giovedì, gennaio 02, 2020

la strage di Crevacuore e la vendetta di una giovane a cui avevano tolto la madre ad appena 10 anni di età


La strage di Crevacuore
1944
luglio



Antefatti
Il pomeriggio del 15 di luglio del 1944, tre partigiani della Valsessera, probabilmente del distaccamento Pisacane, raggiunsero l'abitato di Crevacuore un centro abitato tra Vercelli e Biella, e incontrarono per la strada Margherita Ricciotti coniugata Giubelli, moglie di un militare delle BBNN, in quel momento assente, con la figlia Alfa di 10 anni.
Il capo di questa pattuglia , tale Aurelio Bussi, partigiano comunista, ferma la donna e affrontandola le dice “questa è la tua ultima ora, Voialtri Ricciotti siete stati sempre la mia rovina. Mi avete fatto correre; siete una manica di fascisti e delinquenti” quindi la schiaffeggia forse per restituirle uno schiaffo precedentemente ricevuto da lei durante una manifestazione fascista durante la quale egli, comunista militante, si era rifiutato di scoprirsi il capo.
La figlia di Margherita, Alfa di appena 10 anni strilla spaventata dalla violenza della scena a cui è costretta ad assistere. Le due sventurate sono portate su per la salita che porta al cimitero, dietro ordine di Bussi, uno dei tre, tale Walter Marchesini afferra la bimba piangente che si aggrappa disperatamente alla gonna della madre e la trascina via nonostante Margherita urla che non vuole separarsi dalla figlia.
La porterà in seguito da dei parenti. Carlo Calvi e Ugo girardi dopo un centinaio di metri sostano e il Calvi spara un colpo alla nuca alla Ricciotti mentre il Girardi la finisce con una raffica di mitra davanti al Bussi che guarda con malcelata gioia. Mentre Alfa viene allontanata sentirà chiaramente gli spari della spietata esecuzione della madre.
Non è finita, Bussi che è lo spietato regista di questo omicidio, tenterà anche di nascondere il corpo della Margherita , poi nello stesso giorno e luogo, il cimitero di Crevacuore, farà uccidere anche il fratello della Margherita, Calimero Ricciotti.
Sono persone di fede fascista , gente che egli odia e che vuole eliminare. Il suo odio non ha limiti, Calimero aveva una relazione con una donna del luogo , Caterina Bollazzi, che appena apprende della morte del suo uomo, va in piazza a gridare che andrà dai Fascisti a denunciare gli assassini , anche lei farà la stessa fine di Margherita e del suo uomo sempre per mano dei sicari di Bussi.
Come al solito tutti questi omicidi verranno rubricati come atti di guerra e coperti da amnistia, gli assassini cammineranno liberi e il maresciallo dei Carabinieri, Vito Giacomin che indagò su questi reati fu minacciato e delegittimato dai comunisti che tentarono addirittura di farlo passare per un alcolista.

Passano gli anni

La piccola Alfa Giubelli cresce con un dolore insanabile nel cuore, profondamente traumatizzata da quello che ha vissuto, a 16 anni si trasferisce ad Alzo Pella sul lago D'Orta, si sposa giovanissima, con una brava persona e tenta di sopravvivere, ma la tragedia che ha vissuto la perseguita, le sue notti sono popolate dagli incubi dove rivive la strage della mamma, ogni tanto torna al suo paese natio dove tutti cercano di dimenticare quegli anni , per convenienza o per paura .
Nel 1956, Guido Aurelio Bussi l'assassino dei suoi cari a 54 anni, è eletto sindaco di Crevacuore per il PCI, Alfa che ha 22 anni , ha il dolore di leggere il nome dell'assassino della madre sui manifesti elettorali e su quelli che egli firma come sindaco , il suo strazio si ripresenta in modo lacerante, è troppo.
Il 7 marzo 1956, prende la pistola del marito , una Browning 7,65, raggiunge Crevacuore da Borgomanero con il bus, tutti la vedono attraversare il paese, è alta, bruna, di bella presenza e non passa inosservata, alle 19 circa si presenta nella cooperativa di consumo e chiede dove può trovare il sindaco e la indirizzano ad Azoglio, una frazione di Crevacuore dove vive a pensione presso casa Perolini con la sua amante, una certa Rina, a piedi raggiunge Piazza Chiesa al civico numero 1, incontra una donna che le indica la padrona della casa, Elvira Perolini a cui chiede dove può trovare il sindaco, lei di buon grado entra e lo chiama, l'ex capo partigiano responsabile di tante esecuzioni sommarie, esce ha un tovagliolo con cui si netta la bocca, probabilmente era a cena, incuriosito guarda avanti a sé, la ragazza avanza anch'essa nella sua direzione, giunta ad un passo di distanza estrae la pistola dal cappotto , la punta e spara un colpo che centra Bussi allo stomaco, lui capisce chi la donna e la respinge colpendola ripetutamente con violenti pugni, la preme contro la parete dell'androne, lei quasi sopraffatta dalla stazza dell'uomo cade seduta mentre egli la sovrasta, ma il suo proposito di vendicare la mamma e lo zio è troppo forte, continua a sparare e abbatte Bussi giustizia è fatta , si alza e si allontana quasi correndo e raggiunge in autostop la caserma dei Carabinieri , si consegna dichiarando quello che ha fatto e soprattutto le ragioni del suo gesto.

Il processo

Dal processo a cui fu sottoposta Alfa Giubelli, emerse che sua madre Margherita e lo zio Calimero e la fidanzata dello zio, erano fascisti ma non avevano mai fatto nulla di male, inoltre si tratteggiò con chiarezza la figura spietata della cosiddetta vittima, Bussi, il quale a guerra finita, costituì addirittura un tribunale del popolo per giudicare una trentina di prigionieri e poter compiere una serie di esecuzioni sommarie dettate solo dall'odio ideologico e da motivi personale, come in quel periodo era prassi. Bussi in tale veste si era associato ad altri due soggetti simili a lui, Battista Calvi e Gino Gozzi. Ci volle un intervento di un esponente del CNL, Giuseppe Bertinotti, per scongiurare una strage e trattarli come prigionieri di guerra. In seguito Bussi divenne ostile a Gozzi e lo minacciò dicendogli”ricorda che con me l'hanno pagata tutti “ a cui Gozzi, consapevole delle gesta compiute dal Bussi rispose “ io non sono come quelli che tu facevi portare lassù e poi li facevi uccidere, per te le porte della prigione devono ancora aprirsi. Se ti presenterai personalmente per uccidermi io non avrò paura ma io so che tu mandi gli altri ad uccidere per conto tuo”. Il processo si concluse con una condanna a 5 anni, tre mesi e 10 giorni per la povera Alfa che al termine dovette anche trascorrere qualche mese in una casa di cura. Finalmente i suoi sonni non furono devastati da incubi terribili in cui l'omicida della madre passeggiava tranquillo ossequiato da tutti come primo cittadino.

Roberto Nicolick






1 commento:


  1. (alleviamento della povertà) Salve signore/signora Ti è stato rifiutato in banca perché il tuo credito non soddisfa i loro

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