giovedì, marzo 05, 2020

Il boia della Val Susa

Una signora che abita nella cintura Torinese mi ha telefonato, dopo aver letto i miei post sulle atrocità dei partigiani comunisti in Liguria e ha voluto raccontarmi di un soggetto noto come il boia della Val Susa e delle sua feroci gesta.
Giuseppe Faletto, nome di battaglia Briga ma ancora più famigerato noto come il boia della Val Di Susa , inquadrato nella 3° Divisione Garibaldina in Val di Susa, partigiano comunista molto violento e deciso, soprattutto nel giustiziare le presunte spie e quindi definito utile alla causa, operò tra Pianezza, Druento, Alpignano, Pianezza, Collegno e Gruglisco, nel periodo 1944 – 1945, come Capo distaccamento con una decina di uomini alle sue dipendenze, che ubbidivano ciecamente ai suoi ordini, creando un clima di terrore comunista nella cintura Torinese ma con puntate anche a Torino.Lui e i suoi compagni ammisero durante il processo alla Corte di Assise di Torino di aver soppresso durante il periodo insurrezionale,ben 18 persone, 13 di sua iniziativa e 5 su comando dei suoi superiori.
Le modalità con cui sopprimeva i fascisti o i presunti tali erano particolarmente feroci , spesso condite da una buona dose di sadismo.
L'8 luglio del 1944 il sergente Gianfranco Trussoni di 22 anni in servizio di leva alla contraerea a Torino, venne a Pianezza a consegnare un pacco ad una signora per conto del suo capitano, fu preso e convinto ad unirsi ai partigiani. Il giovane, nonostante tutto, era contento della sua scelta e scrisse alla famiglia che si trovava bene. Ma circa un mese dopo, Faletto lo uccise colpendolo alle spalle mentre era a raccogliere dell'acqua presso un ruscello a Valdellatorre e lo derubò del suo cronometro d'oro.
Non ricevendo più notizie la madre e la fidanzata vennero a cercarlo, giunti al convento dei Frati di San Pancrazio ricevettero dai religiosi il pressante invito a non proseguire oltre, la madre Elinge Trussoni, la mamma, volle continuare e incontrò proprio l'omicida di suo figlio , Faletto, da cui seppe della morte del ragazzo.
La madre fu portata dal Faletto a San Gillio, in quel luogo, la povera donna in ginocchio, con le mani giunte si rivolse al boia della Val Susa con queste parole : Hai ucciso mio figlio e ora vuoi uccidere anche me, ma tu, non ce l'hai una madre ? Faletto per tutta risposta le sparò , poi prese la borsetta della vittima e la portò in giro come un trofeo da esibire.
Giuseppina Bessone di 56 anni era la panettiera di Caselette venne uccisa con il figlio, Bruno Pasinetti di 19 anni, alle 21 del 12 agosto del 1944 da Faletto che era penetrato in casa loro in quanto secondo il Boia della Val Susa, erano spie dei Fascisti, in realtà avevano soltanto espresso delle opinioni molto severe verso chi rubava ai contadini della zona, ma soprattutto si erano permessi di dissetare due feriti della G.N. R. che agonizzavano in piazza e a cui nessuno osava portare un minimo di conforto. Giuseppina e Bruno persero la vita per un bicchiere d'acqua.
Prima fu colpito il figlio poi anche la povera mamma che per proteggere il figlio lo abbracciò, i due corpi furono crivellati da 12 pallottole.
Ma il carattere fortemente criminale di Faletto spaziava in tutta la gamma della malvagità umana, il 25 ottobre del 1944 a Piaanezza, il Faletto penetrò nella casa di due donne anziane sole, una vedova di 55 anni e sua madre di 75, sotto la minaccia delle armi, stuprò la vedova sotto gli occhi della madre che fu costretta ad assistere inebetita alla violenza.
Una delle sue vittime fu Angelo Maggi di anni 40, il 21 novembre 1944, l'affittuario della tenuta Saffarone, dove c'è anche un castello alle porte di Torino, una brava persona molto generosa che non si occupava di politica, fu raggiunto in cascina dal Faletto che chiese denaro e bestiame, Maggi rifiutò, allora il boia della Val Susa a pedate lo costrinse a salire in auto, sotto lo sguardo sbalordito della moglie incinta e dei tre giovani figli, lo portò in località San Bernardo e qui lo ammazzò con tre colpi di pistola e lo finì a bastonate. Agli abitanti di Pianezza disse : se volete vederne uno ancora caldo è lì a San Bernardo. Tanto per essere in tema, prese dalle tasche della vittima 20 mila lire e l'orologio che aveva al polso.
