Anche in Umbria le bande di “patrioti”
combinarono delle atrocità sui civili indifesi, in particolare sulle
donne, una preda particolarmente ambita.
Nella provincia di Terni operava una
brigata denominata “Gramsci”, non si tratta di fatti ignoti, solo
semplicemente poco conosciuti alla stragrande maggioranza di
Italiani, come d'altra parte tutte le porcate compiute dai liberatori
con la stella rossa, che poi non erano sicuramente migliori di quelli
che dicevano di combattere, anzi la disciplina presente all'interno
di un esercito regolare come quello Tedesco o Repubblicano era
caratteristica scarsamente sconosciuta presso questi “patrioti”.
Il fatto accade a Polino, un piccolo
borgo di duecento anime in Valnerina, Terni, sull'appennino Umbro
Marchigiano , il 24 aprile del 1944, una banda di “patrioti”
irrompe armi alla mano in un questo paesello completamente indifeso,
alcuni di questi molto probabilmente sono Slavi, precedentemente
inquadrati nell'Esercito
Popolare di Liberazione della Jugoslavia,
evasi dal carcere di Spoleto, veri criminali come solo sanno essere
gli Slavi incancreniti dall'odio atavico per gli Italiani.
Le
case sono rastrellate da questi partigiani che requisiscono tutti i
viveri togliendoli ai paesani. Chi guida la banda è un certo “Bobò”,
in particolare questi soggetti entrano nella abitazione dei coniugi
Vissani, il marito Roberto di anni 21, impiegato, viene
selvaggiamente pestato, mentre la giovane moglie Erinna , maestra
elementare di anni 24 , trascinata in camera da letto sarà stuprata
a turno dai componenti la banda.
Quindi
la coppia è sequestrata e deve seguire sotto la minaccia delle armi,
sino a maggio inoltrato, la banda di partigiani su è giù per i
vari accantonamenti della brigata, assieme a loro è stata rapita la
postina del paese, Rina Petrucci, solo ed unicamente in quanto
fidanzata di un ufficiale paracadutista del Reggimento Folgore della
RSI. Bastava amare per perdere la vita per mano di queste belve.
Rina
è una giovane molto coraggiosa e non si spaventa facilmente.
Nel
giorni successivi la ragazza, indicata dai suoi sequestratori come
spia, viene picchiata, e lungamente seviziata, nonostante il
trattamento feroce a cui è sottoposta, la ragazza mantenne un
atteggiamento fermo e sprezzante verso la banda di criminali che alla
fine la portano, in località Salto del cieco, tra Norcia, Cascia,
qui le esplosero il classico colpo alla nuca che tuttavia non è
risolutore costringendo i boia a sparare altre pallottole. La povera
ragazza fu abbandonata sotto un leggero strato di terra in luogo
ignoto.
I
coniugi Vissani terribilmente provati da quello che avevano subito,
riuscirono a fuggire dai loro carcerieri solo nel corso di un
rastrellamento da parte della GNR che mise in fuga la banda
partigiana. Roberto nel corso di una denuncia alla autorità
giudiziaria narrò tutte le infamie che la moglie ed egli stesso
avevano subito e anche della morte povera postina .
Indicativo
nella denuncia il commento che Roberto Vissani ebbe a fare nei
confronti dei partigiani che lo avevano sequestrato : “ascoltando i
loro discorsi, improntati alla ferocia, mi sono accorto che da
costoro, non c'è da aspettarsi che atti di banditismo feroce”
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