcere gli fu raccontato brutalmente del triplice omicidio e per lui fu una mazzata incredibile da cui non si rialzerà mai più
Uscito dalla prigione, dopo aver visitato diverse case circondariali in giro per il nord Italia, non tornò più a Pegli ma scelse di restare in centro a Genova, a casa di amici, dove il 1° novembre 1950 morì improvvisamente distrutto dal dolore.
Giovanni infatti era un uomo che ormai non aveva più voglia di vivere . Si destava improvvisamente di notte urlando “Dio fammi morire, voglio andare dai miei figli”».

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