Il dirigente FIAT Erio
Codecà
Torino
Ho
compiuto i miei studi a Torino dal 1970 ale 1973, vi ho lavorato nel 1974 e
quindi ho vissuto in questa splendida città per 4 anni, imparando a conoscerla
e ad amarla, coltivando amicizie e dando sfogo alla mia curiosità su alcuni
fatti che ne hanno segnato l'esistenza nel corso degli anni. In particolare
alcune storie molto dure, l'omicio di Erio Codecà è una di queste.
Questo
omicidio avvenuto nel 1952 a Torino, si può definire come l'anello temporale di
congiunzione tra le atrocità commesse dai partigiani comunisti e l'inizio degli
anni di piombo con le efferatezze delle Bierre. Torino come Milano, Genova fu teatro di omicidi
nell'immediato dopoguerra e quindi a seguire preparò il terreno di coltura per
altro sangue innocente sparso da chi credeva in ideali malati e perversi,
avvalendosi della ancora fresca esperienza partigiana e dandosi una valenza
etica per cercare anche una impunità.
Erio
Codecà è un ingegnere, funzionario FIAT di alto livello, dopo un passato in
Romania e a Berlino in missione per l'industria automobilistica Torinese,
diventa direttore generale della Azienda. E' una persona per bene, dedita al
lavoro e alla famiglia, un tecnico intelligente e preparato.
La
FIAT dal 1943 è entrata nel mirino prima dei partigiani comunisti e poi nei
decenni successivi, dell'eversione rossa, in quanto simbolo di un passato e di un presente da odiare ferocemente a
livello ideologico, nel 1949 ci fu un attentato dinamitardo contro Mirafiori e
l'ingegnere Valletta definito fascista dal CNL fu allontanato. Ci sono i
presupposti per continuare la filiera di sangue e l'odio di classe,
Codecà
abita con la famiglia in collina, la
zona residenziale di Torino, era il 16 aprile 1952, intorno alle 21, esce da
casa con il cane per raggiungere la sua 1100 posteggiata sotto casa, apre la
portiera del mezzo per fare salire l'animale, quando qualcuno lo avvicina e gli
spara alla schiena, un solo ma mortale e preciso colpo di pistola, a distanza
ravvicinata, poi si allontana con calma,
qualcuno afferma di vedere un furgoncino rosso che da prima fermo accanto
all'auto della vittima si era poi allontanato velocemente, nessuno si è
annotato la targa.
Chi
ha ucciso il dirigente ha pratica delle armi, è freddo, animato da odio e
conosce le abitudini dell'ingegnere e forse ha prelevato qualcosa
dall'auto ma di questo non si è
sicuri. Intanto in alcuni stabilimenti
della FIAT mani ignote tracciano scritte di odio : “e uno! attenti al due”.
Il
clima di tensione sale, la FIAT e l'Unione Industriali di Torino mettono a
disposizione una taglia di 40 milioni. Arrivano lettere anonime e poi due
persone con precedenti penali che indicano nell'omicida un certo Giuseppe
Faletto, classe 1919, nativo del Canavese, ex partigiano comunista, uno dei
tanti di quella categoria, che hanno usato la resistenza per compiere omicidi,
furti e violenze a danno di innocenti. Le sue ammissioni e confidenze furono
ascoltate e registrate dai carabinieri che lo arrestarono. Faletto a gennaio
del 1958, fu processato e l'accusa chiese l'ergastolo affermando che “Faletto
assassinò Codecà in un clima di esasperato dio di classe “. Il processo si
chiuse con l'assoluzione per insufficenza di prova per l'omicidio Codecà anche se condannato per altri sette omicidi
commessi nel periodo post insurrezionale. L'imputato grazie all'amnistia e agli
indulti fece solo 20 anni.
Quindi
l'assassinio dell'Ingegnere Erio Codecà rimase senza responsabili, ma
inquadrato in una prospettiva terroristica che si stava auto alimentando e
prendendo forza, da un passato post insurrezionale, passando forse attraverso
la Banda Cavallero, per arrivare al massimo spargimento di sangue con gli anni
di piombo delle colonne delle Bierre che
avevano a Torino ben quattro raggruppamenti, alla Meccanica, a Rivalta, alle
Presse e al Lingotto.
Roberto
Nicolick
bibliografia
: il quotidiano “ LA STAMPA” 1952 -
1955, , “Piombo rosso” di Giorgio Galli, “Mambo Italiano” di Fasanotti,
“L'enigma Codecà” di Gianotti
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