La notte del 6 luglio 1945, quando i
partigiani garibaldini della divisione Ateo Gareni, entrarono nei
locali delle carceri di Schio ( Vicenza) si trovarono di fronte a
poco più di cento prigionieri inermi, classificati come appartenenti
alla R.S.I., in realtà , uomini e donne di cui alcune gravide, la
maggior parte erano persone che facevano la loro vita , benestanti,
medici, casalinghe, maestranze della manifattura Lanerossi , e
comunque pochissimi di loro avevano militato nelle formazioni armate
della R.S.I. Anzi alla fine della strage, si appurò che solo poco
meno di una ventina erano iscritti al partito.
Gli sventurati erano alloggiati o
meglio stipati come bestie, in due piccole celle, e in un camerone
quasi al buio, in attesa di essere quasi tutti rilasciati ma, guarda
caso, il loro rilascio era stato rinviato appositamente per
permettere alla banda di carnefici di organizzare la mattanza. Si
trattava quindi di una strage voluta, programmata e pianificata.
In particolare tra la ventina di
criminali, si distinsero certi Valentino Bortoloso, Teppa, e Igino
Piva, i quali mostravano di avere all'interno del gruppo degli
assassini una funzione di comando, esibendo fantomatici elenchi di
proscrizione e parlando di ordini ricevuti da eseguire, di chi non si
sa, e mai si saprà.
Dopo un'ora di discussioni tra i boia,
su chi ammazzare e chi no, fatta ovviamente davanti ai prigionieri
terrorizzati , ebbe inizio la strage eseguita a raffiche di mitra,
che si protrasse a lungo, i partigiani spararono nel mucchio,
facilitati dal fatto che nessuno poteva fuggire: a terra, immersi nel
loro sangue, rimasero 54 morti di cui 14 donne, la più giovane
aveva 16 anni, 47 morirono sul colpo, 7 in seguito per le ferite
subite successivamente, 17 feriti si salvarono e 15 rimasero illesi
perchè coperti dai corpi delle vittime precedenti.
Quindi la banda di scellerati si
allontanò con le canne dei mitra ancora bollenti. Quasi da subito
molti di loro scomparvero.
Erano passati quasi due mesi dalla fine
della guerra, e tutte questi detenuti, non dovevano essere tenute
ancora ristretti in quelle celle, inoltre, nulla a loro carico era
stato prodotto per continuare ancora a privarli della loro libertà,
fu una strage feroce e assolutamente inutile compiuta per motivi
abbietti, che ebbe risonanza nazionale nella società civile, nella
Chiesa e nelle nascenti Istituzioni.
Anche gli alleati sempre molto tiepidi
verso questi fatti , rimasero colpiti e iniziarono diverse inchieste.
Ci furono dei processi, tre, che portarono anche a delle condanne a
morte poi commutate in ergastoli, mentre molti degli imputati si
resero irreperibili scappando all'est, Praga, dove molti partigiani
comunisti trovarono asilo e riparo dalla giustizia Italiana.
Chi aiutò questi soggetti ad emigrare
fu l'apparato militare del P.C.I. Che non potendo negare la strage ,
negò l'appartenenza degli assassini alla formazione garibaldina,
definendolo elementi deviati appartenenti all'ala Trozkista.
Il fabbricato , dove avvenne la
strage, è ora sede della biblioteca comunale di Schio el 2009, nel
cortile interno è stata affissa una targa che riporta i nomi delle
martiri, poi accadde una cosa indegna nel 2016 a Bortoloso , Teppa,
qualcuno ebbe la splendida idea di conferirgli la medaglia d'oro per
meriti resistenziali, che egli, a 93 anni, ebbe la faccia di c.......
di andare a ritirare e di appuntarsi sul petto, ma, grazie Dio, ogni
tanto le cose vanno per il verso giusto, e sotto l'onda
dell'indignazione popolare, sempre dallo stesso Ministero della
Difesa, arrivò la revoca di questa decorazione conferita ad un
indegno assassino che dovette restituirla.
Al 6 di luglio di ogni anno, i parenti
delle vittime , sostenuti dalle associazioni che si riconoscono negli
ideali di continuità etica e culturale, partecipano ad una messa in
Duomo ed a una commemorazione pubblica, per ricordare e piangere le
vittime innocenti del macello di Schio, ovviamente avversati da tutte
quelle zecche che all'opposto amano gli assassini ideologizzati.
La strage di Schio rimane nella storia
di questa Nazione, come uno dei fatti più orrendi, inutili e vili di
cui una formazione partigiana comunista si rese responsabile, i cui
componenti dopo tre gradi di giudizio, vennero ritenuti colpevole,
anche se non scontarono mai per intero le loro pene.
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