domenica, ottobre 28, 2018

L'eccidio di Noasca

L'eccidio di Noasca
Noasca è un piccolo centro abitato nella Valle dell'Orco, fra i monti del Gran Paradiso, posto a 1065 m.s.l.m. ha circa un centinaio di abitanti, in questo paese si consumò un eccidio di tre persone, una signora anziana ,  Laura Rava vedova settantenne del Notaio Roscio  e i suoi due nipoti di appena 16 e 18 anni, Giovanni e Maria Antonietta, tutti e tre di Locana , Torino. Queste tre persone furono prelevate da quattro partigiani di una divisione alpina partigiana del Canavese, i quali si comportarono con ferocia e spietatezza nei loro confronti. Era mezzanotte del 24 settembre 1944, quando la pattuglia di assassini arrivò alla casa dei Roscio, svegliarono la signora e i due nipoti, al ragazzo di sedici anni  subito gli spararono un colpo di pistola in viso uccidendolo sul colpo, poi dopo aver preso una borsa con oro, denari e titoli nominativi, trascinarono la signora e la ragazza su per il sentiero che porta al bacino della diga di Teleccio, era buio e il sentiero era difficile quindi i partigiani dovettero sorreggere la anziana signora. Il ragazzo prima di essere ammazzato  riuscì a scrivere un biglietto per la madre, che per sua fortuna era a Torino, nel biglietto il giovane scrisse che erano venuti i partigiani a prelevarli per interrogarli e li avrebbero portati a Ribordone a circa mezzora di auto, in realtà il biglietto contribuì a ritardare il ritrovamento dei corpi, in quanto i partigiani portarono le due donne in direzione opposta. Giunti al bacino della diga uccisero la vedova, la spogliarono dei vestiti e degli effetti personali e la gettarono nel canale di Rosone annesso alla diga,  poi trascinarono la ragazza sino ad una baita in località Roch. E' intuibile le infamie  che la ragazza dovette subire, quello che i partigiani definisco un "interrogatorio", in realtà la povera diciottenne fu sicuramente stuprata a turno dai quattro criminali. Il giorno successivo dopo aver fatto i propri comodi la portarono in basso verso al diga, qui la assassinarono spaccandole il cranio con il calcio del fucile indi gettarono anch'essa nel bacino della diga. La madre dei due giovani e figlia della vedova, Letiza Rava per settimane cercò angosciata i suoi parenti per tutti i paesi e le valli della zon ama nessuno seppe o volle dirle nulla. Anzi gli assassini dei suoi cari per tacitarla giunsero al punto di arrestarla.Le indagini successive portarono alla identificazione dei due principali assassini, tali Antonio Rossin e Mario Marocco, entrambi di 26 anni, senza occupazione, e di altri due non meglio identificati partigiani Veneti mai fermati o arrestati. Nel corso del processo presso la Corte di Assise di Ivrea nell'aprile del 1947,  i due imputati si difesero dicendo che compirono le esecuzioni sommarie in quanto i tre erano spie al soldo dei Fascisti pertanto loro consideravano questo eccidio inumano e bestiale come un atto di guerra. Negarono il furto dei valori e dei titoli, negarono lo stupro di Maria Antonietta,affermarono di aver agito in piano accordo senza avvisare i loro superiori.Al processo si presentò come parte civile la signora Rava che affermò che in seguito trovò la borsa con i titoli nominativi e le chiavi di casa all'interno della abitazione, i titoli infatti non potevano essere cambiati in denaro se non dall'intestatario che era stato assassinato.Il processo turbato dalla presenza minacciosa di molti partigiani si concluse con uno sfregio alla giustizia e alla verità: i due imputati furono assolti dalla imputazione di rapina aggravata per insufficienza di prove e si ebbe il non luogo a procedere per il sequestro di persona e il triplice omicidio per soravvenuta amnistia. Al di fuori del tribunale un gruppo di compagni li attese per festeggiare la sentenza.

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