L'agente di polizia ausiliario Vittorio Franco, di anni 24, non idoneo alla attività militare vera e propria e quindi per il quieto vivere agente ausiliario,anche in questo caso il Faletto diede mostra di grande sadismo, sequestrò Franco il 15 aprile del 1945, lo portò in una cascina isolata a Collegno, costrinse due povere donne del posto a cucinare il pollo per sé, per i suoi due complici e per il condannato che dallo spavento non riusciva a mandare giù il boccone.
Terminata la cena, uscirono tutti e compiuta l'esecuzione, Faletto tornò in cascina e disse ridendo, alle due buone donne: siamo usciti in quattro e torniamo in tre.
Ciro Catto ed Emanuele Buonisconti erano due giovani sergenti universitari in convalescenza appartenenti dalla artiglieria costiera , Faletto li prese prigionieri con grande facilità e avrebbe avuto l'obbligo di portarli al comando, invece li uccise dopo averli depredati degli effetti personali e poi ne abbandonò i corpi nel bosco di Pianezza , furono sepolti cristianamente da un sacerdote, Don Giacomo Perino, parroco di Grugliasco.
Il ciabattino Umberto Tondolo, un uomo molto solo e timido che usciva di casa esclusivamente la notte, fu prelevato e portato al comando partigiano dove i suoi assassini lo condannarono a morte e lo uccisero senza alcuna pietà.
l'ottantenne Domenico Nebbia di Alpignano, un povero contadino, che secondo il Briga comunicava con i Tedeschi tramite una radio rice trasmittente, fu preso e condotto in auto presso un cimitero dove il Faletto lo sfidò a pugni, poi lo convinse ad arrampicarsi sul muro di cinta del camposanto promettendogli salva la vita se ce l'avesse fatta a raggiungere la sommità. Il povero ottantenne con frenesia , scorticandosi le mani, cadendo più volte, riuscì a salire sul muro dove fu abbattuto dal mitra del boia della Val Susa, ma non era finita ! Faletto irruppe due volte nella casa della sua vittima e minacciò con la pistola la vedova anziana e malata, immobile a letto per farsi dire dove teneva i soldi, in quel frangente le gridò : ho fatto fuori tuo marito e adesso faccio fuori anche te ! Ovviamente i parenti terrorizzati gli consegnarono i pochi soldi che la vedova allettata deteneva.
Dopo il 1945, il Faletto si arruolò nella “Polizia del Popolo di Pianezza e iniziò a fare cassa, fece una estorsione ad un contadino del luogo, minacciandolo che se non pagava lo avrebbe portato a a fare un giro in montagna e tutti sapevano cosa volesse dire, rapinò due anziani coniugi di alcuni orologi d'oro e di 80 mila lire, entrando nella loro casa e rovistando nei cassetti e nei mobili con la scusa di cercare dei fascisti. Poi tentò il salto di qualità, con i suoi complici, Serra e Rinaldi, decise di ricattare un industriale di Alpignano, un certo Granero.
Si concordò un appuntamento per farsi consegnare la somma pattuita, 500 mila lire ma, il Granero che non aveva paura si fece accompagnare da alcuni amici tutti armati. Ne nacque un conflitto a fuoco in cui gli ex partigiani ebbero la peggio e feriti , dovettero battere in ritirata.
L'ingegnere Eleuterio Codecà, era un importante funzionario della FIAT, con grande esperienza lavorativa, addetto nel 1946 al reparto esperienze autoveicoli del Lingotto, un uomo tutto di un pezzo, onesto e ligio al dovere. Non amato anzi al contrario odiato dalle maestranze più comuniste ed estremiste. Un giorno dispose su richiesta della famiglia i funerali religiosi ad un operaio caduto sul lavoro. Il giorno dopo un gruppo di operai comunisti, delusi per non poter fare funerali civili al caduto, inscenarono una manifestazione sotto la finestra della direzione urlando che ci sarebbe stato un altro funerale alla FIAT.
Ed infatti nel 1952, Codecà fu ucciso in Via Villa Della Regina, una via isolata di Torino. Faletto e i suoi compagni, in questo caso furono coinvolti e rinviati a giudizio ma assolti per insufficienza di prove e si scampò l'ergastolo ma gli verranno addebitati sette delitti commessi nel periodo tra il 1943 e 

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